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( POLITICA )

  1. Algeria: critici i rapporti fra RCD e Bouteflika
  2. Sahara Occidentale: ancora un nulla di fatto
  3. Licenziamenti e crisi sociale nei Paesi Arabi
  4. Algeria: campagna dell'UGTA contro le privatizzazioni
  5. Tunisia: quale futuro per i licenziati?
  6. Lo spettro della sete

Pellegrinaggio a Tripoli

Potenza del petrolio e dei petrodollari, suoi più ambiti derivati: la Libia del colonnello Gheddafi, fino a pochi mesi addietro tenuta sotto embargo e indicata come un covo di pericolosi terroristi, è oggi divenuta terra di pacificazione (una specie di ONU per l'Africa), luogo privilegiato per realizzare affari economici e fecondi scambi commerciali da parte delle più blasonate imprese occidentali e pertanto una tappa obbligata del pellegrinaggio della diplomazia internazionale.

Di seguito diamo un elenco delle più importanti visite recentemente effettuate a Tripoli, in un breve arco di tempo, da parte di altissimi rappresentanti di cancellerie occidentali e africane.

Di fronte all'incapacità dimostrata dalle Nazioni Unite, la soluzione dei più complicati conflitti africani sembra dipendere dalla mediazione libica, e la tenda beduina del colonnello Gheddafi è divenuta più importante del palazzo di vetro di New York.

Ultimamente, il ruolo internazionale di Tripoli è vistosamente cresciuto grazie alla mediazione svolta per liberare una ventina di turisti europei tenuti in ostaggio, nelle foreste della Malesia, dai membri della formazione islamista di Abou Sayyad.

Personalmente sono stato contro tutti gli embarghi a carattere commerciale e civile poiché affamano i settori più poveri della popolazione, arricchiscono gli intrallazzatori, senza minimamente indebolire i regimi dispotici che si vorrebbero colpire.

Nel caso della Libia, pur non sottovalutando la gravità del disastro di Lockerbie, ho scritto, in tempi non sospetti (cioè quando la Libia era la peste per il mondo intero), che l'embargo era eccessivo, spropositato e, più che contro Gheddafi, era rivolto contro l'Italia che con la Libia intratteneva tradizionali e proficui rapporti economici e commerciali.

La stessa notazione si potrebbe fare oggi di fronte al perdurare dell'embargo petrolifero contro l'Iraq che contribuisce notevolmente a ridurre l'offerta sul mercato petrolifero e quindi a far lievitare i prezzi del barile e dei prodotti finiti. Il costo di questa situazione si va a scaricare, quasi interamente, sull'economia europea che, per la prima volta, (nel 2001) si apprestava a superare il tasso di sviluppo degli Stati Uniti d'America.

Con il barile intorno ai 40 dollari non sarà facile per l'Europa (fortemente dipendente dal petrolio Opec) realizzare la previsione di crescita economica, mentre speculatori e grandi multinazionali del petrolio (in gran parte americane) stanno traendo i maggiori profitti da questa situazione.

Tornando alla Libia, questo pellegrinaggio può essere salutare per tutti: il dialogo e lo scambio aiutano a schiarirsi reciprocamente le idee e favoriscono la cooperazione. Tuttavia non si può continuare con iniziative affannose, concorrenziali poiché non coordinate sul piano europeo.

C'è un problema di stile, ma c'è soprattutto un problema politico da risolvere presto e bene: inserire la Libia a pieno titolo nel sistema del partenariato euro-mediterraneo. All'interno di questo ambito si potranno superare le incomprensioni residue e prospettare soluzioni per tutti i problemi avvertiti (dagli scambi commerciali alla democrazia, dai diritti umani alle ingerenze politiche, dalle migrazioni alla convivenza plurietnica, etc) che, in misura diversa, si manifestano su tutte le rive del Mediterraneo e non soltanto su quella nordafricana.

(a.s.)


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FISHER A TRIPOLI DOPO LA LIBERAZIONE DEGLI OSTAGGI

(in" Revue du Liban" del 16/9/2000)

E' questa la prima visita che un alto responsabile tedesco effettua in Libia dopo la presa del potere del colonnello Gheddafi, 30 anni addietro.

Joschka Fisher, ministro degli esteri tedesco, si è recato a Tripoli per ringraziare le autorità libiche per il contributo da loro dato alla liberazione degli ostaggi trattenuti nelle Filippine.

Maestro di cerimonia altri non era che Seif el-Islam, figlio del presidente Gheddafi, che presiede la Fondazione caritativa che ha agito come mediatrice ufficiale nella crisi degli ostaggi.

La visita di Fisher è apparsa come un segnale supplementare della riabilitazione internazionale del leader libico il cui intervento ha molto influito nell'affaire degli ostaggi.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI GIAPPONESE A TRIPOLI

(in "Pana" del 19/9/2000)

Il ministro degli esteri giapponese è arrivato lunedì sera a Tripoli, alla testa di una importante delegazione del suo ministero, per una visita di lavoro in Libia.

Questa visita, la prima di un alto responsabile nipponico in Libia dopo sette anni, s'iscrive nel quadro del rilancio della cooperazione Tripoli-Tokio.

