(di Dina Darwich e Dalia Gabr in "Al-Ahram Hebdo", 29/11/2000) In occasione del Ramadan, il ministero dei Waqfs (Beni religiosi) annuncerà la prima promozione di 55 predicatrici che potranno rispondere alle domande dei fedeli. "Ho deciso di venire qua per partecipare ai corsi di predicazione (daawa) e per insegnare in seguito la religione con anima e coscienza e in tutta serenità, a casa o nelle moschee.", confida Hala, 38 anni, diplomata della facoltà di scienze. Hala, che prega spesso in una moschea di Heliopolis, ha deciso di evitare l'esperienza amara di una sua collega, la sceicca Cherine, la quale, avendo emanato una fatwa (decreto islamico) erronea, si era attirata le dure critiche da parte dei Beni religiosi e della rivista "Rose al-Youssef", che la hanno accusata di far parte della schiera degli impostori che emanano fatwe senza avere le competenze del vero predicatore. Oggi, sceicco Hala fa parte di una ventina di donne che partecipano regolarmente ai corsi di religione presso la moschea di Al-Nour d'Abbassiya con lo scopo d'ottenere un diploma riconosciuto dal ministero dei Waqfs, ma soprattutto una licenza che le permetterà di praticare la predica. In effetti, dopo gli anni '70, la predicazione non è più monopolio delle istituzioni religiose. Chiunque può autonominarsi predicatore e occupare un angolo della moschea e rispondere alle preoccupazioni religiose dei fedeli. L'iniziativa del ministero di offrire corsi gratuiti a coloro i quali lo desiderano ha dunque per scopo di mettere fine all'anarchia della predicazione. La formazione dura due anni, ma non da ai diplomati il diritto di emettere nuove fatwe. Il loro ruolo si limita a citare fatwe già esistenti e a guidare i fedeli nei sentieri impervi delle regole religiose. Il ministero non garantisce l'assunzione in organico di questi predicatori. Alla moschea Al-Nour, c'è una sola classe per gli studenti che partecipano alle lezioni. Gli studenti sono separati da un ampio corridoio: un lato per le donne e un altro per gli uomini. Una sola convinzione li unisce: essi credono fermamente che la predicazione è un arricchimento della conoscenza religiosa. E benché il velo non è fra le esigenze, si vedono solo donne velate o delle "monaqabets", ovvero donne dal viso interamente velato. Il silenzio regna nella sala. In questa prima seduta di conoscenza, si sente soltanto la voce del professore. Le donne che hanno delle domande da porre le inviano al professore, scritte su un foglio poiché molti dell'uditorio considerano la voce della donna come awra (peccato). "Qual è l'etica dei rapporti coniugali?", "Come la donna deve fare le sue abluzioni dopo le mestruazioni o l'atto sessuale?", domanda il professore di fiqh (diritto islamico). Le risposte saranno date sotto forma di versetti del Corano o di "hadith" (detti), le due fonti principali della "charia" (legge islamica). La discussione si avvia, alcuni toccheranno perfino i dettagli della vita coniugale. Benché il dibattito tocca argomenti brucianti, l'uditorio si mostra molto conservatore. "La società ha veramente bisogno di una sceicca per rispondere alle domande direttamente legate alla donna: mestruazioni, vita sessuale, abluzioni, parto, gravidanza, allattamento, etc. Argomenti che la donna non osa affrontare con un uomo", dice Saiwa, un'altra studentessa che preferisce assistere soltanto in presenza di donne, per evitare imbarazzi. Essa continua affermando che il profeta stesso rispondeva alle domande relative alle donne per il tramite della sua donna, Aicha. Saiwa ritiene che l'iniziativa di formare delle predicatrici capaci di trasmettere la giusta informazione religiosa sia un grande passo in avanti... Secondo lo sceicco Mohamad Zidane, vice ministro dei Waqfs e presidente dell'Amministrazione centrale per gli affari