![]() Nei giorni 12 e 13 maggio u.s. si è svolto a Tunisi il 4° Summit Industriale Euro-Mediterraneo per fare il punto sul processo di partenariato industriale, avviatosi con gli accordi di Barcellona, sulle difficoltà e sulle opportunità esistenti in vista della creazione di una zona di libero scambio entro il 2010. Il convegno, di buon livello, è stato aperto da un intervento di Moncef Ben Abdallah, ministro tunisino dell'industria, e dalle relazioni di Hedi Dilani, presidente di UTICA (la Confederazione tunisina degli industriali), di Francois Périgot, presidente di MEDEF internazionale, e di Innocenzo Cipolletta, direttore generale della Confindustria. Su
questo importante incontro "Realites" del 18/5/2000 ha pubblicato un articolo
di Ridha Lahmar che ci sembra abbia colto nel segno taluni problemi emergenti
dal contesto delle relazioni euro-mediterranee. Il processo d'integrazione industriale Nord-Sud è al centro della creazione della zona di libero scambio preconizzata dalla Dichiarazione di Barcellona, avente per obiettivo la realizzazione di una zona di prosperità condivisa fra i 15 Paesi dell'Unione Europea e i 12 Paesi del Sud del Mediterraneo. Al di là delle strategie e dei programmi, abbiamo scelto di analizzare due aspetti concreti: i 4 assi fondamentali della cooperazione industriale e gli ostacoli alla promozione degli IDE nei paesi del sud mediterraneo. Il partenariato economico euro-mediterraneo deve affrontare due sfide maggiori: - la creazione di una zona di libero scambio equilibrata e attiva, che sia un vero catalizzatore per generare la crescita accelerata dei paesi del Sud; - provocare un flusso intenso d'investimenti diretti esteri (Ide) verso i paesi del Sud per compensare il deficit degli scambi commerciali. Ora, cosa sta succedendo nella realtà? Soltanto 4 accordi su 12 sono stati sottoscritti per il libero scambio in vista del 2008-2010, escludendo i prodotti agricoli, tanto che gli Ide non hanno fatto registrare un incremento significativo, con cui rispondere alle aspettative dei paesi del Sud che hanno accettato dei sacrifici: mancate entrate fiscali e di bilancio a causa dello smantellamento tariffario, senza contare i rischi corsi dall'apparato industriale e sociale causati dalla concorrenza dei prodotti importati nel confronto coi prodotti locali. Tutto ciò, mentre i problemi dell'occupazione, della crescita e della modernizzazione dei mezzi di produzione e delle infrastrutture attendono una soluzione urgente. La strategia dell'U.E. comporta quattro scelte di fondo. Si tratta di un insieme di misure concrete da assumere, sia da parte dei governi sia da parte delle organizzazioni di datori di lavoro, per una presa di coscienza e la responsabilizzazione in ordine ai problemi e alle sfide del futuro. Ma anche le riforme da fare per facilitare la creazione d'imprese, modificare la mentalità e i comportamenti di fronte al profitto, l'iniziativa privata, lo spirito d'impresa, il gusto per il rischio calcolato, il clima degli affari, per diversificare e favorire le soluzioni di finanziamento. L'impresa privata può essere favorita dalla privatizzazione delle imprese pubbliche, dagli incentivi fiscali, dall'emergere e dalla crescita del mercato finanziario, dal sostegno e dagli incoraggiamenti dello Stato in un quadro giuridico preciso. QUALITA' e INNOVAZIONE L'impresa industriale non può prosperare se non è connessa all'innovazione tecnologica e industriale e se non aderisce a un percorso di qualità permanente mediante il ricorso alla normalizzazione, alla certificazione alle norme, metrologia, etc. L'adozione di un sistema di qualità totale porta l'impresa industriale a rimettersi in causa in tutti i campi, a modernizzare le sue procedure e a controllare i suoi costi, a rinforzare il suo inquadramento e le sue risorse umane: la sua competitività si sentirà in modo sensibile. Spesso l'impresa del Sud deve rivedere la sua dimensione per avvicinarci ad una condizione ottimale, è a questo livello che il partenariato esterno è più efficiente. Mercato unico? La Commissione europea sta per varare un programma regionale "Il partenariato euro-med e il mercato unico", orientato in due direzioni: - l'informazione reciproca con la messa in rete delle organizzazioni del padronato; - la formazione: corsi, scambio di esperti e di studi fra le imprese. Si tratta di fare in modo che le imprese del Sud si adattino alle condizioni