Nuovi
scontri nel Kossovo, ancora attentati e rappresaglie in Libano, mentre
langue, pericolosamente, il processo di pace fra israeliani e palestinesi
e siriani ...
La pace nel vicino Oriente e nel Mediterraneo è ancora lontana.
Nonostante i defatiganti sforzi negoziali, profusi dalle diplomazie
nei più importanti forum internazionali, i principali conflitti che
interessano il Mediterraneo restano tutti irrisolti, taluni sembrano
essere divenuti "insanabili": il più annoso, quello fra arabi e israeliani
per la questione palestinese, dura da 52 anni; quello greco turco per
la questione di Cipro da 36 anni, quello per l'autodeterminazione dell'ex
Sahara occidentale fra Polisario (sostenuto dall'Algeria) e Marocco
da 25 anni.
Il
tempo di 3 generazioni non è bastato per risolvere un conflitto "regionale".
Una constatazione amara, che evidenzia una realtà molto tragica e sovente
sottaciuta: gli abitanti sessantenni di questa martoriata "regione"
sono nati e cresciuti nella guerra, non hanno mai avuto un giorno di
pace.
Vi sono poi numerosi conflitti "minori", a carattere etnico e/o confessionale,
riguardanti in prevalenza l'Europa, che si trascinano anch'essi da decine
di anni (la lotta micidiale dell'ETA nel paese basco, quelle degli indipendentisti
in Corsica e dei Kurdi in Turchia, etc.), ai quali si sono aggiunti,
dopo la dissoluzione (che grave errore!) della Federazione jugoslava,
i sanguinosi conflitti fra musulmani e serbi e croati, fra albanesi
e serbi, sfociati nella guerra "umanitaria" della Nato del 1999 che,
oltre alle distruzioni arrecate, ha reso più complicata la soluzione
del puzzle dei Balcani.
Siamo di fronte ad un dato evidente: l'incapacità o la non volontà delle
potenze (in gran parte extra-mediterranee) di risolvere i conflitti
nel Mediterraneo. Per altro, questa incapacità genera ed alimenta nuovi
conflitti e nuove miserie, nuovi esodi e nuovi razzismi, nuove violenze
e nuove vendette e soprattutto nuove dipendenze. La gran parte dei popoli
mediterranei si trovano, loro malgrado, coinvolti dentro una spirale
infernale dalla quale non riescono ad uscire.
Tutto ciò è avvenuto ed avviene poiché si scontrano concezioni, linguaggi
e valori fra loro inconciliabili: da un lato l'aspirazione alla libertà
e al progresso pacifico delle genti mediterranee e dall'altro lato i
disegni strategici, di dominio economico e militare, di grandi e medie
potenze che nulla hanno a che fare con la vita intrinseca e con il futuro
dei popoli mediterranei.
In quelle logorroiche, fallimentari e costose trattative, intavolate
in nome della pace, in realtà si pensa all'interscambio: al petrolio,
alle armi, alle droghe, ai beni, ai capitali da piazzare. Una pace da
mercanti che non si potrà mai instaurare fino a quando non si riuscirà
a far quadrare i conti del dare e dell'avere.
E nel Mediterraneo è difficile che questi conti possano quadrare, poiché
le ragioni di scambio si sono fortemente deteriorate a danno dei paesi
usciti deboli dalla colonizzazione.
E' se a trattare la pace ci provassero diretti protagonisti, senza più
intermediazioni interessate ed eterodirette?