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( SOCIETA' )


ABOLITA (O QUASI) LA CENSURA IN GIORDANIA
(in "Le nouvel Afrique Asie" febbraio 2000)
In Giordania la censura è quasi scomparsa grazie all'azione di un monarca moderno, il re Abdallah II.
Il governo giordano ha adottato un provvedimento audace: riabilitare gli scrittori dell'opposizione oggi deceduti, autorizzandone la riedizione delle loro opere, e ciò dopo l'abrogazione di ogni forma di censura sugli scritti.
Secondo Addallah al Atum, già responsabile dell'ufficio della censura, le autorità procederanno esse stesse alla ricerca degli autori vietati. Fra quanti beneficeranno di questo provvedimento nel regno hascemita figura lo scrittore scomparso Ghaleb Halsa: 5 delle sue opere verranno ripubblicate...
La morte dell'Ufficio della censura è stata dunque proclamata ufficialmente, conformemente all'applicazione della nuova legge sull'editoria, che gode del beneplacito della monarchia.
Il governo ha deliberato la soppressione di questo servizio che fu per molto tempo il terrore dei giornalisti e lo strumento della loro persecuzione e della loro incarcerazione.

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ALTRE ESECUZIONI CAPITALI IN ARABIA SAUDITA
Altre tre condanne a morte sono state eseguite in Arabia Saudita, dove vige la Sharia (la legge divina) che prevede la pena di morte per reati gravi quali l'omicidio, lo stupro e il traffico di droga.
Le condanne vengono eseguite di solito il venerdì, davanti alle moschee, mediante decapitazione a colpi di scimitarra. Nel 1999, in Arabia Saudita pare siano state eseguite 94 condanne a morte.

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IL MAROCCO RIVENDICA IL DIRITTO DI OSPITARE I MONDIALI DI CALCIO DEL 2006
(in "Le matin" del 24/2/2000)
Guidata da Alan Rothenberg, una commissione ispettiva della FIFA effettuerà una visita in diverse città candidate per accogliere gli incontri del Mondiale di calcio del 2006, nel caso in cui il Marocco sarà scelto per ospitare questa grande manifestazione planetaria.
L'insieme della nazione marocchina, con alla testa S.M. Mohammed VI, è mobilitata per assumere questa grande sfida ed essere il primo paese arabo-africano ad accogliere una Coppa del mondo.
S.M. il Re ha designato SAR il principe Moulay Rachid come presidente del comitato nazionale della candidatura del Marocco per testimoniare la ferma intenzione del Marocco ad ospitare il Mondiale 2006 che è, come sottolineato dallo slogan della candidatura"il sogno di un Continente... e il progetto di una Nazione".
Ora spetta alla FIFA di essere giusta e di rispettare il diritto alla rotazione affidando all'Africa l'organizzazione di una Coppa del mondo, dopo che Europa, America e Asia si sono avvicendate nell'accogliere questa manifestazione. E se l'Africa dovesse ottenere questo privilegio, al Marocco dovrà essere riconosciuto il diritto legittimo di ospitare la manifestazione.
Candidato per la terza volta, il Marocco vanta una lunga storia calcistica, essendo stato il primo paese africano che ha potuto accedere alle finali della coppa del mondo nel 1970 in Messico. E' stato anche il primo paese del Continente nero ad accedere al secondo tour di un mondiale nel 1986 in Messico. Infine, il Marocco detiene il record della partecipazione a una fase finale della Coppa del mondo.

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LE DONNE DEL MIO PAESE
Di Khalida Messaoudi
In occasione della Festa della Donna, Khalida Messaoudi, presidente del Gruppo parlamentare del RCD, donna-simbolo dei movimenti di liberazione della donna in Algeria ( e per questo condannata a morte dai terroristi islamici ), ha scritto un articolo per il quotidiano algerino "Libertè", da cui abbiamo tratto alcuni brani.

