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( POLITICA )

  1. Israele, elezione del Presidente:
    gli ultraortodossi garantiranno la vittoria di Peres
  2. "Purghe" di Bachar Assad nell'esercito siriano

Assad e Moubarak: azione comune

(in "Revue du Liban" del 19/5/2000)

A seguito della riunione di Palmyra, nel deserto siriano, dei ministri degli esteri di Siria, Egitto e Arabia Saudita, si attendeva lo svolgimento di un summit tripartito, che dovrebbe essere seguito da un altro allargato, per passare in rivista gli sviluppi della congiuntura regionale e per affrontare le macchinazioni dello Stato ebraico, fra cui il piano di ritiro (dal Libano sud n.d.r.) che suscita dubbi a causa delle ambiguità di coloro che lo hanno elaborato.

Il summit ha avuto luogo al Cairo ed è stato bipartito, soltanto i presidenti Moubarak e Assad vi hanno preso parte. S'ignora la ragione per la quale il principe ereditario dell'Arabia saudita non si è unito a loro, così come certi dispacci di agenzia lasciavano prevedere.

Comunque sia, Damasco, Il Cairo e Gedda agiscono in perfetto accordo e i capi delle loro diplomazie hanno dovuto certamente elaborare la strategia delle azioni da intraprendere nella fase attuale, per sventare i piani del nemico comune.

Il Consiglio della Lega araba ha invitato i Paesi membri "a sospendere ogni tentativo di normalizzazione delle relazioni con l'entità sionista, fino a quando sia regolato il conflitto medio-orientale". Di più, è stato chiesto di non partecipare più alle trattative multilaterali dove sono dibattute questioni assai importanti quali i problemi dei rifugiati, dell'acqua, del disarmo, etc.

I presidente Assad e Moubarak hanno abbondato in questo senso. Molto di più, essi hanno accusato- ciò è naturale- lo Stato ebraico di sabotare la pace e gli hanno addossato l'intera responsabilità del suo blocco.

I due ministri degli esteri Farouk Chareh (siriano) e Abu Moussa (egiziano), nel corso della conferenza stampa che hanno tenuto a conclusione del vertice del Cairo - al posto dei due Presidenti - hanno affermato che "Israele fugge le scadenze della pace", e  che " non farà uno sforzo serio per rilanciare il processo di pace, almeno in un futuro prevedibile".

E' noto che questo rilancio è sempre meno probabile e che bisognerà attendere la fine delle elezioni presidenziali americane, previste per novembre, per sperare di poter fare uscire i negoziati dall'impasse e per ottenere una pace giusta e globale nella regione.

I due ministri degli esteri hanno rivelato, nella stesa occasione, l'accettazione da parte dei loro capi di Stato della proposta di convocazione al Cairo, nel corso della prima settimana di giugno, di una Conferenza dei ministri degli esteri dei Paesi firmatari della "Dichiarazione di Damasco", e precisamente, i 6 Stati membri del Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG), più Siria ed Egitto.

Questi paesi avevano previsto una cooperazione multiforme fra loro, ma fino ad oggi non si è concretizzata. Il momento è venuto per rivedersi al fine di fare fronte comune contro Israele che trae  un'evidente profitto dai dissensi interarabi.

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Il ritiro israeliano dal sud del Libano

Dobbiamo constatare che il ritiro della forza di occupazione israeliana e la fuga disordinata della milizia libanese filo-israeliana dal sud del Libano,sta creando più problemi di quanti ne creava l'occupazione. C'è da convenire con Ignacio Ramonet (Le Monde Diplomatique, giugno 2000) che Barak "ritirandosi, senza l'accordo di Damasco,dal sud del Libano persegue tre obiettivi. Da un nuovo pegno alla comunità internazionale del suo desiderio di pace. Toglie a Damasco un ruolo politico prestigioso, quello di protettore di Hezbollah, alleati dell'Iran.e infine espone alla luce del sole"l'altra occupazione" del paese del Cedro, quella della Siria che vi mantiene 35.000 soldati."