Una delegazione di esperti del ministero giapponese degli Affari esteri ha soggiornato a Tripoli durante i mesi di luglio e ad agosto per discutere ed esaminare le disposizioni pratiche per la prossima installazione di un'ambasciata del Giappone.

Le relazioni fra la Libia e il Giappone hanno conosciuto un lungo periodo di freddezza a causa dell'affaire Lockerbie e dell'allineamento di Tokio sulla posizione assunta a proposito dagli USA e dalla Gran Bretagna.

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ITALIA E LIBIA PER LA COOPERAZIONE E LA PACE NEL MEDITERRANEO

(dal Comunicato emesso dalla Farnesina l'8/8/2000)

Su invito delle Autorità libiche, il ministro degli Affari esteri Lamberto Dini ha effettuato una visita a Tripoli martedì 8 agosto svoltasi in un clima di grande cordialità e di amicizia. Nel quadro delle regolari consultazioni politiche bilaterali e in vista della prossima riunione della Commissione mista, che avrà luogo a Roma entro l'anno, il ministro Dini ha incontrato il segretario del Comitato Popolare Generale per gli affari esteri, Abdulrahman Shalgam, ed è stato ricevuto dal col. Gheddafi. La visita segue quella fatta dal ministro Shalgam a Roma lo scorso 14 giugno...

Sul piano della collaborazione economica, sono stati presi in esame progetti di diversificazione e sviluppo dell'economia libica. I due Ministri hanno constatato le opportunità aperte nel settore turistico e in quello della pesca ed hanno approfondito le possibilità di una partecipazione italiana nei settori delle risorse idriche, della telefonia mobile, del potenziamento delle capacità produttive ed elettriche della Libia.

E' stato altresì deciso di accelerare la definizione di alcuni importanti accordi (promozione degli investimenti, sicurezza sociale, contro la doppia imposizione) destinati a rafforzare ulteriormente i legami economici tra i due paesi.

Sul piano politico, sono stati passati in rassegna i principali temi d'interesse comune, convenendo sul ruolo che Italia e Libia possono svolgere per lo sviluppo dei rapporti tra Europa e Africa. In tale prospettiva, è stata sottolineata la necessità di rimettere in moto i processi d'integrazione maghrebina, anche attraverso il rilancio dell'Unione del Maghreb arabo, e di utilizzare appieno gli esistenti fori di dialogo tra i Paesi delle due sponde del Mediterraneo, con particolare riferimento al dialogo "5+5".

Al riguardo è stato evidenziato il fatto che Italia e Libia hanno già accolto l'invito del Portogallo a partecipare alla riunione di rilancio del dialogo euro-maghrebino fissata nel gennaio 2001 a Lisbona.

Nel corso dell'incontro con il col. Gheddafi, il ministro Dini ha espresso apprezzamento per l'azione svolta dalla Libia per il superamento dei conflitti in atto nel Continente africano, sottolineando il raccordo e le consultazioni tra i due Paesi per il mantenimento e l'approfondimento delle prospettive di pace e di sviluppo in Africa.

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LA RICONCILIAZIONE DEL SUDAN AFFIDATA ALL'INIZIATIVA LIBICO-EGIZIANA

(in" Pana" del 6/9/2000)

Il ministro degli esteri sudanese, Mustapha Ismael, ha dichiarato che l'iniziativa libico-egiziana di riconciliazione in Sudan costituisce la sola via di soluzione globale e ultima della crisi sudanese.

Nelle sue dichiarazioni riprese dalla stampa cairota, il capo della diplomazia sudanese ha respinto per conto del suo Paese ogni iniziativa che non tiene conto dell'iniziativa libico-egiziana, aggiungendo che avranno luogo riunioni, di cui non ha precisato la natura, per esaminare i percorsi destinati a impegnare il dialogo nazionale in Sudan.

Il colonnello Gheddafi - si ricorda - aveva intrapreso, dopo un lungo periodo, delle iniziative in favore della riconciliazione fra il governo di Khartoum e l'opposizione sudanese della quale egli ha ricevuto, a più riprese, i leaders. Nello stesso quadro, il leader libico aveva incontrato, a Marsa Matrouh, vicino la frontiera libico-egiziana, il presidente Hosni Moubarak con il quale aveva discusso le diverse questioni relative alla riconciliazione sudanese.

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FIRMATO A SYRTE UN ACCORDO DI RICONCILIAZIONE IN SOMALIA

(in "Pana" del 23/9/2000)

Il nuovo presidente somalo, Abdoulkassim Salat Hassan, e il leader dell'Alleanza Nazionale Somala (ANS), Hussein Aidid, hanno firmato un accordo di riconciliazione, venerdì, a Syrte, a 450 km ad est di Tripoli. L'accordo interviene a coronamento degli sforzi profusi dal col. Muammar Gheddafi in vista della riconciliazione nazionale, il ripristino della pace e della sicurezza e della stabilità in Somalia, paese senza governo centrale dopo il rovesciamento del presidente Siad Barre nel 1991.

Salat Hassan, che è stato ministro dell'interno durante il regime di Barre, è stato eletto presidente della Somalia il 26 agosto scorso, a conclusione di una conferenza inter-somala tenutasi ad Arta (gibuti).