del mercato unico e familiarizzino con le regole e le procedure e traggano il miglior profitto dal partenariato. Le PMI, che costituiscono l'80% del tessuto imprenditoriale dei paesi del Sud, sono certe dinamiche e flessibili, vicine al mercato e alle esigenze della clientela ma non dispongono che di magre risorse finanziarie ed umane. E' questa l'opportunità dei paesi del Sud, in ragione della loro performance a livello dell'impiego e dell'export. QUALI OSTACOLI PER LA PROMOZIONE DEGLI IDE NEI PAESI DEL SUD? Partiamo da una desolante constatazione obiettiva: i 12 paesi del Sud del Mediterraneo hanno drenato soltanto il 5% degli investimenti privati emanati dagli investitori dei 15 paesi dell'U.E. Poca cosa, quasi irrisoria, in confronto agli obiettivi della creazione di una zona di libero scambio euro-mediterranea e grave rispetto alle ambizioni e alle attese dei paesi del Sud che sono delusi per questo risultato squilibrato in rapporto agli impegni reciproci. Perché? C'è che gli ostacoli persistono, oggettivi o soggettivi, sia a carico dei 15 paesi del Nord sia dei 12 paesi del Sud. Gli investitori stranieri sono innanzitutto attratti dalla taglia dei mercati quando decidono d'investire in una località extraterritoriale. Questo è il nodo primordiale: un'industria non può trovare il suo equilibrio logico e la sua redditività costante unicamente grazie all'esportazione, da qui la necessità per ogni unità industriale di smerciare sul posto almeno il 30%, se non di più, della sua produzione, il resto verrà destinato all'export. Ora i mercati dei paesi del Sud non sono considerati redditizi, nè in crescita rapida: popolazione poco numerosa, modesto potere d'acquisto. A meno che i paesi del Sud non creino rapidamente una zona di libero scambio Sud-Sud. In questo caso, si potrebbe creare una vera opportunità di allargamento dei mercati che potrebbe rappresentare una vera attrattiva nei confronti degli investitori del Nord. C'è ugualmente "il rischio del sistema socio-politico", cioè a dire la stabilità globale del paese nel quale s'investe, con la sua coerenza sociale, il suo clima degli affari, la sua crescita economica e i suoi equilibri finanziari. Non si può dire che tutti i paesi del Sud presentino la stessa stabilità e le stesse performances socio-economiche; c'è perciò la necessità, per certi paesi del Sud, di avviare riforme di struttura e azioni capaci di rendere il loro sito d'investimento più attraente per gli Ide. L'esistenza di un Codice degli investimenti con incentivi è molto richiesto e costituisce certamente una garanzia per l'attrattiva degli investimenti esteri con un effetto moltiplicatore per i vantaggi comparativi e gli esoneri fiscali. C'è tuttavia un fattore privilegiato nell'attrattiva o secondo i casi l'ostacolo agli Ide: queste sono le condizioni di produzione o di sfruttamento nei paesi di accoglienza che costituiscono una maglia molto sensibile del "canale del valore". Si tratta del grado di qualificazione della manodopera, della sua produttività, dei costi dei fattori di produzione, delle infrastrutture di trasporto, di telecomunicazioni, etc. I TRE OSTACOLI MAGGIORI Tuttavia, se gli ostacoli oggettivi sono sensibili e verificabili, e per conseguenza possono essere eliminati e divenire oggetto di una diagnosi e di un programma d'azione, gli ostacoli soggettivi sono più determinanti e più perniciosi da trattare, poiché poco visibili e poco percettibili a tutti. Innanzitutto, c'è il problema dello spirito e del metodo di applicazione delle disposizioni del Codice degli investimenti nei paesi del Sud. Si constata spesso, specie quando si verifica una concorrenza in rapporto alle industrie locali, molta agitazione amministrativa e di procedimento cartaceo, mentre gli investimenti totalmente esportatori beneficiano della sollecitudine dei poteri amministrativi. Al fine di accelerare l'afflusso degli investimenti stranieri, bisogna creare, al più alto punto, una o più specializzazione settoriale; per l'Asia del Sud-est gli investimenti sono stati focalizzati verso la nicchia della micro-elettronica, ciò ha fatto affluire i progetti industriali, creando un circolo virtuoso con integrazione crescente dei prodotti e sviluppo dell'indotto e articolazione con i centri di ricerca/sviluppo. Ora, nel Mediterraneo del Sud non è stata concertata nessuna strategia per la promozione di un dato settore, che resta a inventare e a