della predicazione, l'abbondanza delle domande, il desiderio di ottenere un'informazione giusta e l'intervento di molti impostori nel campo della fatwa, hanno reso urgente la necessità di mettere fine a questa situazione. Una cosa è certa, la donna diviene un concorrente sempre più feroce dell'uomo nel campo della daawa. Così, i corsi di religione tenuti da donne, a domicilio, sono divenuti incontrollabili per il ministero. L'aspetto più pericoloso è che alcune fra loro non si preoccupano di documentarsi e conducono la gente nell'errore. Dunque, lo scopo è di formare i quadri adatti ad assumere questo ruolo e a ricorrere a buone referenze e a sensibilizzare la gente del pericolo che li minaccia. Per raggiungere questo obiettivo, il ministero ha realizzato un programma di formazione approvato dai grandi Ulema di Al-Azhar, dal ministero e da un' equipe di professori azhariti. ( torna su ) (in "El Moudjahid", 11/11/2000) La compagnia aerea Khalifa Airways ha avviato, a Oxford, un programma di formazione di piloti di linea. La scuola inglese accoglierà, molto presto, giovani algerini per un corso di formazione in pilotaggio di aerei. Fra i 225 candidati selezionati in tutto il paese dalla compagnia aerea, figurano 50 ragazze di età inferiore ai 21 anni. D'altronde, nelle previsioni della compagnia vi sono altri cicli formativi, in particolare un progetto di formazione di 1.000 piloti. ( torna su ) LA LINGUA ARABA CONTIENE 30 MILIONI DI PAROLE (in "El Moudjahid", 11/11/2000) Diverse lingue straniere contengono parole d'origine araba. Si scopre così che nella lingua spagnola ve ne sono 1500, in quella inglese 300, in quella tedesca 250 e in quella francese 100. In percentuale si registrano il 65% delle parole arabe nella lingua turca e il 60% nella lingua persiana. La lingua araba contiene 30 milioni (sic! n.d.t.) di parole, il francese 40.000, l'inglese 50.000 e il giapponese 3000 parole. La Siria è il solo paese arabo che ha arabizzato al 100% l'amministrazione, l'insegnamento e la medicina. ( torna su ) ISLAM E MUSULMANI, VITTIME DELL'ISLAMISMO POLITICO (Sidi Saddek Ait Allouane in "La Tribune", 27/11/2000) Nel 1970, su un muro della moschea ospitata all'ultimo piano della scuola nazionale superiore di Algeri, si potevano leggere questi graffiti: "Dio è morto, firmato Nietzsche" e più sotto "Nietzsche è morto, firmato Allah." Questo è ancora il contrasto nella situazione attuale. Da un lato, una città sempre più secolarizzata, che reagisce all'islamismo e manifestamente atea, velleitaria. Dall'altra, un potente appello allo spirituale, anche il più torbido; non un ritorno, a Dio, all'islam autentico, portatore di progresso e di libertà, ma a una concezione meschina del divino Corano e del rito musulmano, basata sul fanatismo e l'integrismo, ovvero sul terrorismo. Due nomi hanno fatto la prima pagina dei giornali occidentali verso la fine dell'anno 2000: Giovanni Paolo II e Khomeiny. Quest'ultimo ha occupato un tale spazio che due riviste assai diverse come "Le Point" e "Le nouvel Observateur", andando indietro nel tempo, hanno dato al profeta Mohamed (che la salvezza sia su di lui), la prima il titolo di "uomo dell'anno" e la seconda quella dell "uomo del decennio". E' la prima volta che degli scritti occidentali fanno l'elogio di un uomo politico islamico ignorando la distanza che separa la religione-potere temporale e la religione-potere spirituale. L'una, in effetti, intende regnare sullo Stato e per lo Stato, mentre l'altra vuole regnare soltanto sulle anime. Ne esiste una terza che è semplicemente "la religione di Stato". L'Islam al potere o potere dell'Islam o ancora l'Islam del potere, ecco il nostro problema. I paesi musulmani hanno sempre conosciuto dei poteri distinti o misti: il potere politico e il potere religioso. Nei