Il presidente somalo è ritornato nel suo Paese, a conclusione di una visita di tre giorni in Libia nel corso della quale ha avuto incontri con il col. Gheddafi, incaricato dalla Comunità degli Stati del Sahel Sahariano e dall'OUA di riportare la pace in Somalia.

In una dichiarazione alla stampa,il presidente somalo ha lodato gli sforzi del capo della rivoluzione libica ed espresso la fiducia che "L'alleanza nazionale somala adempirà al suo dovere per consolidare la futura concordia somala".

Da parte sua Aidid, arrivato in Libia in compagnia di due suoi luogotenenti Omar Guis e Abdulkarim Alì, ha confermato il suo attaccamento al principio della riconciliazione nazionale per il ritorno della pace, della sicurezza e della legalità costituzionale nel Paese...

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LIBANO: IL DOLLARO, RE DELLE URNE

CATACLISMA ELETTORALE A BEIRUT

(in" Revue du Liban" del 10/9/2000)

I risultati dello scrutinio del 3 settembre a Beirut hanno prodotto l'effetto di un vero cataclisma. Nessuno si aspettava la non rielezione del Capo del governo Selim Hoss, di tre dei suoi ministri e anche di Tamtam Salam, deputato presidente di Makassed, la cui associazione ha tanto dato alla capitale e in altre regioni libanesi nei campi medico, sociale, pedagogico quanto o di più della Fondazione Hariri.

Il signor Hoss la cui modestia e la discrezione, quanto la probità, sono da tutti conosciute, non ha mai smesso di ripetere negli ultimi tempi che egli non ha mai begato per avere la Presidenza del Consiglio dei ministri per ben 5 volte.

I libanesi benpensanti deplorano pertanto la sua sconfitta poiché punisce un uomo politico che si è distinto per la sua trasparenza e per il suo attaccamento al bene pubblico.

Il "trionfo" del signor Hariri e delle liste apparentate nelle tre circoscrizioni della capitale, si spiega per i dissensi che hanno diviso i partiti armeni ed anche per la defezione dell'elettorato cristiano, allorché i sanniti hanno accordato in blocco i loro suffragi ai candidati di Hariri.

I partigiani di Hariri sostengono che, con il loro voto, i beirutini hanno voluto manifestare la loro riprovazione verso una legge elettorale iniqua e verso le politiche adottate dal "Gabinetto dei 16". (governo Hoss,ndr).

Se così fosse, come si spiega l'elezione di 6 ministri uscenti nel Libano del nord, del Sud e nella Bekaa?

Durante la campagna elettorale,Hoss a dichiarato, a più riprese, di essersi trovato davanti a "una montagna di denaro", contro cui si è battuto appellandosi ai principi morali.

La potenza del denaro ha dunque sconfitto Hoss e premiato Hariri, così come previsto da molti e dal periodico "Afrique-Asie" nel suo numero del 28/8/2000.

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LIBANO: LA FIERA DELLA CORRUZIONE ELETTORALE

(di Zizar Chami)

C'è la fiera della corruzione nel paese del Cedro. Non ci sono altre parole per descrivere gli strani costumi politici e mafiosi che ritmano la campagna elettorale nella quale i libanesi sono chiamati ad eleggere i 128 membri del nuovo Parlamento.

A memoria dei libanesi- che pertanto ne hanno visto di tutti i colori- mai il denaro è corso a fiotti con una tale indecenza nel corso di una campagna legislativa. Il numero dei candidati milionari che hanno comprato il loro biglietto d'ingresso in una lista elettorale per essere piazzati in una posizione eleggibile non è stato mai così elevato.

Il  miliardario libano-saudita e ex Primo ministro, Rafic Hariri, seduto sul suo impero finanziario e mediatico, è stato il pioniere in questo campo. Passato all'opposizione dopo l'elezione del generale Emil Lahoud alla presidenza della Repubblica, non lesina sui mezzi per assicurare il suo ritorno agli affari. Avendo lasciato un paese esangue (più di 22 miliardi di dollari di debito), favorito la corruzione e aperto la via a un liberalismo senza regole, promette monti e meraviglie agli elettori che suppone abbiano dimenticato.

Per raggiungere lo scopo egli non disdegna di giocare la carta confessionale e di gettare sulla bilancia della campagna elettorale somme favolose, sproporzionate. Si parla di 50 milioni di dollari.

Uno degli alleati di Hariri, Fares Bouez, ex ministro degli esteri e genero dell'ex presidente della Repubblica, Elias Haroui, si è gettato nell'arena elettorale, armato degli stessi valori mercantili del suo protettore. Come Hariri, non lesina sui mezzi per farsi eleggere. Una elezione vitale per il suo futuro politico, nella misura in cui la sua disastrosa gestione ministeriale è attualmente oggetto di un'inchiesta amministrativa per delle nomine compiacenti (45 nel solo gabinetto del ministro), per le nomine di consoli onorari del Libano pagate fra 50.000 e 100.000 dollari ognuna da quei privilegiati che oltre a rappresentare il Libano all'estero godono di una serie di immunità e privilegi che lo statuto di diplomatici consente loro nei paesi stranieri.

