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POLITICA )
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- Algeria:
critici i rapporti fra RCD e Bouteflika
- Sahara
Occidentale: ancora un nulla di fatto
- Licenziamenti
e crisi sociale nei Paesi Arabi
- Algeria:
campagna dell'UGTA contro le privatizzazioni
- Tunisia:
quale futuro per i licenziati?
- Lo
spettro della sete
Pellegrinaggio
a Tripoli
Potenza
del petrolio e dei petrodollari, suoi più ambiti derivati: la Libia del
colonnello Gheddafi, fino a pochi mesi addietro tenuta sotto embargo e
indicata come un covo di pericolosi terroristi, è oggi divenuta terra
di pacificazione (una specie di ONU per l'Africa), luogo privilegiato
per realizzare affari economici e fecondi scambi commerciali da parte
delle più blasonate imprese occidentali e pertanto una tappa obbligata
del pellegrinaggio della diplomazia internazionale.
Di
seguito diamo un elenco delle più importanti visite recentemente
effettuate a Tripoli, in un breve arco di tempo, da parte di altissimi
rappresentanti di cancellerie occidentali e africane.
Di
fronte all'incapacità dimostrata dalle Nazioni Unite, la soluzione dei
più complicati conflitti africani sembra dipendere dalla mediazione libica,
e la tenda beduina del colonnello Gheddafi è divenuta più importante del
palazzo di vetro di New York.
Ultimamente,
il ruolo internazionale di Tripoli è vistosamente cresciuto grazie alla
mediazione svolta per liberare una ventina di turisti europei tenuti in
ostaggio, nelle foreste della Malesia, dai membri della formazione islamista
di Abou Sayyad.
Personalmente
sono stato contro tutti gli embarghi a carattere commerciale e civile
poiché affamano i settori più poveri della popolazione, arricchiscono
gli intrallazzatori, senza minimamente indebolire i regimi dispotici che
si vorrebbero colpire.
Nel
caso della Libia, pur non sottovalutando la gravità del disastro di Lockerbie,
ho scritto, in tempi non sospetti (cioè quando la Libia era la peste per
il mondo intero), che l'embargo era eccessivo, spropositato e, più che
contro Gheddafi, era rivolto contro l'Italia che con la Libia intratteneva
tradizionali e proficui rapporti economici e commerciali.
La
stessa notazione si potrebbe fare oggi di fronte al perdurare dell'embargo
petrolifero contro l'Iraq che contribuisce notevolmente a ridurre l'offerta
sul mercato petrolifero e quindi a far lievitare i prezzi del barile e
dei prodotti finiti. Il costo di questa situazione si va a scaricare,
quasi interamente, sull'economia europea che, per la prima volta, (nel
2001) si apprestava a superare il tasso di sviluppo degli Stati Uniti
d'America.
Con
il barile intorno ai 40 dollari non sarà facile per l'Europa (fortemente
dipendente dal petrolio Opec) realizzare la previsione di crescita economica,
mentre speculatori e grandi multinazionali del petrolio (in gran parte
americane) stanno traendo i maggiori profitti da questa situazione.
Tornando
alla Libia, questo pellegrinaggio può essere salutare per tutti: il dialogo
e lo scambio aiutano a schiarirsi reciprocamente le idee e favoriscono
la cooperazione. Tuttavia non si può continuare con iniziative
affannose, concorrenziali poiché non coordinate sul piano europeo.
C'è
un problema di stile, ma c'è soprattutto un problema politico da
risolvere presto e bene: inserire la Libia a pieno titolo nel sistema
del partenariato euro-mediterraneo. All'interno di questo ambito si potranno
superare le incomprensioni residue e prospettare soluzioni per tutti i
problemi avvertiti (dagli scambi commerciali alla democrazia, dai diritti
umani alle ingerenze politiche, dalle migrazioni alla convivenza plurietnica,
etc) che, in misura diversa, si manifestano su tutte le rive del Mediterraneo
e non soltanto su quella nordafricana.
(a.s.)
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FISHER
A TRIPOLI DOPO LA LIBERAZIONE DEGLI OSTAGGI
(in" Revue du Liban" del 16/9/2000)
E' questa la prima visita che un alto responsabile tedesco
effettua in Libia dopo la presa del potere del colonnello Gheddafi, 30
anni addietro.
Joschka Fisher, ministro degli esteri tedesco, si è recato
a Tripoli per ringraziare le autorità libiche per il contributo da loro
dato alla liberazione degli ostaggi trattenuti nelle Filippine.
Maestro di cerimonia altri non era che Seif el-Islam, figlio
del presidente Gheddafi, che presiede la Fondazione caritativa che ha
agito come mediatrice ufficiale nella crisi degli ostaggi.
La visita di Fisher è apparsa come un segnale supplementare
della riabilitazione internazionale del leader libico il cui intervento
ha molto influito nell'affaire degli ostaggi.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI
GIAPPONESE A TRIPOLI
(in "Pana" del 19/9/2000)
Il ministro degli esteri giapponese è arrivato lunedì sera
a Tripoli, alla testa di una importante delegazione del suo ministero,
per una visita di lavoro in Libia.
Questa visita, la prima di un alto responsabile nipponico
in Libia dopo sette anni, s'iscrive nel quadro del rilancio della cooperazione
Tripoli-Tokio.