fatti, le società musulmane hanno talvolta distinto il sacro dal profano. Nella realtà storica e dopo la morte del profeta, le relazioni fra i due poteri sono stati sempre difficili. Talvolta l'Islam-religione ha dominato lo Stato, talvolta lo Stato si è servito dell'Islam-religione. In un caso come nell'altro, la società musulmana e la persona umana hanno corso lo steso pericolo: l'intolleranza. Soltanto nel corso dei rari periodi in cui il centro del potere ha fatto questa distinzione (fra sacro e profano) le società musulmane hanno conosciuto progressi enormi di umanesimo e di sviluppo (caso dell'Andalusia musulmana, per esempio) Ma che cosa è l'Islam? L'Islam è una delle più grandi religioni del mondo con più di 800 milioni di fedeli, di cui 500 in Asia (Indonesia, India, Pakistan.), e il resto in Africa, nel Vicino e nel Medio Oriente, in Europa e in America. Per l'Islam tutto viene da Dio, causa prima di tutto. Tutto passa per Dio e tutto appartiene a Dio. A questo assolutismo, che fa la forza dell'Islam, si aggiunge la sua estrema semplicità: Dio è unico e Maometto è il Suo profeta. Questa semplicità religiosa dell'Islam, più versata sulla vita che sul rito, ha fatto dire a certi autori occidentali, come Massignon, che l'Islam è una "teocrazia laica". Poiché la vita del musulmano è interamente libera: nessun divieto fondamentale, niente Chiesa, niente clero.orientamento verso il libero arbitrio e l'esegesi. La distinzione fra sacro e profano, poi del politico e dello spirituale, all'interno di questa concezione, è stata molto più facilmente vissuta nei diversi periodi della civiltà arabo-musulmana. Una distinzione riformista, aperta sull'evoluzione e il progresso. sullo spirito ante litteram, grazie all'esegesi. E' nello stesso principio che dalla seconda metà del XIX secolo appare un movimento riformista dell'islam orientato verso l'apertura, la tolleranza e l'umanesimo. Questo movimento, che reagiva contro il declino dell'islam, si è rafforzato nel XX secolo grazie a una netta avanzata dei precetti "laici" e della filosofia del libero arbitrio dell'islam in America e nell'Europa in generale, in particolare nell'Europa dell'Est. Per combattere il movimento riformista, fu programmata la nascita di un movimento integrista, di un "fascismo arcaico", concepito negli uffici londinesi e nato in Egitto nel 1927, quello dei Fratelli Musulmani che tentarono di assassinare Nasser nel 1954. Dall'Egitto, il movimento si è propagato in tutto il mondo all'ovest nel Maghreb, ad est in Turchia, in Iran, in Indonesia e attualmente nelle Repubbliche musulmane dell'ex URSS. Bisognava a tutti i costi opporre al risveglio dell'Islam un integrismo fondamentalista, duro e militante, che invoca un ritorno alle origini di tipo oscurantista. E' questa la miscela attuale di questo risveglio e di questo integralismo che esplode in numerosi paesi musulmani provocando genocidi, ecatombi e distruzioni di parti intere di civiltà e di nazioni. Facilmente strumentalizzabile, il fanatismo religioso diviene d'altronde un mezzo privilegiato di sovversione e di destabilizzazione delle nazioni musulmane, molto appetibili per le loro materie prime come il gas e il petrolio (e questa è un'altra storia). In effetti, ciò che la religione esercita sulle coscienze è molto più di un potere negativo di costrizione morale: un potere positivo di trascinamento collettivo, di superamento di se, di dono di se a un assoluto insuperabile. Fanatizzata, messaggera del sacro, la religione in questo appello al sacrificio, essa raddoppia la speranza nell'aldilà, negli assoluti terrestri che sono le religioni secolari dell'onore, della città, del culto degli ancestri. E quando un popolo intero si trova preso da questa febbre, fanatizzato da un uomo o da uomini, che voci lontane circondano