"L'Algeria: un paese dove ogni donna è elettrice ed eleggibile di diritto. Essa può investire ed essere investita del mandato popolare con tutta la forza che questa nozione conferisce a chi lo assume.
Nello stesso tempo, l'Algerina può essere sindaco, abilitata a gestire e a decidere per la vita di una comunità e madre inadatta, poiché privata, dalla legge, del diritto di tutela sui propri bambini.
Essa può essere deputata, presidente del gruppo parlamentare, all'occorrenza, dibattere e votare leggi che impegnano l'avvenire del popolo e della nazione, in un emiciclo dove la sua voce è uguale a quella di un collega uomo e, nello stesso tempo, essere dimezzata (in un aula giudiziaria n.d.r.) quando è chiamata a rendere testimonianza.
Essa può essere ministro, prefetto, avvocato, magistrato e amministrare la giustizia in nome del popolo: essa può concludere tutti i contratti salvo quello che impegna la propria vita: il suo matrimonio.
Essa può essere, a seconda, la lavoratrice il cui salario è garantito dalla legislazione ("a uguale lavoro, uguale salario") e la sposa che vive nel timore di subire il divorzio abusivo o che si abbatta su di lei la spada di Damocle rappresentata dalla poligamia.
Che si puo' dire di uno Stato che eleva le donne a cittadine con pieni diritti nella sfera pubblica e le riduce allo stato d'incapaci e di minorate nella sfera privata?
Allorché si sa che per fare parte del concerto delle nazioni, l'Algeria ha compiuto scelte moderne di organizzazione nei diversi campi della vita politica, istituzionale ed economica, bisogna costatare che lo Stato deliberatamente sceglie di non includere in questo sforzo d'innovazione le leggi che regolano le relazioni nella famiglia.
Abbiamo il diritto di chiederci perché le opzioni adottate dallo Stato concernenti il "privato" delle donne sono sistematicamente retrograde, avvilenti ed ingiuste.
Alcuni risponderanno (li si sente già) che è la logica poiché il popolo algerino è musulmano. Questa sentenza dimostra che l'APN (Parlamento) nel 1984 non ha rispettato i sentimenti e l'identità del popolo algerino, ma anche, e più grave, che l'islam è una religione d'ingiustizia, di avvilimento e di regressione.
D'altra parte, nel 1984, il sistema del partito unico, dittatoriale per definizione, non poteva avere per principio il rispetto della volontà popolare di cui era la negazione e ancora meno quello del rispetto dell'identità degli Algerini che non ha cessato di mutilare ...
Nel corso del 1989, le donne algerine scoprono sulla loro carne che se il codice di famiglia le incatena, gli integralisti e specificatamente il Fronte islamico di salvezza (FIS) le battono, le velano a forza, le bruciano ... le perseguitano.
Dal 1992 al 1999, le donne nel nostro Paese hanno subito di tutto da parte dei vari bracci armati del FIS. Esse sono state uccise a fucilate, sono state sgozzate, sono state decapitate, sono state sventrate, sono state catturate come bottino di guerra, sono state saccheggiate, stuprate dai GIA nella loro strategia del terrore totale e di purificazione.
Decine di migliaia sono state assassinate e più di 3000 violentate. Dobbiamo fare di tutto per sapere chi sono queste donne e soprattutto riconoscere loro uno status di vittime, mediante un lavoro di riparazione psicologica. Noi sappiamo che le donne vittime del terrorismo, nella loro stragrande maggioranza, provengono da ambienti modesti o poveri. Agli occhi dei GIA, le donne devono pagare per il semplice fatto d'essere donne.
Malgrado questa situazione possa apparire tragica, pensiamo che la resistenza e il coraggio delle donne algerine impongono rispetto e riflessione; che in Algeria si organizzano, in modo pertinente e credibile, le lotte delle donne per i loro diritto e la democrazia.
A ben vedere, in Algeria, il solo campo in cui il politico e l'istituzionale sottomettono il religioso, lo "addomesticano", per fargli legittimare l'esclusione, l'ingiustizia e l'oppressione, è precisamente quello dello Statuto della donna.
Ciò per dire come ( e quanto) la natura del futuro Stato algerino dipenda dalla trasformazione di questo statuto. Ad ognuna delle nostre rivendicazioni di giustizia e di parità, per calcolo politico o per ignoranza, certi spiriti brandiscono l'islam come scudo contro i nostri diritti. Per parte nostra, rivendichiamo la nostra appartenenza alla grande cultura musulmana fatta di tolleranza e di fraternità.
Non ce l'abbiamo con l'islam nè con un'altra religione. Il nostro problema è con l'ingiustizia, l'esclusione e le forze politiche - dunque umane - che manipolano la religione, riducendola al rango di strumento di giustificazione, per imporre una visione della società basata su rapporti di dominio e di sottomissione ... Per parte nostra, rivendichiamo il diritto alla sovranità delle donne nell'enunciazione del loro problema, nell'analisi della loro situazione, nell'elaborazione delle soluzioni, nelle scelte delle loro alleanze e nell'individuazione dei loro avversari in funzione dei soli interessi delle donne.
Oggi questi interessi ci impongono di non lasciarci paralizzare nelle arene dei conflitti ideologici, ma di preferire il confronto delle idee, il cammino solidale e costruttivo attorno a grandi questioni e problemi concreti che ci riguardano. Essi si chiamano: difesa e promozione del diritto all'istruzione, promozione dell'occupazione femminile, abrogazione del codice di famiglia o almeno il suo adeguamento alla Costituzione algerina, abolizione di ogni discriminazione nei confronti delle donne, lotta contro tutte le violenze nei confronti delle donne e particolarmente contro il terrorismo, organizzazione delle solidarietà reali fra donne e per le donne ... Abbiamo ancora molto da fare.

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Numero 2 - febbraio 2000

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