Una delegazione di esperti del ministero giapponese degli
Affari esteri ha soggiornato a Tripoli durante i mesi di luglio e ad agosto
per discutere ed esaminare le disposizioni pratiche per la prossima installazione
di un'ambasciata del Giappone.
Le relazioni fra la Libia e il Giappone hanno conosciuto
un lungo periodo di freddezza a causa dell'affaire Lockerbie e dell'allineamento
di Tokio sulla posizione assunta a proposito dagli USA e dalla Gran Bretagna.
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ITALIA
E LIBIA PER LA COOPERAZIONE E LA PACE NEL MEDITERRANEO
(dal Comunicato emesso dalla Farnesina l'8/8/2000)
Su invito delle Autorità libiche, il ministro degli Affari
esteri Lamberto Dini ha effettuato una visita a Tripoli martedì 8 agosto
svoltasi in un clima di grande cordialità e di amicizia. Nel quadro delle
regolari consultazioni politiche bilaterali e in vista della prossima
riunione della Commissione mista, che avrà luogo a Roma entro l'anno,
il ministro Dini ha incontrato il segretario del Comitato Popolare Generale
per gli affari esteri, Abdulrahman Shalgam, ed è stato ricevuto dal col.
Gheddafi. La visita segue quella fatta dal ministro Shalgam a Roma lo
scorso 14 giugno...
Sul piano della collaborazione economica, sono stati presi
in esame progetti di diversificazione e sviluppo dell'economia libica.
I due Ministri hanno constatato le opportunità aperte nel settore turistico
e in quello della pesca ed hanno approfondito le possibilità di una partecipazione
italiana nei settori delle risorse idriche, della telefonia mobile, del
potenziamento delle capacità produttive ed elettriche della Libia.
E' stato altresì deciso di accelerare la definizione di alcuni
importanti accordi (promozione degli investimenti, sicurezza sociale,
contro la doppia imposizione) destinati a rafforzare ulteriormente i legami
economici tra i due paesi.
Sul piano politico, sono stati passati in rassegna i principali
temi d'interesse comune, convenendo sul ruolo che Italia e Libia possono
svolgere per lo sviluppo dei rapporti tra Europa e Africa. In tale prospettiva,
è stata sottolineata la necessità di rimettere in moto i processi d'integrazione
maghrebina, anche attraverso il rilancio dell'Unione del Maghreb arabo,
e di utilizzare appieno gli esistenti fori di dialogo tra i Paesi delle
due sponde del Mediterraneo, con particolare riferimento al dialogo "5+5".
Al riguardo è stato evidenziato il fatto che Italia e Libia
hanno già accolto l'invito del Portogallo a partecipare alla riunione
di rilancio del dialogo euro-maghrebino fissata nel gennaio 2001 a Lisbona.
Nel corso dell'incontro con il col. Gheddafi, il ministro
Dini ha espresso apprezzamento per l'azione svolta dalla Libia per il
superamento dei conflitti in atto nel Continente africano, sottolineando
il raccordo e le consultazioni tra i due Paesi per il mantenimento e l'approfondimento
delle prospettive di pace e di sviluppo in Africa.
LA RICONCILIAZIONE DEL
SUDAN AFFIDATA ALL'INIZIATIVA LIBICO-EGIZIANA
(in" Pana" del 6/9/2000)
Il ministro degli esteri sudanese, Mustapha Ismael, ha dichiarato
che l'iniziativa libico-egiziana di riconciliazione in Sudan costituisce
la sola via di soluzione globale e ultima della crisi sudanese.
Nelle sue dichiarazioni riprese dalla stampa cairota, il
capo della diplomazia sudanese ha respinto per conto del suo Paese ogni
iniziativa che non tiene conto dell'iniziativa libico-egiziana, aggiungendo
che avranno luogo riunioni, di cui non ha precisato la natura, per esaminare
i percorsi destinati a impegnare il dialogo nazionale in Sudan.
Il colonnello Gheddafi - si ricorda - aveva intrapreso, dopo
un lungo periodo, delle iniziative in favore della riconciliazione fra
il governo di Khartoum e l'opposizione sudanese della quale egli ha ricevuto,
a più riprese, i leaders. Nello stesso quadro, il leader libico aveva
incontrato, a Marsa Matrouh, vicino la frontiera libico-egiziana, il presidente
Hosni Moubarak con il quale aveva discusso le diverse questioni relative
alla riconciliazione sudanese.
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FIRMATO
A SYRTE UN ACCORDO DI RICONCILIAZIONE IN SOMALIA
(in "Pana" del 23/9/2000)
Il nuovo presidente somalo, Abdoulkassim Salat Hassan, e
il leader dell'Alleanza Nazionale Somala (ANS), Hussein Aidid, hanno firmato
un accordo di riconciliazione, venerdì, a Syrte, a 450 km ad est di Tripoli.
L'accordo interviene a coronamento degli sforzi profusi dal col. Muammar
Gheddafi in vista della riconciliazione nazionale, il ripristino della
pace e della sicurezza e della stabilità in Somalia, paese senza governo
centrale dopo il rovesciamento del presidente Siad Barre nel 1991.
Salat Hassan, che è stato ministro dell'interno durante il
regime di Barre, è stato eletto presidente della Somalia il 26 agosto
scorso, a conclusione di una conferenza inter-somala tenutasi ad Arta
(gibuti).