di un alone di mito, allora nessun polizia, esercito può stroncare questa frenesia collettiva. Ed è l'apocalisse, il dramma nazionale, la distruzione di una nazione che può in qualche giorno regredire di un secolo o più. Nello stesso tempo, è tutta la credibilità dottrinaria, intelligente e umanista dell'Islam che è messa in dubbio, sospettata, riesaminata. Ecco dove ci ha condotto la dialettica dell'islam e del potere. Dove l'islam domina il potere è l'intolleranza e l'integrismo, l'islam militante; dove il potere domina l'islam è la strumentalizzazione dell'islam che provoca una reazione ancora integrista dell'islam. L'unica soluzione è evidentemente la separazione "geniale" dei due. La politica della città deve separarsi dalla religione. Tanto è vero che la parola liberatrice non ha ancora esaurito le sue virtù: si, rendiamo allo Stato la sua città politica, secolare e tecnica e rendiamo così all'islam ciò che appartiene all'islam-religione, liberandolo dall'islam politico. ( torna su ) UN MUSICISTA SICILIANO A PARIGI (in "L'Orient-Le jour", 25/11/2000) Il compositore italiano Salvatore Sciarrino, musicista-vedette del 29° Festival d'Autunno di Parigi con cinque opere in concorso, ha spiegato ai giornalisti la sua mistica della vita e della musica. Siciliano prima di essere italiano, egli ha assorbito la cultura multietnica di questa Isola "l'angolo più straordinario del mondo, al centro del Mediterraneo dove le presenze greche, arabe, normanne sono ancora viventi. La Sicilia per me è un canto nella solitudine" dice il musicista in una formula lapidaria che evoca le tonalità del canto greco, e anche arabo, nel silenzio che egli ha fatto suo, come mistica della vita e del lavoro. "Io sono un musicista del silenzio come Luigi Nono e altri", afferma Sciarrino, 53 anni, che compone musica dall'età di 12 anni. A Parigi ha presentato varie opere che sono trascrizioni, rielaborate, di compositori barocchi (Carlo Gesualdo, Giacinto Andrea Cicognini, Claude Le Jeune)... Salvatore Sciarrino non nega che è difficile trovare il pubblico per questo tipo di musica, ma per lui "ascoltare delle cose difficili è come aprirsi lo spirito". La musica, il teatro, la tragedia sono per Sciarrino una maniera di vivere e di sapere riconoscere le gioie della vita dell'uomo moderno. Il 4 dicembre, presenterà un'opera (Infinito Nero) ispirata agli scritti di una santa, Maria Maddalena de Pazzi "un'anoressica come tutti i santi e dunque una visionaria. E' questa patologia e questa follia che possono dare un senso e valore alla nostra vita quotidiana. Dopo avere assistito a una tragedia, si comprende la gioia della nostra vita e si ritorna a sorridere", spiega ancora Sciarrino. ( torna su ) RESTAURO DEL CONVENTO PIU' ANTICO D'EGITTO (in "L'Orient-Le Jour" ) Il ministro egiziano della cultura ha annunciato domenica l'inizio dei lavori di restauro del più antico convento d'Egitto, quello di Sant'Antonio, fondatore del monachesimo. "Il convento edificato sui fianchi della montagna Al-Galala nella regione di Zaafarana sul mar Rosso (260 km a sud-est del Cairo), racchiude la grotta dove è nato il modello di vita monacale" ha dichiarato il ministro Farouk Hosni, "è da questa grotta che sant'Antonio diffuse per il mondo i principi della vita monacale". I lavori costeranno 5 milioni di dollari. Il presidente del Consiglio superiore delle antichità egiziane ha spiegato che il convento ha attraversato diverse fasi. Nel III secolo dopo Cristo, Sant'Antonio si ritira nella grotta, nel XIII secolo sono stati costruiti altri corpi del convento che consistono in 4 chiese, una fattoria e una piccola fortezza per proteggere i monaci dagli attacchi cui erano esposti". Il convento custodisce delle preziose icone del XIII secolo rimaste intatte fino ad oggi. La biblioteca del