La leadership libanese oltre a dover tenere conto dei pesanti condizionamenti derivanti dal contesto regionale e internazionale, dovrà far fronte a una serie di problemi interni, quali: il ruolo politico di Hezbollah, presentato come forza di resistenza nazionale e liberatrice del Libano del sud; la presenza di gruppi armati della resistenza palestinese acquartierati presso i campi profughi;per non dire della molto più ingombrante presenza militare siriana.

Il territorio libanese ritorna sotto la piena sovranità del governo di Beirut, tuttavia restano aperte alcune questioni politiche che attengono al ripristino dell'autorità del governo e dell'esercito libanesi sull'intero territorio nazionale, a cominciare dal sud liberato, a garanzia della convivenza interconfessionale su cui si basa la Costituzione e la società libanese.

Nel seguente articolo (in "L'Orient- Le jour" del 30/5/2000) vengono riportate le preoccupazioni della popolazione cristiana del Libano del sud di fronte al dilagare delle milizie sciite di Hezbollah.

La vicenda è alquanto scottante se, nei giorni scorsi, una delegazione del Consiglio Superiore Sciita, guidata dall'imam Mohamed Mahdi Chamseddine, è corsa in Vaticano per rassicurare direttamente Giovanni Paolo II "sulla complementarietà dei musulmani e dei cristiani.affinchè il ritiro israeliano non abbia alcuna incidenza sulla coesistenza islamo-cristiana al Sud.dove lo Stato libanese deve gestire i rapporti fra i cittadini."

Ma non sembra che le assicurazioni dell'imam al Papa abbiamo tranquillizzato del tutto la comunità cristiana del Libano del sud (a.s.).

A dispetto delle assicurazioni fornite in pubblico e in privato da tutte le parti, un vuoto minaccioso sul piano della sicurezza continua a prevalere nel Sud del Libano, dove la popolazione cristiana, a torto o a ragione, vive sulla difensiva.

Questa popolazione continua a sperare in un dispiegamento dell'esercito (regolare n.d.r.).affermano varie organizzazioni cristiane i cui rappresentanti si sono recati sul posto.

Preservare la coesistenza, evitare che il tessuto sociale islamo-cristiano possa lacerarsi, sono un imperativo prioritario.Il dispiegamento dei gendarmi non è stato sufficiente a calmare gli spiriti. Soltanto l'esercito è capace di rassicurare una popolazione che ha troppo spesso constatato come, alla lunga, le forze di sicurezza interna, demotivate, sono state sempre in posizione d'inferiorità rispetto alle milizie.

La presenza dell'esercito è molto più necessaria, affermano queste fonti, di fronte alle dichiarazioni imprudenti, male interpretate o abilmente sfruttate, fatte dai responsabili della Resistenza islamica, prima dell'evacuazione dell'armata israeliana.

Percepiti come minacce, questi propositi sono stati all'origine dell'esodo di molti libanesi che, pertanto, non avevano alcun rapporto con l'esercito israeliano.

Malgrado tutte le dichiarazioni ufficiali, la popolazione ha fiducia soltanto nel Capo dello Stato e nell'esercito, molto meno nelle assicurazioni del capo del governo o nelle proposte pacificatrici di Hezbollah. Nell'attesa, appelli sono pervenuti al patriarca maronita e messaggi stanno per essere inviati al Papa, al quale si chiede d'inviare un delegato sul posto.

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Israele, elezione del Presidente:
gli ultraortodossi garantiranno la vittoria di Peres

La prossima elezione del nuovo Presidente dello Stato d'Israele, in sostituzione di Ezer Weizman dimessosi perchè accusato di corruzione, vede di fronte due candidature: quella del Premio Nobel per la Pace, Simon Peres, avanzata dal primo ministro Barak per conto del partito laburista e quella Moshè Katsav in rappresentanza dello schieramento conservatore all'opposizione.

Come si è verificato in occasione della formazione del governo Barak, anche per questa elezione saranno i partiti religiosi, alcuni ultraortodossi, a decidere l'esito del confronto in Parlamento.

In questo articolo, pubblicato in "Haaretz" del 31/5/2000, Shakhar Ilan rileva le posizioni, le manovre e le pretese dei partiti religiosi in vista della elezione presidenziale. In bocca al lupo, Peres.! 