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HARIRI, IL SALVATORE DEL LIBANO

Secondo "l'Orient Le Jour" del 29/9/2000, il principale quotidiano di Beirut, il ritorno di Rafic Hariri alla Presidenza del Consiglio dei ministri è ineluttabile, una scelta obbligata per il Presidente Lahoud che ha avviato le consultazioni in vista dell'incarico di Primo ministro che, in base alla Costituzione, deve essere affidato ad un musulmano sunnita. E Hariri è anche questo.

"Ancora una volta, Rafic Hariri si presenta come il salvatore. Non dispiacendo ai suoi concorrenti che si sgolano per rimproverargli la crisi economica. Del resto bisogna che lui ritorni per dovere di riparazione. Ma perché il ritorno al potere di quest'uomo, a questo punto, è considerato ineluttabile? E' a causa della sua clamorosa vittoria elettorale a Beirut? Per le sue alleanze ben calcolate? O per il declino degli altri leaders sunniti?

Senza dubbio c'è tutto questo, tuttavia il merito principale di Hariri è stato quello di avere risparmiato al Libano le conseguenze di una dura recessione economica, addirittura lo spettro della fame.

"Il dollaro aveva sforato il tetto delle 2500 Lire libanesi. La sola irruzione di Hariri, dopo l'intermezzo elettorale di Solh, aveva dato alla moneta nazionale più stabilità. E' vero che le speranze di raddrizzamento sono state deluse. Per ciò Hariri ha fatto l'autocritica, ha riconosciuto gli errori commessi, anche se molte delle sue scelte erano inevitabili, perché imposte dalla congiuntura o da considerazioni extranazionali."

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CASABLANCA: DESTITUITO IL SINDACO

(in" Pana" del 22/9/2000)

Il presidente della comunità urbana della Grande Casablanca, Abdelmoughit Slimani, è stato destituito giovedì per "irregolarità di gestione" di diversi dossiers della capitale economica del Marocco.

Gli è stata rimproverata la sua implicazione in una serie di scandali concernenti specificamente la gestione dei mattatoi, del grande mercato all'ingrosso e della pubblicità.

La mozione per la destituzione è stata sottoscritta da 130 consiglieri su 170, molti di più dei due/terzi richiesti per una tale iniziativa. Per la destituzione hanno votato anche diversi consiglieri del partito del sindaco (l'Union Costitutionelle) di destra.

Nel passato, il sindaco destituito aveva beneficiato dell'appoggio di suo cognato, il potente ex ministro dell'interno Driss Basri, fino a quando quest'ultimo non è stato licenziato dal giovane re Mohammed VI, nel novembre 1999.

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EGITTO: ARRESTATI 25 MEMBRI DELLA SETTA DEI FRATELLI MUSULMANI

(in "L'Orient-Le jour" del 22/9/2000)

Giovedì, le forze di Sicurezza egiziane hanno deciso di sottoporre  a vigilanza a vista 25 membri del movimento clandestino dei "Fratelli musulmani" arrestati nei giorni scorsi.

Questi arresti si aggiungono a una serie di interpellanze che si sono moltiplicate nelle ultime settimane con l'avvicinarsi della data di svolgimento delle elezioni legislative, previste a partire dal 18 ottobre.

Questi sono stati arrestati per distribuzione di volantini antigovernativi e accusati di avere messo a punto un piano per fare fallire le elezioni legislative facendo della propaganda contro le autorità.

D'altra parte, la procura ha deciso di prolungare per altri 15 giorni la detenzione di 19 membri del movimento arrestati il 25 agosto. Fra questi figurano insegnanti, medici e ingegneri.

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ALGERIA: 5.500 ISLAMISTI ARMATI SI SONO GIA' CONSEGNATI ALLE AUTORITA'

(in "L'Orient-Le jour" del 20/9/2000)

Secondo un memorandum di Amnesty International, pubblicato dalla stampa algerina, 5.500 islamisti armati si sono già consegnati alle autorità algerine nel quadro della legge sulla "concordia civile".

Su 5.500 "pentiti", un migliaio sono combattenti dell'Armata islamica di salvezza (AIS) e della Lega islamica per la daawa e il Jihad (LIDD) che hanno beneficiato della grazia. Gli altri pentiti appartenenti sia al Gruppo islamico armato (GIA) d'Antar Zouabri, sia al Gruppo salafista per la predica e la lotta (GSPC) d'Hassan Hattab, hanno beneficiato di "misure appropriate" decise dai procuratori generali, sulla base delle informazioni ottenute.

Secondo Amnesty, soltanto 350 di questi pentiti sono perseguiti penalmente, gli altri sono stati di fatto amnistiati. Il governo algerino non ha mai presentato il bilancio definitivo della legge sulla concordia civile applicata dal 13 luglio 1999 al 13 gennaio 2000.

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SIRIA: APPELLO PER LA LIBERTA' E LE RIFORME POLITICHE

(in "Il Manifesto" del 28/9/2000)

99 intellettuali siriani- fra i quali il famoso poeta Adonis- hanno rivolto un appello al governo per l'abolizione dello stato di emergenza (in vigore dal 1963) e per la liberazione di tutti i detenuti politici rinchiusi nelle carceri del paese, che- secondo Amnesty International- sarebbero 1500.

Hanno chiesto inoltre al governo di varare un programma di riforme politiche da affiancare a quelle legislative, giudiziarie ed economiche attualmente in corso.