convento è considerata come una delle più ricche in manoscritti copti, alcuni dei quali risalgono al III secolo dopo Cristo. ( torna su ) GIORDANIA: SCOPERTO L'INSETTO PIU ANTICO DEL MONDO? (in "Al -Rai", 23/11/2000) Un ricercatore giordano ha affermato di avere scoperto, recentemente a nord di Amman, il più antico insetto del mondo dentro un pezzettino d'ambra. L'età dell'insetto, una vespa quasi intatta, è stimata in 135 milioni di anni, il che significa che l'insetto ha vissuto all'epoca dei dinosauri, ha detto il ricercatore Abbas Haddadine. Secondo alcuni scienziati, questa importantissima scoperta potrà permettere di ottenere più informazioni sul "più antico DNA del mondo grazie a questo insetto e anche sullo sviluppo della famiglia delle vespe"... ( torna su ) IN CRISI L'ARTE DELLA CALLIGRAFIA ARABA (in "Al-Ahram Hebdo", 29/11/2000) La calligrafia come la miniatura del Corano sono passate di moda e sono sparite dalla vita quotidiana. La constatazione è grave, ma è reale. Non per mancanza di religiosità, ma soprattutto per generalismo dell'industria della stampa e dei metodi moderni di riproduzione. Ciò almeno è quanto affermano due dei più grandi calligrafi, Emad Mohamad Ibrahim e Mounir Chaarani. Per loro, la calligrafia non fa più parte del quotidiano e si rifugiata nel campo dell'arte. Essa è limitata alle esposizioni, e i calligrafi hanno uno statuto certamente elevato di artisti, ma perdono prima o poi il contatto con la strada. Altri calligrafi si limitano ai prodotti artigianali destinati in particolare ai turisti. Delle belle forme di un tempo, non resta che poca cosa. Oggi, tutte le invenzioni e le derivazioni della calligrafia si riducono a sette forme di scrittura. Forme talmente fisse che la stampa e l'informatica le hanno irrigidite e, pertanto, costituiscono una vera minaccia per l'arte della calligrafia. Le forme sono ormai invariate e non danno la possibilità ai calligrafi moderni d'inventarne delle nuove. Pertanto, la civiltà islamica ha fatto nel corso della sua lunga storia un uso sistematico dell'epigrafia decorativa. In effetti, il Corano è la parola di Dio, da qui il posto che occupano le iscrizioni. "La storia dell'evoluzione della calligrafia del Corano e del suo ornamento è strettamente legata alle condizioni economiche e politiche di ciascuna epoca, come all'ideologia religiosa di ciascuna dinastia" spiega Refaat Abdel-Azim, direttore del Museo islamico del Cairo e professore di arte islamica alla facoltà di archeologia dell'Università del Cairo. Le due scritture iniziali nella penisola araba durante i due primi secoli dell'egira erano il "naskh" usato nelle corrispondenze e l'antica lingua cufica derivata dall'antica lingua semitica. Questa lingua fu utilizzata nella registrazione dei primi esemplari del Corano "Questa lingua è praticamente illeggibile ai nostri giorni a causa dell'assenza di punti di flessione", afferma Emad Ibrahim. La mancanza di ornamenti e di colori sui primi esemplari del Corano si spiega col fatto " che i primi esemplari del Corano furono scritti su pelli di animali. Questa pelle assorbe i colori che spariscono con la scrittura", dice Abdel-Azim. Le prime evoluzioni della calligrafia e degli ornamenti sono apparsi col regno del califfo Haroun Al-Rachid perché è sotto il suo regno che gli arabi "hanno iniziato a fabbricare la carta e hanno, nello stesso tempo, realizzato taluni progressi nella chimica organica", dice Abdel-Azim. Le prime apparizioni delle forme decorative sono eredità dell'antica civiltà bizantina: l'acanto e la vite. Forme utilizzate spesso per delle scene religiose. Con il trasferimento del centro del califfato verso l'Iraq e la fondazione della dinastia abbasside, si apre un nuovo capitolo dell'evoluzione della calligrafia e dell'ornamento del Corano. Appare