Il presidente somalo è ritornato nel suo Paese, a conclusione
di una visita di tre giorni in Libia nel corso della quale ha avuto incontri
con il col. Gheddafi, incaricato dalla Comunità degli Stati del Sahel
Sahariano e dall'OUA di riportare la pace in Somalia.
In una dichiarazione alla stampa,il presidente somalo ha
lodato gli sforzi del capo della rivoluzione libica ed espresso la fiducia
che "L'alleanza nazionale somala adempirà al suo dovere per consolidare
la futura concordia somala".
Da parte sua Aidid, arrivato in Libia in compagnia di due
suoi luogotenenti Omar Guis e Abdulkarim Alì, ha confermato il suo attaccamento
al principio della riconciliazione nazionale per il ritorno della pace,
della sicurezza e della legalità costituzionale nel Paese...
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LIBANO: IL DOLLARO, RE
DELLE URNE
CATACLISMA ELETTORALE A BEIRUT
(in" Revue du Liban" del 10/9/2000)
I risultati dello scrutinio del 3 settembre a Beirut hanno
prodotto l'effetto di un vero cataclisma. Nessuno si aspettava la non
rielezione del Capo del governo Selim Hoss, di tre dei suoi ministri e
anche di Tamtam Salam, deputato presidente di Makassed, la cui associazione
ha tanto dato alla capitale e in altre regioni libanesi nei campi medico,
sociale, pedagogico quanto o di più della Fondazione Hariri.
Il signor Hoss la cui modestia e la discrezione, quanto la
probità, sono da tutti conosciute, non ha mai smesso di ripetere negli
ultimi tempi che egli non ha mai begato per avere la Presidenza del Consiglio
dei ministri per ben 5 volte.
I libanesi benpensanti deplorano pertanto la sua sconfitta
poiché punisce un uomo politico che si è distinto per la sua trasparenza
e per il suo attaccamento al bene pubblico.
Il "trionfo" del signor Hariri e delle liste apparentate
nelle tre circoscrizioni della capitale, si spiega per i dissensi che
hanno diviso i partiti armeni ed anche per la defezione dell'elettorato
cristiano, allorché i sanniti hanno accordato in blocco i loro suffragi
ai candidati di Hariri.
I partigiani di Hariri sostengono che, con il loro voto,
i beirutini hanno voluto manifestare la loro riprovazione verso una legge
elettorale iniqua e verso le politiche adottate dal "Gabinetto dei 16".
(governo Hoss,ndr).
Se così fosse, come si spiega l'elezione di 6 ministri uscenti
nel Libano del nord, del Sud e nella Bekaa?
Durante la campagna elettorale,Hoss a dichiarato, a più riprese,
di essersi trovato davanti a "una montagna di denaro", contro cui si è
battuto appellandosi ai principi morali.
La potenza del denaro ha dunque sconfitto Hoss e premiato
Hariri, così come previsto da molti e dal periodico "Afrique-Asie" nel
suo numero del 28/8/2000.
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LIBANO:
LA FIERA DELLA CORRUZIONE ELETTORALE
(di Zizar Chami)
C'è la fiera della corruzione nel paese del Cedro. Non ci
sono altre parole per descrivere gli strani costumi politici e mafiosi
che ritmano la campagna elettorale nella quale i libanesi sono chiamati
ad eleggere i 128 membri del nuovo Parlamento.
A memoria dei libanesi- che pertanto ne hanno visto di tutti
i colori- mai il denaro è corso a fiotti con una tale indecenza nel corso
di una campagna legislativa. Il numero dei candidati milionari che hanno
comprato il loro biglietto d'ingresso in una lista elettorale per essere
piazzati in una posizione eleggibile non è stato mai così elevato.
Il miliardario libano-saudita
e ex Primo ministro, Rafic Hariri, seduto sul suo impero finanziario e
mediatico, è stato il pioniere in questo campo. Passato all'opposizione
dopo l'elezione del generale Emil Lahoud alla presidenza della Repubblica,
non lesina sui mezzi per assicurare il suo ritorno agli affari. Avendo
lasciato un paese esangue (più di 22 miliardi di dollari di debito), favorito
la corruzione e aperto la via a un liberalismo senza regole, promette
monti e meraviglie agli elettori che suppone abbiano dimenticato.
Per raggiungere lo scopo egli non disdegna di giocare la
carta confessionale e di gettare sulla bilancia della campagna elettorale
somme favolose, sproporzionate. Si parla di 50 milioni di dollari.
Uno degli alleati di Hariri, Fares Bouez, ex ministro degli
esteri e genero dell'ex presidente della Repubblica, Elias Haroui, si
è gettato nell'arena elettorale, armato degli stessi valori mercantili
del suo protettore. Come Hariri, non lesina sui mezzi per farsi eleggere.
Una elezione vitale per il suo futuro politico, nella misura in cui la
sua disastrosa gestione ministeriale è attualmente oggetto di un'inchiesta
amministrativa per delle nomine compiacenti (45 nel solo gabinetto del
ministro), per le nomine di consoli onorari del Libano pagate fra 50.000
e 100.000 dollari ognuna da quei privilegiati che oltre a rappresentare
il Libano all'estero godono di una serie di immunità e privilegi che lo
statuto di diplomatici consente loro nei paesi stranieri.