Nel loro appello gli intellettuali siriani ribadiscono il loro impegno a difendere l'unità nazionale, ma allo stesso tempo chiedono lo sviluppo di "libertà pubbliche" tra le quali quella di espressione e di riunione.

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RIMPASTO MINISTERIALE IN MAROCCO

Il re Mohammed VI ha proceduto a un rimpasto ministeriale del gabinetto presieduto dal socialista  A. Yuossoufi, confermato primo ministro, riducendo il numero dei ministri da 43 a 33.

I 33 dicasteri sono stati ripartiti fra i sette partiti della maggioranza parlamentare: 10 all'Unione socialista delle forze popolari, 4 al Partito dell'indipendenza, 4 al Raggruppamento nazionale degli indipendenti, 3 al Movimento popolare nazionale, 2 al Partito per il progresso e il socialismo, 1 al Partito socialdemocratico, 1 al Fronte delle forze democratiche. I restanti 8 ministri sono indipendenti e nominati al di fuori dell'area d'influenza dei partiti.

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ISRAELE: AUMENTATA DEL 35% L'IMMIGRAZIONE

(in "Jordan Times" del 28/9/2000)

Secondo fonti ufficiali israeliane, nell'ultimo anno l'immigrazione è cresciuta del 35% , la maggioranza dei nuovi venuti provengono dalla Russia e dai paesi dell'ex Unione Sovietica.

Fra il settembre 1999 e il settembre 2000- l'anno ebreo secondo il calendario giudaico- sono entrati in Israele circa 73.000 immigrati, di cui 63.500, ovvero l'87%, provenienti dall'ex URSS.

Nell'anno precedente sono arrivati 54.000 immigrati. Dopo il crollo dell'URSS, 750.000 ebrei sono emigrati in Israele. L'afflusso di questi emigrati è dovuto alla difficile situazione economica e all'antisemitismo in aumento.

Per il prossimo anno è previsto l'arrivo di altri 10.000 ebrei dall'Etiopia, dei quali già 1000 sono stati approvati dal Ministero per l'immigrazione.

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ALGERIA: CRITICI I RAPPORTI FRA RCD E BOUTEFLIKA

(in "Le Matin" del 30/9/2000)

Abdelaziz Bouteflika è caduto in disgrazia presso il RCD (Rassemblament pour la Culture et la Democrazie di Said Sadi, n.d.r.), il quale non molto tempo fa era giunto a qualificarlo come un "secondo Boudiaf ?

Il RCD è scontento della propensione del Presidente della Repubblica a decidere da solo.                                  

Khalida Messaoudi, presidente del gruppo parlamentare RCD, ha dichiarato che " Bouteflika governa in totale rottura con l'opinione pubblica che non ha dimenticato la parte di responsabilità dell'Iran nel dramma subito dal popolo algerino" (La polemica è riferita alla recente decisione di Bouteflika di ripristinare le relazioni diplomatiche con l'Iran di Katami, n.d.r.)

Dopo nove mesi di partecipazione al governo, il partito di Said Sadi si trova nel dubbio. Tutto ciò è emerso dalle risoluzioni adottate ieri a conclusione della riunione del Consiglio nazionale del partito.

Mai la coalizione governativa era stata in preda all'implosione come oggi. Destabilizzata dal ritorno del plotone del FLN nella sua versione islamo-conservatrice "Politicamente, l'ultimo rimpasto governativo ha avuto- come temuto- il suo effetto contagioso: gli attentati, la sovversione nelle moschee e nei quartieri e gli interventi di certi deputati obbligati a mettersi in sintonia con la truppa bruscamente drogata mostrano che la scelta degli uomini a certi livelli di responsabilità di Stato non è mai neutra", si legge i un comunicato del RCD. L'allusione è alla nomina di Abdelaziz Belkhadem a ministro degli affari esteri; il RCD attende di sapere a quale disegno obbedisce questa nomina.

Il RCD stabilisce un legame di causa ed effetto fra le recenti nomine e la recrudescenza del terrorismo (soltanto ieri, 14 sono state le vittime di azioni terroristiche,n.d.r.) e non può "transigere sulla lotta contro l'integrismo e l'adempimento della resistenza patriottica mediante un progetto democratico.             In altri termini, non saranno tollerati nuovi compromessi con i difensori delle tesi del gruppo di Sant'Egidio e del disciolto partito del FIS.      

Altre inquietudini riguardano la riforma dei sistemi scolastico e giudiziario e il degrado del potere d'acquisto della popolazione.

Riforme in panne, impoverimento accresciuto della popolazione aggravato- afferma il RCD- "da una legittima frustrazione nata da una tendenza alla tesaurizzazione del recente surplus finanziario".

Una manna finanziaria che questo partito chiede di utilizzare in parte per l'aumento dei salari.

Tuttavia, il Consiglio nazionale RCD spera in un raddrizzamento della situazione e continuerà a partecipare al governo, ma in maniera "vigilante".