Da qui ad un mese, l'elezione di Simon Peres a prossimo Presidente dello Stato sembra assicurata. Oggi, i clamori e la disinformazione sono alle stelle e seminano dubbi. Tuttavia al fondo delle cose, i veri dati non sono cambiati. Peres gode del sostegno della grande maggioranza dei rabbini ultraortodossi.

La storia dei rapporti di Peres con gli ultraortodossi è segnata da delusioni inflittegli: la "sporca manovra" del marzo 1990, quando ha creduto di assicurarsi il potere con il loro aiuto, ma fallì; e nel 1996, quando essi garantirono la vittoria elettorale a Nethanyahou su Peres.

Quest'ultimo si lamenta di essere stato ricompensato solo raramente per la sua sollecitudine nei loro confronti. Ma questa volta, sembra che possa contare su di loro.

Può contare certamente sui 3 voti di "Agoudath Israel" - anche se 2 suffragi de "Deguel Hatorah" non sono affatto sicuri.

Certo, la grande maggioranza dei deputati e degli elettori del partito Shass sono partigiani di Moshè Katsav, per motivi molto chiari. Ma sarà impensabile che Yossef  inviti a votare per quest'ultimo.

C'è la possibilità di un voto frazionato, e soltanto 5 voti dello Shass garantiranno la vittoria totale a Peres. Ma è assai poco probabile, e i deputati seguiranno certamente le direttive del rabbino Yossef.

Tutto ciò non vuol dire che la competizione sarà al riparo di strane considerazioni. Peres, per esempio, desidera molto che il conflitto Shass-Meretz sia alla fine regolato il giorno dello scrutinio, per non servire da leva di pressione nelle mani dello Shass.

Gli ultraortodossi vogliono senza dubbio esigere l'avanzamento del progetto di legge sul "servizio militare differito" in favore degli allievi delle scuole rabbiniche.

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esercito"Purghe" di Bachar Assad nell'esercito siriano
( in "Yedyoth Aharonoth" del 30/5/2000 )

La "campagna di purghe" avviata da Bachar Assad, figlio del presidente siriano, per mettere a tacere le opposizioni alla sua scalata al potere, ora coinvolgono lo stesso esercito siriano.

Si è appreso ieri (lunedì), da una fonte diplomatica di alto rango, che sono in corso regolamenti di conti negli ambienti politici dirigenti di Damasco. Diversi personaggi che occupano posti elevati nella Difesa siriana sono stati destituiti: il capo del Servizio di Sicurezza generale Bachir Nadjar; il generale Mouhammad Haidar; e il capo delle Informazioni militari, Alì Douba.

Tutti avevano espresso le loro riserve rispetto alla prossima nomina di Bachar Assad a un posto dirigente nel partito "Baath".

Così, Douba verrà assegnato a residenza sorvegliata. Anche l'ex capo di stato maggiore generale, Hikmet Shihabi, anche lui sospettato di avere assunto una posizione critica, dovrà essere espulso definitivamente dal partito.

Si prevede la nomina di Bachar Assad a un posto dirigente nel corso del congresso del Baath, il 17 giugno prossimo. Nell'attesa, i regolamenti dei conti continuano nella gerarchia, sotto la copertura di una "campagna per l'eliminazione della corruzione", chiamata "operazione mani pulite".

Bachar ha creato a questo scopo una "polizia di repressione della corruzione", che ha denunciato un gran numero di alti dignitari del regime.

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Protesta libica contro gli Usa  per le accuse di terrorismo

(in "Revue du Liban" del 19/5/2000)

Il ministero libico degli Affari esteri ha qualificato come "illogico" il mantenimento della Libia nella lista redatta dal dipartimento di Stato americano dei paesi che sostengono il terrorismo.

"La posizione americana è abituale e illogica che non merita di essere commentata - ha protestato il ministero libico in un recente comunicato- il dipartimento di Stato sa perfettamente che la Libia non ha alcun rapporto con ciò che esso chiama terrorismo, essendo essa stessa vittima del terrorismo di Stato."