strutturare. Ogni progetto industriale delocalizzato comporta dei costi supplementari che devono essere i meno alti possibili; si tratta dei trasporti, delle telecomunicazioni, delle formalità doganali, dei servizi finanziari, dei regolamenti dei contenziosi, delle relazioni con l'Amministrazione. Gli investitori esteri hanno bisogno di facilitazioni, di economia di tempo e di rapidità nelle formalità e nelle procedure, ma anche di trasparenza. E' essenziale, per focalizzare gli investimenti, che le disposizioni della legge (Codice degli investimenti) e le pratiche quotidiane e concrete coincidano. Ridha Lahmar BEIRUT: CONFERENZA SUI MERCATI DI CAPITALI ARABI ( Gerard De Hauteville in "Revue du Liban" del 19/5/2000) Diverse centinaia di operatori hanno assistito a questo 6° appuntamento annuale, divenuto indispensabile, poiché segna il barometro della situazione economica e finanziaria della regione. Unanimemente, i diversi oratori della cerimonia d'apertura hanno sviluppato il credo della modernizzazione, divenuta imperativa, dei mercati dei capitali arabi e delle economie della regione. Due le presenze significative: quella del Primo ministro egiziano e quella del vice- Primo ministro siriano per gli affari economici, il cui discorso ha chiaramente indicato la svolta avviata da Damasco verso la modernità. Sei oratori prestigiosi hanno preso la parola per inaugurare le giornate dedicate agli investimenti, ai capitali arabi e, in termini più generali, all'economia di un mondo che si cerca ancora. Raouf Abou Zaki, DG del gruppo organizzatore "Al-Iktissab wal- Aamal" ha aperto la conferenza, seguito da Farid Raphael, presidente dell'Associazione delle banche libanesi, Adnan Kassar, presidente della Camera di commercio internazionale, Riad Salamè, governatore della Banca del Libano, Khaled Raad, vice primo ministro siriano, Atef Obeid, Primo ministro egiziano e Selim Hoss, presidente del Consiglio libanese. Da parte sua, Adnan Kassar ha dato una visione chiara della globalizzazione e del posto che il mondo arabo deve occupare nei prossimi anni. Egli ha inoltre insistito sulla necessità di accelerare le operazioni di capitalizzazione al livello del mercato arabo, nel quadro di una legislazione appropriata e liberale, legata agli strumenti proposti dalle nuove tecnologie della comunicazione. L'esperienza libanese in materia deve essere diffusa nella regione, al fine di realizzare un vero mercato dei capitali arabi che devono avere, non soltanto un ruolo nel mondo globalizzato, ma una piazza di scelta. .. Il primo ministro egiziano, ha lungamente illustrato l'esperienza dell'Egitto nella transizione da un'economia statalizzata, classica nel mondo arabo, a un'economia di mercato. Questa evoluzione è nata da una utopia: quella di uno sviluppo socio-economico perfettamente equilibrato. Questa transizione è fortemente legata a un'attrazione dei capitali stranieri- ha detto il signor Obeid- ma questo cambiamento deve essere minuziosamente preparato e i costi del "denaro fresco" particolarmente valutati. Il responsabile egiziano ha anche ricordato come sia importante potere filtrare i capitali d'investimento durevoli da quelli speculativi e attratti da profitti a breve termine. "E' molto importante in questo percorso la realizzazione di una infrastruttura stabile, pronta ad accogliere uno sviluppo durevole- ha dichiarato Obeid- al fine di drenare gli investimenti classici, tipo quelli effettuati dai capitalisti nel mondo industrializzato. La sicurezza e la pace nella regione, saranno certamente un fattore determinante nei prossimi mesi e io me lo auguro ardentemente." Per il Presidente del Consiglio egiziano è importante che le economie arabe si avvicinino, nel loro modo di funzionamento,alle economie occidentali, per l'instaurazione di una trasparente corrente di affari. La confidenzialità araba potrà essere un di più della regione, nel contesto della globalizzazione. Selim Hoss, primo ministro libanese, ha dichiarato che il suo governo ha già preparato una riforma amministrativa in vista della pace. "Con la pace, bisogna salutare il ritorno degli investitori stranieri e arabi, il mio governo si è impegnato a semplificare l'insieme delle formalità amministrative, al fine di facilitare le operazioni d'investimenti durevoli".
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Numero 5 - maggio 2000
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