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HARIRI,
IL SALVATORE DEL LIBANO
Secondo "l'Orient Le Jour" del 29/9/2000, il principale quotidiano
di Beirut, il ritorno di Rafic Hariri alla Presidenza del Consiglio dei
ministri è ineluttabile, una scelta obbligata per il Presidente Lahoud
che ha avviato le consultazioni in vista dell'incarico di Primo ministro
che, in base alla Costituzione, deve essere affidato ad un musulmano sunnita.
E Hariri è anche questo.
"Ancora una volta, Rafic Hariri si presenta come il salvatore.
Non dispiacendo ai suoi concorrenti che si sgolano per rimproverargli
la crisi economica. Del resto bisogna che lui ritorni per dovere di riparazione.
Ma perché il ritorno al potere di quest'uomo, a questo punto, è considerato
ineluttabile? E' a causa della sua clamorosa vittoria elettorale a Beirut?
Per le sue alleanze ben calcolate? O per il declino degli altri leaders
sunniti?
Senza dubbio c'è tutto questo, tuttavia il merito principale
di Hariri è stato quello di avere risparmiato al Libano le conseguenze
di una dura recessione economica, addirittura lo spettro della fame.
"Il dollaro aveva sforato il tetto delle 2500 Lire libanesi.
La sola irruzione di Hariri, dopo l'intermezzo elettorale di Solh, aveva
dato alla moneta nazionale più stabilità. E' vero che le speranze di raddrizzamento
sono state deluse. Per ciò Hariri ha fatto l'autocritica, ha riconosciuto
gli errori commessi, anche se molte delle sue scelte erano inevitabili,
perché imposte dalla congiuntura o da considerazioni extranazionali."
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CASABLANCA:
DESTITUITO IL SINDACO
(in" Pana" del 22/9/2000)
Il presidente della comunità urbana della Grande Casablanca,
Abdelmoughit Slimani, è stato destituito giovedì per "irregolarità di
gestione" di diversi dossiers della capitale economica del Marocco.
Gli è stata rimproverata la sua implicazione in una serie
di scandali concernenti specificamente la gestione dei mattatoi, del grande
mercato all'ingrosso e della pubblicità.
La mozione per la destituzione è stata sottoscritta da 130
consiglieri su 170, molti di più dei due/terzi richiesti per una tale
iniziativa. Per la destituzione hanno votato anche diversi consiglieri
del partito del sindaco (l'Union Costitutionelle) di destra.
Nel passato, il sindaco destituito aveva beneficiato dell'appoggio
di suo cognato, il potente ex ministro dell'interno Driss Basri, fino
a quando quest'ultimo non è stato licenziato dal giovane re Mohammed VI,
nel novembre 1999.
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EGITTO:
ARRESTATI 25 MEMBRI DELLA SETTA DEI FRATELLI MUSULMANI
(in "L'Orient-Le jour" del 22/9/2000)
Giovedì, le forze di Sicurezza egiziane hanno deciso di sottoporre
a vigilanza a vista 25 membri del movimento clandestino dei "Fratelli
musulmani" arrestati nei giorni scorsi.
Questi arresti si aggiungono a una serie di interpellanze
che si sono moltiplicate nelle ultime settimane con l'avvicinarsi della
data di svolgimento delle elezioni legislative, previste a partire dal
18 ottobre.
Questi sono stati arrestati per distribuzione di volantini
antigovernativi e accusati di avere messo a punto un piano per fare fallire
le elezioni legislative facendo della propaganda contro le autorità.
D'altra parte, la procura ha deciso di prolungare per altri
15 giorni la detenzione di 19 membri del movimento arrestati il 25 agosto.
Fra questi figurano insegnanti, medici e ingegneri.
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ALGERIA:
5.500 ISLAMISTI ARMATI SI SONO GIA' CONSEGNATI ALLE AUTORITA'
(in "L'Orient-Le jour" del 20/9/2000)
Secondo un memorandum di Amnesty International, pubblicato
dalla stampa algerina, 5.500 islamisti armati si sono già consegnati alle
autorità algerine nel quadro della legge sulla "concordia civile".
Su 5.500 "pentiti", un migliaio sono combattenti dell'Armata
islamica di salvezza (AIS) e della Lega islamica per la daawa e il Jihad
(LIDD) che hanno beneficiato della grazia. Gli altri pentiti appartenenti
sia al Gruppo islamico armato (GIA) d'Antar Zouabri, sia al Gruppo salafista
per la predica e la lotta (GSPC) d'Hassan Hattab, hanno beneficiato di
"misure appropriate" decise dai procuratori generali, sulla base delle
informazioni ottenute.
Secondo Amnesty, soltanto 350 di questi pentiti sono perseguiti
penalmente, gli altri sono stati di fatto amnistiati. Il governo algerino
non ha mai presentato il bilancio definitivo della legge sulla concordia
civile applicata dal 13 luglio 1999 al 13 gennaio 2000.
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SIRIA:
APPELLO PER LA LIBERTA' E LE RIFORME POLITICHE
(in "Il Manifesto" del 28/9/2000)
99 intellettuali siriani- fra i quali il famoso poeta Adonis-
hanno rivolto un appello al governo per l'abolizione dello stato di emergenza
(in vigore dal 1963) e per la liberazione di tutti i detenuti politici
rinchiusi nelle carceri del paese, che- secondo Amnesty International-
sarebbero 1500.
Hanno chiesto inoltre al governo di varare un programma di
riforme politiche da affiancare a quelle legislative, giudiziarie ed economiche
attualmente in corso.