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SAHARA OCCIDENTALE: ANCORA UN NULLA DI FATTO

Venerdì 29 settembre si è tenuto a Berlino, sotto gli auspici di James Baker, inviato personale del segretario generale delle Nazioni Unite, l'atteso incontro fra una delegazione del governo marocchino, capeggiata dal ministro degli esteri Mohamed Benaissa, e una delegazione del Fronte Polisario, diretta da Mahfoud Ali Beiba, per discutere le vie e i mezzi per fare avanzare il piano di regolamentazione ONU per la soluzione dell'annosa (25 anni) questione del Sahara occidentale, ex colonia spagnola.

Considerate le divergenti posizioni di partenza delle parti interessate, non era prevedibile una conclusione positiva dell'incontro di Berlino, tuttavia era lecito attendersi un qualche passo avanti in direzione di una composizione pacifica ed equa del problema. La trattativa, ormai diretta fra Governo marocchino e Fronte Polisario, dovrebbe continuare (si parla di una nuova riunione entro ottobre), ma i margini per un accordo sembrano restringersi pericolosamente e cominciano ad emergere tendenze e prese di posizioni secondo cui "l'unica via d'uscita" resta quella della ripresa del confronto militare.

L'Algeria ha ritirato la propria delegazione dal negoziato, in occasione della riunione del giugno scorso a Londra, per protesta contro l'orientamento che Baker vorrebbe imprimere alla trattativa sulla base del suggerimento del segretario generale dell'ONU che parla della ricerca di "una terza via".

A questa "terza via" si sono attaccati i marocchini per accantonare la questione del referendum e proporre una soluzione autonomistica, nell'ambito della sovranità del Regno del Marocco.

Di seguito pubblichiamo ampi brani di documenti ufficiali e di articoli di giornali, nella speranza di rendere al meglio la realtà attuale della situazione.

Dal Comunicato del Ministero dell'Informazione della RASD

"Queste discussioni (di Berlino, n.d.r.) hanno permesso di mettere in evidenza la posizione intransigente del Marocco, che ha rifiutato, come durante le riunioni tecniche a Ginevra nel luglio scorso, ogni discussione sui problemi concreti impedendo l'applicazione rapida e integrale del piano di regolamentazione in vista dell'organizzazione del referendum di autodeterminazione nel Sahara Occidentale.

Il Marocco ha cercato, durante l'incontro di Berlino, di sotterrare il processo di pace voluto dall'ONU tentando di presentare una pseudo-soluzione, mirante a legittimare il fatto compiuto dell'occupazione coloniale da parte del Marocco del nostro paese.

La delegazione del Fronte Polisario ha riaffermato il suo pieno attaccamento al piano di pace e la sua disponibilità a intraprendere discussioni con il Marocco sotto gli auspici dell'ONU su tutti i problemi che impediscono la messa in applicazione del piano di regolamentazione, in vista del referendum giusto e libero nel Sahara occidentale.

Il Marocco è il solo responsabile del blocco attuale e si assumerà da solo le conseguenze che possono derivarne per la pace e per la stabilità nella regione".    

Non disponendo di un comunicato ufficiale del governo marocchino, pubblichiamo un articolo del quotidiano di Casablanca "Le Matin du Sahara" del 29/9/2000 che rassomiglia tanto ad un comunicato ufficiale:

Il Marocco deplora la mancata attuazione del piano dell'ONU

"A conclusione della riunione di Berlino sulla questione del Sahara occidentale.la delegazione marocchina ha espresso il suo rammarico per il fatto che il piano di regolamentazione non ha potuto, nonostante gli sforzi di James Baker e i sacrifici fatti dal Regno del Marocco, conoscere una messa in opera rapida,sana ed equa.

Il Marocco ha risposto all'invito di J. Baker a ricercare una soluzione durevole e definitiva alla questione del Sahara, conformemente ai dispositivi della risoluzione 1309 del Consiglio di sicurezza, esprima la sua disponibilità ad intraprendere con l'altra parte un dialogo sincero e franco concernente questa vertenza che dura da 25 anni.

.il Marocco riafferma la sua disponibilità a usare tutti i mezzi in vista di elaborare una soluzione durevole e definitiva che tiene conto, a sua volta, dei suoi interessi superiori, della sua unità nazionale, della sua integrità territoriale e della sua sovranità e anche delle specificità della regione, nel rispetto dei principi democratici e di decentramento che il Marocco vuole sviluppare e mettere in opera cominciando dalla regione del Sahara, così cara al cuore dei marocchini e al Regno del Marocco.

Fino a quando il dialogo s'iscriverà in un quadro di rispetto della sua sovranità nazionale e della sua integrità territoriale, il Marocco riafferma la sua volontà di partecipare e propone la tenuta di una riunione con le parti interessate sotto l'egida di J. Baker nelle prossime settimane".

All'unisono la stampa algerina, tradizionalmente schierata con il Fronte Polisario, accusa il Marocco di sabotare il processo di pace dell'ONU e di volere stravolgere i termini della trattativa.

Riportiamo alcuni brani di un articolo apparso su "El Watan" del 29/9/2000 che ci sembra renda bene l'idea del punto di vista ufficiale algerino sulla questione del Sahara occidentale.

Rabat svela il suo gioco

"Questa volta, i Marocchini hanno totalmente svelato i loro disegni proponendo al Fronte Polisario d'abbandonare l'idea di organizzare un referendum di autodeterminazione del popolo saharoui.