In un rapporto sul terrorismo internazionale nel 1999, pubblicato il 1° maggio, il Dipartimento di Stato mantiene sulla lista dei Paesi terroristi non soltanto la Libia, ma anche l'Iran, l'Iraq, la Siria e il Sudan.

Ndr. Questa lista dovrebbe comportare drastiche conseguenze nei rapporti fra gli USA e i Paesi accusati di favorire il terrorismo. .Ma, forse, nemmeno il presidente Clinton la prende sul serio visto che continua ad incontrare i più alti esponenti di un Paese inserito nella lista, come il presidente siriano Assad, con il quale l'ultimo incontro risale al 26 febbraio 2000, a Ginevra.

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Il Cairo - Ponte sul NiloEgitto: "congelata" l'attività del Labor Party e del giornale Al-Shab

(in "Africa News" del 24/5/2000)

L'Organizzazione egiziana per i diritti umani ha espresso la più dura condanna contro la decisione assunta, il 20 maggio scorso, dal "Comitato Politico dei Partiti" (organismo governativo che autorizza la formazione dei partiti politici in Egitto) di congelare le attività del Labor Party e di sospendere la pubblicazione del suo giornale "Al- Shab".

Il Comitato, riferendosi all'art. 17 della legge sui partiti politici che autorizza le autorità a sospendere le attività dei partiti, comprese le pubblicazioni su carta stampata, ha bloccato gli atti di questo partito perché ritenuti contrari all'interesse nazionale...

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FEZ - MaroccoMarocco: la quadratura del cerchio socialista

( di Abdellatif Mansour in " Maroc-Hebdo International" del 26/5/2000)             

Pubblichiamo ampi stralci di questo articolo sulla situazione interna dell'Unione Socialista delle Forze Popolari, primo partito del Marocco, aderente all'Internazionale Socialista, al quale è stata affidata, per la prima volta nella storia del Regno, la responsabilità di guidare un governo di ampia concentrazione.

I socialisti cominciano a riascoltarsi. Avevano perduto questa abitudine dopo le ultime elezioni legislative del novembre 1997. Erano giunti ad accusarsi reciprocamente di avere falsificato lo scrutinio per fare eleggere qualcuno dei loro candidati con l'appoggio attivo del ministero dell'Interno.

Dopo la formazione del governo, nel marzo del 1998, il deficit di ascolto si è trasformato in pugilato verbale.Il primo partito del Paese era divenuto ingovernabile. L'USFP somigliava a un battello ubriaco che andava alla deriva. Youssoufi sembrava completamente slegato da una struttura, la sua, che doveva accompagnarlo in una esperienza governativa molto rischiosa.

Oggi, i socialisti cambiano rotta. Hanno deciso di non concentrarsi più contro un Esecutivo che non può dare ciò che non ha. E di concentrarsi sul partito. Perché questo clamoroso cambiamento?

Due fattori evidenti e decisivi spiegano questo soprassalto partigiano che somiglia a un istinto di sopravvivenza. Uno. C'era il pericolo in casa. Due. La prossima scadenza elettorale è fra due anni. Difficile prevedere, oggi, quale sarà l'esito delle elezioni legislative del 2002. Restano una grande incognita. Ma una cosa è certa: queste elezioni si terranno in un contesto doppiamente inedito. Un nuovo regno, con cambiamenti già intervenuti e altri che verranno, nella concezione dello Stato e nelle forme della sua implicazione politica. Un governo, durato un'intera legislatura, diretto dall'ex opposizione, a meno che non sia fermato.

Più un terzo dato. L'islamismo politico imboscato negli spiriti e perché no, domani, anche nelle urne...

Momento importante in vista di questa scadenza politica sarà il Congresso dell'USFP che dovrebbe tenersi nel mese di ottobre 2000. Di questo Congresso si parla da qualche anno. L'ultimo risale al 1989, il successivo doveva essere convocato dopo 3 anni.

E' noto che quando si prepara un congresso si comincia dalle conclusioni, cioè dagli obiettivi.dalla definizione delle grandi linee di condotta per il presente, durante e il dopo. Tre tappe che riassumono infatti tutta la pesantezza storica e tutti gli sforzi di mutazione attuale dell'USFP. Una struttura concepita, fondata e diretta per fare l'opposizione.