Nel loro appello gli intellettuali siriani ribadiscono il
loro impegno a difendere l'unità nazionale, ma allo stesso tempo chiedono
lo sviluppo di "libertà pubbliche" tra le quali quella di espressione
e di riunione.
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RIMPASTO
MINISTERIALE IN MAROCCO
Il re Mohammed VI ha proceduto a un rimpasto ministeriale
del gabinetto presieduto dal socialista
A. Yuossoufi, confermato primo ministro, riducendo il numero dei
ministri da 43 a 33.
I 33 dicasteri sono stati ripartiti fra i sette partiti della
maggioranza parlamentare: 10 all'Unione socialista delle forze popolari,
4 al Partito dell'indipendenza, 4 al Raggruppamento nazionale degli indipendenti,
3 al Movimento popolare nazionale, 2 al Partito per il progresso e il
socialismo, 1 al Partito socialdemocratico, 1 al Fronte delle forze democratiche.
I restanti 8 ministri sono indipendenti e nominati al di fuori dell'area
d'influenza dei partiti.
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ISRAELE:
AUMENTATA DEL 35% L'IMMIGRAZIONE
(in "Jordan Times" del 28/9/2000)
Secondo fonti ufficiali israeliane, nell'ultimo anno l'immigrazione
è cresciuta del 35% , la maggioranza dei nuovi venuti provengono dalla
Russia e dai paesi dell'ex Unione Sovietica.
Fra il settembre 1999 e il settembre 2000- l'anno ebreo secondo
il calendario giudaico- sono entrati in Israele circa 73.000 immigrati,
di cui 63.500, ovvero l'87%, provenienti dall'ex URSS.
Nell'anno precedente sono arrivati 54.000 immigrati. Dopo
il crollo dell'URSS, 750.000 ebrei sono emigrati in Israele. L'afflusso
di questi emigrati è dovuto alla difficile situazione economica e all'antisemitismo
in aumento.
Per il prossimo anno è previsto l'arrivo di altri 10.000
ebrei dall'Etiopia, dei quali già 1000 sono stati approvati dal Ministero
per l'immigrazione.
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ALGERIA:
CRITICI I RAPPORTI FRA RCD E BOUTEFLIKA
(in "Le Matin" del 30/9/2000)
Abdelaziz Bouteflika è caduto in disgrazia presso il RCD
(Rassemblament pour la Culture et la Democrazie di Said Sadi, n.d.r.),
il quale non molto tempo fa era giunto a qualificarlo come un "secondo
Boudiaf ?
Il RCD è scontento della propensione del Presidente della
Repubblica a decidere da solo.
Khalida Messaoudi, presidente del gruppo parlamentare RCD,
ha dichiarato che " Bouteflika governa in totale rottura con l'opinione
pubblica che non ha dimenticato la parte di responsabilità dell'Iran
nel dramma subito dal popolo algerino" (La polemica è riferita alla
recente decisione di Bouteflika di ripristinare le relazioni diplomatiche
con l'Iran di Katami, n.d.r.)
Dopo nove mesi di partecipazione al governo, il partito di
Said Sadi si trova nel dubbio. Tutto ciò è emerso dalle risoluzioni
adottate ieri a conclusione della riunione del Consiglio nazionale del
partito.
Mai la coalizione governativa era stata in preda all'implosione
come oggi. Destabilizzata dal ritorno del plotone del FLN nella sua
versione islamo-conservatrice "Politicamente, l'ultimo rimpasto governativo
ha avuto- come temuto- il suo effetto contagioso: gli attentati, la
sovversione nelle moschee e nei quartieri e gli interventi di certi
deputati obbligati a mettersi in sintonia con la truppa bruscamente
drogata mostrano che la scelta degli uomini a certi livelli di responsabilità
di Stato non è mai neutra", si legge i un comunicato del RCD. L'allusione
è alla nomina di Abdelaziz Belkhadem a ministro degli affari esteri;
il RCD attende di sapere a quale disegno obbedisce questa nomina.
Il RCD stabilisce un legame di causa ed effetto fra le recenti
nomine e la recrudescenza del terrorismo (soltanto ieri, 14 sono state
le vittime di azioni terroristiche,n.d.r.) e non può "transigere sulla
lotta contro l'integrismo e l'adempimento della resistenza patriottica
mediante un progetto democratico.
In altri termini, non saranno tollerati nuovi compromessi con
i difensori delle tesi del gruppo di Sant'Egidio e del disciolto partito
del FIS.
Altre inquietudini riguardano la riforma dei sistemi scolastico
e giudiziario e il degrado del potere d'acquisto della popolazione.
Riforme in panne, impoverimento accresciuto della popolazione
aggravato- afferma il RCD- "da una legittima frustrazione nata da una
tendenza alla tesaurizzazione del recente surplus finanziario".
Una manna finanziaria che questo partito chiede di utilizzare
in parte per l'aumento dei salari.
Tuttavia, il Consiglio nazionale RCD spera in un raddrizzamento
della situazione e continuerà a partecipare al governo, ma in maniera
"vigilante".