Rabat ha scelto questa l'occasione di questo incontro per presentare ciò che è considerato come una "nuova opzione", ma che non vuol dire altro che l'integrazione senza il voto al Marocco del Sahara occidentale, nel quadro del processo di regionalizzazione iniziato dal defunto re Hassan II, ma denunciato a suo tempo dal Fronte Polisario senza che le Nazioni Unite abbiano preso posizione sulla questione.

Com'era prevedibile, il Fronte Polisario ha immediatamente rigettato questa offerta di negoziato.

Intervenendo davanti la commissione sulla decolonizzazione dell'ONU, il rappresentante del Fronte Polisario ha detto che una tale proposta "riporterà il conflitto del Sahara occidentale al suo punto di partenza, cioè a dire la ripresa delle ostilità e un conflitto armato aperto". aggiungendo che se l'ONU non riesce a persuadere il Marocco a cooperare in buona fede per la preparazione del referendum, deve "riconoscere il suo fallimento e ritirarsi dal territorio"...

E in Italia cosa si pensa ?

Per quanto riguarda la posizione del Governo italiano, pubblichiamo il testo di una lettera del Ministro degli Affari Esteri, on. Lamberto DINI, inviata all'on. Mario Michelangeli in risposta ad un appello di oltre 100 parlamentari italiani "affinché l'Italia dia il proprio sostegno al Piano di pace delle Nazioni Unite per il Sahara Occidentale". La lettera è stata resa nota nel corso della conferenza di presentazione del libro di Umberto Romano "Rabbia di Sabbia- Diario di Viaggio" avvenuta a Roma, il 23 settembre u.s. alla Festa di "Liberazione", quotidiano del partito della Rifondazione comunista.

Ecco le parti più significative della lettera del ministro Dini:

"In effetti, l'Italia continua ad appoggiare con fermezza il processo referendario sia alle Nazioni Unite, sia nelle consultazioni che hanno luogo a Bruxelles fra i Paesi membri dell'Unione Europea. Analogo sostegno alla prospettiva referendaria non abbiamo mancato di esprimere- e continuiamo a farlo- anche negli incontri bilaterali con i Paesi interessati.

Al tempo stesso, coscienti delle difficoltà che sono emerse per dare rapido corso al referendum, abbiamo seguito con attenzione lo svolgimento del tentativo dell'Inviato personale del Segretario Generale, James Baker III, di trovare soluzioni alternative. Del resto, anche la risoluzione n. 1301 del Consiglio di Sicurezza, pur ribadendo il sostegno al piano referendario, ha espresso appoggio all'iniziativa di Baker.

E' tuttavia evidente che un esplicito abbandono della via referendaria per una "terza via" rischi di accrescere le tensioni nel già difficile rapporto tra Algeria e Marocco, punto di riferimento essenziale per ogni prospettiva di integrazione regionale nel Maghreb e per la stessa stabilità del Mediterraneo occidentale".

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LICENZIAMENTI E CRISI SOCIALE NEI PAESI ARABI

I SINDACATI ARABI TEMONO LE CONSEGUENZE DELLE PRIVATIZZAZIONI

(in "Sana" del 16/9/2000)

Il Consiglio centrale dell'Unione internazionale dei sindacati operai arabi, riunitosi a Damasco, ha esaminato la situazione dei diritti e delle libertà sindacali e la questione di Gerusalemme.

Nel corso di questa seduta, i capi delle federazioni sindacali arabe si sono intrattenuti sull'azione delle loro Organizzazioni e sui mezzi di rinforzarla sui due piani arabo e internazionale e sul loro ruolo nella difesa dei diritti e delle libertà sindacali di fronte alle ripercussioni della mondializzazione e dei progetti di privatizzazione.

Nel suo intervento, Izzedine Nasser, presidente del Consiglio centrale e presidente dell'Unione, ha affermato l'attaccamento degli operai alla loro unità per la difesa dei diritti degli operai e il loro rifiuto della sottomissione e delle pressioni della mondializzazione.

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ALGERIA: CAMPAGNA DELL'UGTA CONTRO LE PRIVATIZZAZIONI

(in "La tribune" del 27/9/2000)

In vista del X congresso dell'Unione Generale dei Lavoratori Algerini (UGTA), di gran lunga il più importante sindacato algerino, il suo giornale "Revolution et Travail" indica "gli ultraliberali" e i "neoliberali" di essere la causa del pericolo che minaccia gli interessi dei lavoratori.

La centrale sindacale sottolinea chiaramente il suo rifiuto di vedere il ministro della Partecipazione e del coordinamento delle riforme, Hamid Temmar, continuare a fare "il cavaliere solitario" nelle operazioni di privatizzazione e ricordando che l'UGTA- per bocca del suo attuale segretario generale- aveva detto che "niente si farà senza l'accordo e l'adesione dei lavoratori e della loro organizzazione".

Tuttavia, il ministro "avanza a testa bassa" affermando che applicherà il suo programma, la sua politica, le sue tesi e la sua dottrina. Nella sua qualità di esperto patrocinatore della Scuola di Chicago e della Banca Mondiale e del FMI".

L'articolo del giornale dell'UGTA costituisce un passaggio virulento contro il ministro, tanto più che è stato inserito in un dossier intitolato "Privatizzazione versione Tammar: un largo fronte sindacale per fermare il "massacro".