Dopo 40 anni di purgatorio, questa struttura si è trasformata improvvisamente in partito di governo. Bisognava farlo per l'interesse nazionale. Ma necessitava che l'apparato del partito seguisse. L'apparato non ha seguito. Per ragioni ereditate dal passato o presentatesi durante la gestione degli affari di governo.Risultato, si è approfondito il fossato fra un governo dominato dall'USFP e l'USFP stesso. Malgrado che a capo dell'Esecutivo ci fosse il suo primo Segretario, Abderrahmane

Youssoufi, il suo aggiunto Mohamed Elyazghi e un membro dell'ufficio politico e depositario di un portafoglio strategico, Fathallah Oaulalou, ministro dell'Economia e delle Finanze.

Più che mai, l'USFP è a metà del guado. Come uscirne?

I "quattro grandi" si sono incontrati a casa del Primo ministro a Rabat, sabato 13 maggio. Un pranzo molto politico che ha riunito Youssoufi, Elyazghi, Amaoui e Fkih Basri. In questo quartetto c'è l'eterna quadratura del cerchio socialista.

I quattro maggiorenti si sono messi d'accordo. L'ascia di guerra è stata sotterrata. Almeno fino al congresso. La pacificazione dell'USFP può dunque cominciare. Ne uscirà un partito moderno e aperto alla società? Un vero partito di governo?

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../../Algeria: oltre 1 milione di bambini costretti a lavorare

( di Salima Tlemcani in "El Watan" del 31/5/2000)

Sono 1.360.000 i bambini poveri, dai 6 ai 16 anni, a essere spinti al lavoro a causa della crisi economica e soprattutto dell'assenza di una politica di assistenza in favore di questa categoria della società. Questa realtà è stata rivelata da uno studio promosso dal ministero della Solidarietà, realizzato dal prof. Semmid, e finanziato dall'Unicef.

Per la prima volta, i poteri pubblici si sono interessati di un fenomeno estremamente pericoloso che si allarga sempre più e che rischia, a breve termine, di divenire irreparabile...

Questionari sono stati sottoposti a 537 bambini che lavorano, di età fra i 6 e i 17 anni e ripartiti su 8 wilayas del Paese. I risultati sono andati oltre la realtà del campo d'indagine. Poichè si sa che 1.365.000 bambini (fra i 6 e 17 anni) sono espulsi ogni anno dal sistema scolastico e vanno certamente a rinforzare questa frangia della società che, in assenza di un'adeguata assistenza, compromette l'avvenire del paese.

Lo studio ha rivelato che su 1.360.000 bambini costretti al lavoro, 760.000 sono ragazze e 600.000 ragazzi. Molti di queste bambine/ragazze provengono dagli ambienti rurali. Esse fanno le spese della crisi economica e della privatizzazione selvaggia delle imprese pubbliche.

E' stato precisato nello studio che il 28% di questi ragazzi hanno meno di 15 anni, e l'1,8% hanno un'età fra i 5 e 14 anni.Lo specialista ha tentato di spiegare questo grave flagello indagando sulla situazione sociale dei loro genitori. Ne viene fuori che 1 su 6 vive in un habitat precario e 15,4% fra loro sono orfani di padre o di madre. Si nota anche che la maggioranza di questi bambini hanno dei genitori sottopagati o disoccupati.

Le statistiche mostrano che il 52,1% provengono dalla campagna, mentre il 38,7% sono originari dai centri urbani. L'autore dello studio ha suonato il campanello di allarme raccomandando di sorvegliare da vicino questo fenomeno, di arricchire il sistema giuridico con le convenzioni internazionali di protezione dell'infanzia sottoscritte dall'Algeria.

Per rendere queste cifre meno allarmanti, l'autore ha fatto un'analisi comparativa con le statistiche di alcuni paesi che hanno lo stesso problema. Egli ha ricordato i dati proposti dal Bureau International du Travail (BIT) del 1996, secondo i quali 1,6% dei bambini lavorano in Algeria, l'11,2% in Egitto, il 34% in Guinea e il 51,4% in Malì.

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Numero 5 - maggio 2000

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