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SAHARA
OCCIDENTALE: ANCORA UN NULLA DI FATTO
Venerdì 29 settembre si è tenuto a Berlino, sotto gli auspici
di James Baker, inviato personale del segretario generale delle Nazioni
Unite, l'atteso incontro fra una delegazione del governo marocchino,
capeggiata dal ministro degli esteri Mohamed Benaissa, e una delegazione
del Fronte Polisario, diretta da Mahfoud Ali Beiba, per discutere le
vie e i mezzi per fare avanzare il piano di regolamentazione ONU per
la soluzione dell'annosa (25 anni) questione del Sahara occidentale,
ex colonia spagnola.
Considerate le divergenti posizioni di partenza delle parti
interessate, non era prevedibile una conclusione positiva dell'incontro
di Berlino, tuttavia era lecito attendersi un qualche passo avanti in
direzione di una composizione pacifica ed equa del problema. La trattativa,
ormai diretta fra Governo marocchino e Fronte Polisario, dovrebbe continuare
(si parla di una nuova riunione entro ottobre), ma i margini per un
accordo sembrano restringersi pericolosamente e cominciano ad emergere
tendenze e prese di posizioni secondo cui "l'unica via d'uscita" resta
quella della ripresa del confronto militare.
L'Algeria ha ritirato la propria delegazione dal negoziato,
in occasione della riunione del giugno scorso a Londra, per protesta
contro l'orientamento che Baker vorrebbe imprimere alla trattativa sulla
base del suggerimento del segretario generale dell'ONU che parla della
ricerca di "una terza via".
A questa "terza via" si sono attaccati i marocchini per accantonare
la questione del referendum e proporre una soluzione autonomistica,
nell'ambito della sovranità del Regno del Marocco.
Di seguito pubblichiamo ampi brani di documenti ufficiali
e di articoli di giornali, nella speranza di rendere al meglio la realtà
attuale della situazione.
Dal
Comunicato del Ministero dell'Informazione della RASD
"Queste discussioni (di Berlino, n.d.r.) hanno permesso di
mettere in evidenza la posizione intransigente del Marocco, che ha rifiutato,
come durante le riunioni tecniche a Ginevra nel luglio scorso, ogni
discussione sui problemi concreti impedendo l'applicazione rapida e
integrale del piano di regolamentazione in vista dell'organizzazione
del referendum di autodeterminazione nel Sahara Occidentale.
Il Marocco ha cercato, durante l'incontro di Berlino, di
sotterrare il processo di pace voluto dall'ONU tentando di presentare
una pseudo-soluzione, mirante a legittimare il fatto compiuto dell'occupazione
coloniale da parte del Marocco del nostro paese.
La delegazione del Fronte Polisario ha riaffermato il suo
pieno attaccamento al piano di pace e la sua disponibilità a intraprendere
discussioni con il Marocco sotto gli auspici dell'ONU su tutti i problemi
che impediscono la messa in applicazione del piano di regolamentazione,
in vista del referendum giusto e libero nel Sahara occidentale.
Il Marocco è il solo responsabile del blocco attuale e si
assumerà da solo le conseguenze che possono derivarne per la pace e
per la stabilità nella regione".
Non disponendo di un comunicato ufficiale del governo marocchino,
pubblichiamo un articolo del quotidiano di Casablanca "Le Matin du Sahara"
del 29/9/2000 che rassomiglia tanto ad un comunicato ufficiale:
Il
Marocco deplora la mancata attuazione del piano dell'ONU
"A conclusione della riunione di Berlino sulla questione
del Sahara occidentale.la delegazione marocchina ha espresso il suo
rammarico per il fatto che il piano di regolamentazione non ha potuto,
nonostante gli sforzi di James Baker e i sacrifici fatti dal Regno del
Marocco, conoscere una messa in opera rapida,sana ed equa.
Il Marocco ha risposto all'invito di J. Baker a ricercare
una soluzione durevole e definitiva alla questione del Sahara, conformemente
ai dispositivi della risoluzione 1309 del Consiglio di sicurezza, esprima
la sua disponibilità ad intraprendere con l'altra parte un dialogo sincero
e franco concernente questa vertenza che dura da 25 anni.
.il Marocco riafferma la sua disponibilità a usare tutti
i mezzi in vista di elaborare una soluzione durevole e definitiva che
tiene conto, a sua volta, dei suoi interessi superiori, della sua unità
nazionale, della sua integrità territoriale e della sua sovranità e
anche delle specificità della regione, nel rispetto dei principi democratici
e di decentramento che il Marocco vuole sviluppare e mettere in opera
cominciando dalla regione del Sahara, così cara al cuore dei marocchini
e al Regno del Marocco.
Fino a quando il dialogo s'iscriverà in un quadro di rispetto
della sua sovranità nazionale e della sua integrità territoriale, il
Marocco riafferma la sua volontà di partecipare e propone la tenuta
di una riunione con le parti interessate sotto l'egida di J. Baker nelle
prossime settimane".
All'unisono la stampa algerina, tradizionalmente schierata
con il Fronte Polisario, accusa il Marocco di sabotare il processo di
pace dell'ONU e di volere stravolgere i termini della trattativa.
Riportiamo alcuni brani di un articolo apparso su "El Watan"
del 29/9/2000 che ci sembra renda bene l'idea del punto di vista ufficiale
algerino sulla questione del Sahara occidentale.
Rabat
svela il suo gioco
"Questa volta, i Marocchini hanno totalmente svelato i loro
disegni proponendo al Fronte Polisario d'abbandonare l'idea di organizzare
un referendum di autodeterminazione del popolo saharoui.