il "jazm", una nuova forma di calligrafia. Una forma avanzata dell'alfabeto nabateo che si caratterizza per i suoi angoli retti. Questa forma influenzerà in seguito la scrittura cufica, originaria di Koufa una piccola città dell'Iraq. Questa forma raggiungerà il suo apogeo sotto la dinastia abbasside "La questione d'inventare nuove forme di calligrafia e di ornamento per il Libro santo si spiega col fatto che è un omaggio reso dall'uomo al suo Creatore". Questa ideologia si afferma nelle decorazioni del Corano e delle moschee. L'artista si astiene dal disegnare figure umane o ogni forma di vita "Visto che solo Dio ha il diritto di creare forme umane per dotarle in seguito di un'anima", afferma Abdel-Azim. ( torna su ) DESERTO IL CASINO' PALESTINESE PREFERITO DAGLI ISRAELIANI (in "L'Orient-Le jour", 25/11/2000) In pieno deserto, vicino alla più antica città del mondo, Gerico, s'innalza "L'Oasis", luogo d'incontri palestinese, preferito dagli israeliani. Questo hotel-casinò è oggi in agonia, come i negoziati di pace. L'Oasis, dal 15 al 30% controllato da un fondo palestinese e dal presidente Arafat, per una decina di volte, nelle ultime otto settimane, è stato fatto segno dei tiri dell'esercito israeliano. Colpi d'obice e di proiettili sui muri di colore crema dell'edificio testimoniano i tiri israeliani provenienti dal posto di guardia, a difesa di una colonia ebraica installata su una duna a 1 km di distanza. Il direttore austriaco di questo complesso alberghiero, Alexander Tucek, afferma che i danni ammontano a più di mezzo milione di dollari, senza contare le perdite causate da oltre 1 mese di chiusura del complesso. L'Oasis, solo casinò d'Israele e dei territori palestinesi, attira ogni sera 2.500 giocatori, in gran parte israeliani. Le case di gioco sono vietate in Israele e i palestinesi non hanno il diritto di entrare nel casinò di Gerico, in quanto l'Islam proibisce il gioco d'azzardo. Se la maggioranza degli israeliani evitano i territori palestinesi, il casinò di Gerico era l'eccezione, gli israeliani venivano a giocare e i palestinesi ne hanno raccolto i benefici... Dopo gli scontri, l'Oasis, che impiega 2500 palestinesi a tempo pieno e altri 2000 a tempo parziale, è vuoto, sono rimasti soltanto gli agenti della sicurezza. Secondo un portavoce militare israeliano, i palestinesi tirano quasi ogni sera dalle camere dell'hotel sulla vicina colonia di Vered Yeriho. Un alto responsabile dei servizi di sicurezza del casinò, che ha chiesto di mantenere l'anonimato, nega queste accuse. L'Oasis, inaugurato nel settembre 1998, è la principale fonte di guadagno dell'Autorità palestinese, che nel complesso detiene azioni per 60 milioni di dollari. Anche se i redditi dell'Autorità palestinese nel complesso non sono stati resi pubblici, l'Oasis è il più grosso investimento di un fondo di 354 milioni di dollari, diretto da m. Arafat e la cui esistenza è stata svelata dalla direzione palestinese soltanto in luglio. L'Oasis è gestito da Casinos Austria International: un consorzio di banche austriache e d'investitori privati che detengono quote importanti. Secondo m. Tucek, il casinò riaprirà le sue porte quando l'esercito israeliano permetterà di nuovo agli israeliani di entrare nei territori palestinesi. Per il momento, le scommesse sono ferme.in attesa che cessino gli scontri in Israele e nei territori palestinesi. ( torna su ) TRIONFALE RITORNO DI CHEB KHALED IN ALGERIA (in "Revue du Liban", 25/11/2000) Il cantante algerino Cheb Khaled, meglio noto come il "re del rai", ha dato il suo primo concerto nel suo paese natale, dopo 14 anni di assenza, davanti a un pubblico di circa 100 mila persone, in maggioranza giovani e ragazze in tenuta sportiva e specificatamente occidentale, che hanno riempito lo stadio Harcha di Algeri per danzare