La virulenza dei redattori dell'ultimo numero di "Rivolution et travail" rinvia ad una campagna delicata promossa dagli ambienti sindacali.

Nel suo progetto di programma, il governo diretto da Alì Benflis lascia presagire giorni difficili per il settore pubblico e, per conseguenza, per centinaia di migliaia di lavoratori. Poiché gli operai temono un'accelerazione brutale delle privatizzazioni che potrà mettere in causa le loro conquiste, già troppo scarse.

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TUNISIA: QUALE FUTURO PER I LICENZIATI ?

(in" Realites" del 16/9/2000)

Il numero dei licenziati nelle imprese in difficoltà in Tunisia aumenta secondo il ritmo della liberalizzazione dell'economia, del disimpegno dello Stato dall'attività economica. Come vivono i lavoratori espulsi dalle imprese in difficoltà? Costituiscono un fattore di destabilizzazione sociale?.

Non esistono cifre precise del numero dei licenziati dalle imprese in difficoltà. Esse variano da un ente ad un 'altro (ministero del Lavoro, degli affari sociali e dello Sviluppo economico), centri di ricerca, Istituti di statistica, sindacati.

Al ministero del Lavoro si parla di una media annua di licenziati fra 8.000 e 10.000 persone dopo il disimpegno dello Stato dalle attività economiche, l'avvio del programma di aggiustamento strutturale e l'abolizione progressiva delle barriere doganali. Altre fonti parlano di un aumento del numero dei licenziati dell'ordine del 4,7% nel corso del 1999, ovvero 14.192 licenziati contro 13.561 circa nel 1998.

Le stesse fonti indicano che il 50% di questi licenziati provengono dal settore tessile e abbigliamento, dalle industrie meccaniche e metallurgiche e dal settore turistico e alberghiero. Il numero dei licenziati abusivamente e senza il rispetto dei regolamenti in vigore ha registrato nel corso del biennio 1998-99 un incremento del 66,4%, allorché il numero dei licenziati conformemente alla legislazione sociale nazionale ha registrato una riduzione del 36,5%.

Dall'altro lato e secondo le statistiche dell'Ufficio di assistenza alle imprese in difficoltà, il numero di questo tipo d'imprese ha registrato dal 1998 al 1999 un aumento dal 15 al 34,9 %.

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LO SPETTRO DELLA SETE

Colloquio mediterraneo ad Algeri.
Un colloquio internazionale sulle risorse idriche nei paesi mediterranei si svolgerà ad Algeri, per iniziativa della Scuola nazionale superiore di idraulica. Il dibattito, nel quale saranno svolte 33 comunicazioni di specialisti, amministratori, politici, si concentrerà sui problemi della gestione integrata delle risorse idriche, sulla formazione dei tecnici nei diversi settori della distribuzione, per evitare ciò che accade nella città di Algeri, dove si perde il 40% dell'acqua distribuita.
L'acqua è già un serio punto di scontro in Medio Oriente - il conflitto arabo-israeliano è un esempio-, in futuro diverrà fattore di nuove tensioni e nuovi conflitti fra paesi vicini, ma anche all'interno dei singoli Stati.La siccità che tende a divenire strutturale al sud del Mediterraneo implica un nuovo modo di affrontare il problema. Gli esperti che hanno elaborato il progetto Algeria, hanno suonato l'allarme, ma nessuno sembra averlo ancora raccolto.

Sul tema dell'acqua, riportiamo anche brani da un articolo apparso su "El Moudjahid", intitolato "Cosa berremo nel 2025 ?".
Secondo il rapporto della "Commissione mondiale sull'acqua per il XXI secolo", la metà dell'umanità manca d'acqua o dispone di acqua scarsamente potabile. Attualmente, 1 miliardo di uomini non hanno un accesso garantito all'acqua e 2 miliardi sono privi di rifornimento adeguato. La crescita demografica (8 miliardi di uomini nel 2025) aumenterà la domanda in acqua del 17% per l'irrigazione, del 20% per l'industria e del 70% per gli usi domestici.
Ora, l'acqua è limitata naturalmente, il 97,5% delle acque del pianeta sono salate e solo un'infima frazione di acqua dolce è effettivamente captabile.
Lo spreco, l'inquinamento, la deforestazione e la degradazione dei suoli hanno già compromesso questa risorsa o provocato degli abbassamenti delle falde. Nuovi prelevamenti potrebbero rivelarsi intollerabili per l'ambiente.
Per far fronte a questa situazione, la Commissione chiede l'applicazione del principio secondo cui chi più inquina più paga e la fatturazione del servizio idrico a prezzo di costo.
Saranno necessari investimenti annui per 180 miliardi di USD che dovranno venire quasi interamente dal settore privato. Lo Stato dedicherà le sue risorse alla regolamentazione globale, alla protezione dell'ambiente e alle sovvenzioni dirette per gli utenti più bisognosi.
La Commissione sottolinea la necessità di una "gestione integrata" dell'acqua al livello del bacino idrografico: Bisogna tenere conto di tutti i bisogni dell'uomo e dell'ambiente e gli utenti devono partecipare alle decisioni in un "Parlamento dell'acqua". 

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Numero 7 - settembre 2000

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