Rabat ha scelto questa l'occasione di questo incontro per
presentare ciò che è considerato come una "nuova opzione", ma che non
vuol dire altro che l'integrazione senza il voto al Marocco del Sahara
occidentale, nel quadro del processo di regionalizzazione iniziato dal
defunto re Hassan II, ma denunciato a suo tempo dal Fronte Polisario
senza che le Nazioni Unite abbiano preso posizione sulla questione.
Com'era prevedibile, il Fronte Polisario ha immediatamente
rigettato questa offerta di negoziato.
Intervenendo davanti la commissione sulla decolonizzazione
dell'ONU, il rappresentante del Fronte Polisario ha detto che una tale
proposta "riporterà il conflitto del Sahara occidentale al suo punto
di partenza, cioè a dire la ripresa delle ostilità e un conflitto armato
aperto". aggiungendo che se l'ONU non riesce a persuadere il Marocco
a cooperare in buona fede per la preparazione del referendum, deve "riconoscere
il suo fallimento e ritirarsi dal territorio"...
E
in Italia cosa si pensa ?
Per quanto riguarda la posizione del Governo italiano, pubblichiamo
il testo di una lettera del Ministro degli Affari Esteri, on. Lamberto
DINI, inviata all'on. Mario Michelangeli in risposta ad un appello di
oltre 100 parlamentari italiani "affinché l'Italia dia il proprio sostegno
al Piano di pace delle Nazioni Unite per il Sahara Occidentale". La
lettera è stata resa nota nel corso della conferenza di presentazione
del libro di Umberto Romano "Rabbia di Sabbia- Diario di Viaggio"
avvenuta a Roma, il 23 settembre u.s. alla Festa di "Liberazione", quotidiano
del partito della Rifondazione comunista.
Ecco le parti più significative della lettera del ministro
Dini:
"In effetti, l'Italia continua ad appoggiare con fermezza
il processo referendario sia alle Nazioni Unite, sia nelle consultazioni
che hanno luogo a Bruxelles fra i Paesi membri dell'Unione Europea.
Analogo sostegno alla prospettiva referendaria non abbiamo mancato di
esprimere- e continuiamo a farlo- anche negli incontri bilaterali con
i Paesi interessati.
Al tempo stesso, coscienti delle difficoltà che sono emerse
per dare rapido corso al referendum, abbiamo seguito con attenzione
lo svolgimento del tentativo dell'Inviato personale del Segretario Generale,
James Baker III, di trovare soluzioni alternative. Del resto, anche
la risoluzione n. 1301 del Consiglio di Sicurezza, pur ribadendo il
sostegno al piano referendario, ha espresso appoggio all'iniziativa
di Baker.
E' tuttavia evidente che un esplicito abbandono della via
referendaria per una "terza via" rischi di accrescere le tensioni nel
già difficile rapporto tra Algeria e Marocco, punto di riferimento essenziale
per ogni prospettiva di integrazione regionale nel Maghreb e per la
stessa stabilità del Mediterraneo occidentale".
(
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LICENZIAMENTI
E CRISI SOCIALE NEI PAESI ARABI
I SINDACATI ARABI TEMONO
LE CONSEGUENZE DELLE PRIVATIZZAZIONI
(in "Sana" del 16/9/2000)
Il Consiglio centrale dell'Unione internazionale dei sindacati
operai arabi, riunitosi a Damasco, ha esaminato la situazione dei diritti
e delle libertà sindacali e la questione di Gerusalemme.
Nel corso di questa seduta, i capi delle federazioni sindacali
arabe si sono intrattenuti sull'azione delle loro Organizzazioni e sui
mezzi di rinforzarla sui due piani arabo e internazionale e sul loro
ruolo nella difesa dei diritti e delle libertà sindacali di fronte alle
ripercussioni della mondializzazione e dei progetti di privatizzazione.
Nel suo intervento, Izzedine Nasser, presidente del Consiglio
centrale e presidente dell'Unione, ha affermato l'attaccamento degli
operai alla loro unità per la difesa dei diritti degli operai e il loro
rifiuto della sottomissione e delle pressioni della mondializzazione.
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ALGERIA:
CAMPAGNA DELL'UGTA CONTRO LE PRIVATIZZAZIONI
(in "La tribune" del 27/9/2000)
In vista del X congresso dell'Unione Generale dei Lavoratori
Algerini (UGTA), di gran lunga il più importante sindacato algerino,
il suo giornale "Revolution et Travail" indica "gli ultraliberali" e
i "neoliberali" di essere la causa del pericolo che minaccia gli interessi
dei lavoratori.
La centrale sindacale sottolinea chiaramente il suo rifiuto
di vedere il ministro della Partecipazione e del coordinamento delle
riforme, Hamid Temmar, continuare a fare "il cavaliere solitario" nelle
operazioni di privatizzazione e ricordando che l'UGTA- per bocca del
suo attuale segretario generale- aveva detto che "niente si farà senza
l'accordo e l'adesione dei lavoratori e della loro organizzazione".
Tuttavia, il ministro "avanza a testa bassa" affermando che
applicherà il suo programma, la sua politica, le sue tesi e la sua dottrina.
Nella sua qualità di esperto patrocinatore della Scuola di Chicago e
della Banca Mondiale e del FMI".
L'articolo del giornale dell'UGTA costituisce un passaggio
virulento contro il ministro, tanto più che è stato inserito in un dossier
intitolato "Privatizzazione versione Tammar: un largo fronte sindacale
per fermare il "massacro".