e divertirsi per tre ore. Khaled, nativo di Orano, ha iniziato da giovane la sua carriera di cantante, è partito nel 1986 per la Francia, si naturalizza francese e vive attualmente a Parigi. Lui, come i suoi colleghi della musica "rai", sono stati oggetto di persecuzione da parte del FIS, formazione islamista algerina, che lo aveva costretto all'espatrio... Cheb Khaled è ritornato in Algeria nel 1999, in occasione di un processo relativo ad un affare di diritti d'autore. Alla morte di suo padre, la sua famiglia lo consiglia di non assistere ai funerali per ragioni di sicurezza! Sembra che prima di dare il suo concerto di Algeri, Khaled abbia dichiarato che questo sarà un test per un eventuale tour nel paese. L'azione terroristica islamista non si è indebolita in Algeria, lo provano le numerose vittime che cadono ogni giorno, a dispetto del programma di amnistia varato dal presidente Bouteflika, a seguito del quale numerosi militanti islamisti avrebbero deposto le armi. ( torna su ) L'ISLAM SPIEGATO AGLI ITALIANI (in "Le Matin du Sahara", 24/11/2000) E' raro che uno spettacolo prodotto da artisti dei paesi della riva sud del Mediterraneo trovi eco e buona stampa in Italia. La società è poco cosmopolita e raramente s'interessa alla cultura e alle arti dei paesi di una religione e di tradizioni diverse dalle sue. Non è questo, per fortuna, il caso di una piece teatrale, messa in scena dal tunisino Mohamed Cherif e intitolata "il Corano". Una scommessa difficile poiché, non soltanto mette in gioco attori arabi, sconosciuti al pubblico, a fianco dei loro colleghi italiani, ma solleva il tema dell'Islam, una questione assai sensibile in un paese molto cristiano. Il Corano, la piece di Cherif, è riuscito là dove tutti i centri e le associazioni musulmane in Italia hanno fallito: spiegare il messaggio di giustizia e di pace di questo libro Santo. A leggere i commenti della critica e costatando l'affluenza poco abituale di un pubblico avvertito nel prestigioso teatro di Roma, la scommessa sembra vinta. La piece, che ha per sola decorazione la Kaaba e alcuni giochi di luce, è stata scritta sulla base di versetti del Corano, declamati in arabo, e di taluni passaggi di opere letterarie di scrittori come Koltes, Pasolini e Genet. "L'idea è nata durante una discussione con l'ex direttore del teatro di Roma che mi aveva chiesto di pensare ad un lavoro da presentare in occasione del Giubileo dell'anno 2000"- ricorda all'agenzia MAP Mohamed Cherif, un quarantenne di talento, stabilitosi in Italia da circa vent'anni durante i quali ha conseguito il diploma dell'Accademia nazionale di arte drammatica. "Quando discuto di Islam con gli italiani io pongo sempre la stessa domanda: hai letto il Corano? La risposta è sempre la stessa: no". Cherif si renderà conto che la cattiva traduzione del libro santo ne è la principale causa. Il regista, con l'aiuto di una poetessa italiana, tradurrà le sure che saranno la trama di fondo de "Il Corano". Cherif ha optato per il discorso allusivo per cercare di fare comprendere al pubblico italiano qualche aspetto del messaggio coranico. "io non parto dall'idea del missionario, io voglio semplicemente riavvicinare le genti di una religione diversa dalla loro, che s'ispira agli stessi ideali del bene, della giustizia e dell'uguaglianza.Ho scelto un approccio indiretto poiché gli occidentali non accettano né le nostre facce né il nostro modo di parlare". Dopo Roma, la piece sarà data a Palermo, capitale della Sicilia che ha vissuto per circa due secoli (9° e 10°) all'ora dell'Islam e ha conosciuto durante questo periodo una brillante civiltà grazie alla fioritura dei commerci, dell'agricoltura e delle scienze come convengono gli storici. ( torna su ) |
Numeri
9 e 10 |
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