La virulenza dei redattori dell'ultimo numero di "Rivolution
et travail" rinvia ad una campagna delicata promossa dagli ambienti
sindacali.
Nel suo progetto di programma, il governo diretto da Alì
Benflis lascia presagire giorni difficili per il settore pubblico e,
per conseguenza, per centinaia di migliaia di lavoratori. Poiché gli
operai temono un'accelerazione brutale delle privatizzazioni che potrà
mettere in causa le loro conquiste, già troppo scarse.
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TUNISIA:
QUALE FUTURO PER I LICENZIATI ?
(in" Realites" del 16/9/2000)
Il numero dei licenziati nelle imprese in difficoltà in Tunisia
aumenta secondo il ritmo della liberalizzazione dell'economia, del disimpegno
dello Stato dall'attività economica. Come vivono i lavoratori espulsi
dalle imprese in difficoltà? Costituiscono un fattore di destabilizzazione
sociale?.
Non esistono cifre precise del numero dei licenziati dalle
imprese in difficoltà. Esse variano da un ente ad un 'altro (ministero
del Lavoro, degli affari sociali e dello Sviluppo economico), centri
di ricerca, Istituti di statistica, sindacati.
Al ministero del Lavoro si parla di una media annua di licenziati
fra 8.000 e 10.000 persone dopo il disimpegno dello Stato dalle attività
economiche, l'avvio del programma di aggiustamento strutturale e l'abolizione
progressiva delle barriere doganali. Altre fonti parlano di un aumento
del numero dei licenziati dell'ordine del 4,7% nel corso del 1999, ovvero
14.192 licenziati contro 13.561 circa nel 1998.
Le stesse fonti indicano che il 50% di questi licenziati
provengono dal settore tessile e abbigliamento, dalle industrie meccaniche
e metallurgiche e dal settore turistico e alberghiero. Il numero dei
licenziati abusivamente e senza il rispetto dei regolamenti in vigore
ha registrato nel corso del biennio 1998-99 un incremento del 66,4%,
allorché il numero dei licenziati conformemente alla legislazione sociale
nazionale ha registrato una riduzione del 36,5%.
Dall'altro lato e secondo le statistiche dell'Ufficio di
assistenza alle imprese in difficoltà, il numero di questo tipo d'imprese
ha registrato dal 1998 al 1999 un aumento dal 15 al 34,9 %.
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LO
SPETTRO DELLA SETE
Colloquio mediterraneo ad Algeri.
Un colloquio internazionale sulle risorse idriche nei paesi
mediterranei si svolgerà ad Algeri, per iniziativa della Scuola nazionale
superiore di idraulica. Il dibattito, nel quale saranno svolte 33 comunicazioni
di specialisti, amministratori, politici, si concentrerà sui problemi
della gestione integrata delle risorse idriche, sulla formazione dei
tecnici nei diversi settori della distribuzione, per evitare ciò che
accade nella città di Algeri, dove si perde il 40% dell'acqua distribuita.
L'acqua è già un serio punto di scontro in Medio Oriente
- il conflitto arabo-israeliano è un esempio-, in futuro diverrà fattore
di nuove tensioni e nuovi conflitti fra paesi vicini, ma anche all'interno
dei singoli Stati.La siccità che tende a divenire strutturale al sud
del Mediterraneo implica un nuovo modo di affrontare il problema. Gli
esperti che hanno elaborato il progetto Algeria, hanno suonato l'allarme,
ma nessuno sembra averlo ancora raccolto.
Sul tema dell'acqua, riportiamo anche brani da un articolo
apparso su "El Moudjahid", intitolato "Cosa berremo
nel 2025 ?".
Secondo il rapporto della "Commissione mondiale sull'acqua
per il XXI secolo", la metà dell'umanità manca d'acqua o dispone di
acqua scarsamente potabile. Attualmente, 1 miliardo di uomini non hanno
un accesso garantito all'acqua e 2 miliardi sono privi di rifornimento
adeguato. La crescita demografica (8 miliardi di uomini nel 2025) aumenterà
la domanda in acqua del 17% per l'irrigazione, del 20% per l'industria
e del 70% per gli usi domestici.
Ora, l'acqua è limitata naturalmente, il 97,5% delle acque
del pianeta sono salate e solo un'infima frazione di acqua dolce è effettivamente
captabile.
Lo spreco, l'inquinamento, la deforestazione e la degradazione
dei suoli hanno già compromesso questa risorsa o provocato degli abbassamenti
delle falde. Nuovi prelevamenti potrebbero rivelarsi intollerabili per
l'ambiente.
Per far fronte a questa situazione, la Commissione chiede
l'applicazione del principio secondo cui chi più inquina più paga e
la fatturazione del servizio idrico a prezzo di costo.
Saranno necessari investimenti annui per 180 miliardi di
USD che dovranno venire quasi interamente dal settore privato. Lo Stato
dedicherà le sue risorse alla regolamentazione globale, alla protezione
dell'ambiente e alle sovvenzioni dirette per gli utenti più bisognosi.
La Commissione sottolinea la necessità di una "gestione integrata"
dell'acqua al livello del bacino idrografico: Bisogna tenere conto di
tutti i bisogni dell'uomo e dell'ambiente e gli utenti devono partecipare
alle decisioni in un "Parlamento dell'acqua".
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