del Dott. Carmine Gianluca Ansalone 1.1 Il fiume Giordano. I
paesi attraversati dal corso del Giordano sono attualmente in evoluzione.
I settori economici emergenti domandano quote sempre maggiori di risorse,
in un contesto caratterizzato da tassi di crescita demografica tra i
più elevati al mondo e livelli di consumo idrico che non soddisfano
i bisogni minimi della popolazione[i]. Il bacino del Giordano è una valle
che si estende dal Monte Hermon a nord al Mar Morto a sud. L'area complessiva
del bacino interessa da vicino Israele, la Siria, la Giordania, il Libano
e la Cisgiordania. Il Giordano ha le sue sorgenti
alle pendici del Monte Hermon da cui si originano tre rami: il Dan,
l'Hasbani e il Banias che hanno il loro punto di confluenza a circa
25 km a nord del lago Tiberiade. Il fiume scorre nella parte settentrionale
di Israele, attraversa il lago Huleh e, subito dopo, il lago Tiberiade[ii].
Anche lo Yarmouk fa parte di questo
bacino idrico; esso segna il confine tra la Siria e la Giordania per
circa 40 km e in seguito quello tra Israele e la Giordania. La portata complessiva del Giordano
al suo arrivo nel Mar Morto è di 1.300 milioni di metri cubi annui[iii]. La Cisgiordania ospita soprattutto
tre bacini di acqua sotterranea (i cosiddetti Mountain Aquifers) di grande importanza geopolitica, e contesi tra
Israele (che attualmente ne sfrutta buona parte del rendimento idrico
attraverso un sistema di pozzi) e l'Autorità Palestinese. I bacini si
trovano esattamente sotto le colline della Giudea e della Samaria, mentre
i pozzi di accumulazione si trovano proprio sulla cosiddetta Green Line che separa il territorio di Israele da quello amministrato
dalla Autorità Palestinese[iv].
Per adesso le risorse vengono sfruttate congiuntamente dalle due parti,
ma ciò pregiudica la possibilità per i Palestinesi di soddisfare in
pieno i loro bisogni idrici[v]. 1.2 La Giordania. Il clima arido del Regno Hashemita
fa si che il paese non possa fare assolutamente affidamento sulle piogge
(molto scarse durante tutto l'anno) e può quindi sfruttare unicamente
le acque dei fiumi superficiali e di alcune riserve sotterranee[vi]. Uno dei problemi fondamentali della
Giordania è la qualità delle acque, di solito estremamente saline e
quindi inutilizzabili a fini di coltivazione. L'elevato grado di salinità
è dovuto sia allo sfruttamento intensivo da parte di Israele delle acque
del Giordano, sia ad una espansione degli utilizzi domestici[vii]. Una delle debolezze principali
della Giordania è data dalla mancanza di bacini di stoccaggio nonché
da una rete idrica per la distribuzione dell'acqua carente[viii].
Il Regno Hashemita potrebbe risolvere
i suoi problemi soltanto costruendo dighe e bacini artificiali sui principali
tributari del Giordano per poi usare le poche dighe già esistenti per
intrappolare e conservare l'acqua. Un'altra misura urgente è
la riparazione del sistema di condutture che ogni anno perdono durante
il trasporto circa il 48% dell'acqua convogliata. L'irrigazione potrebbe sfruttare
meno risorse idriche mantenendo livelli elevati di produttività grazie
alle nuove tecnologie fornite da Israele in virtù dell'accordo del 1994[ix]. Il 3 settembre 1987 la Giordania
e la Siria siglarono un importante accordo per costruire un'altra diga
che viene denominata "dell'Unità". La Giordania si impegnò ad accordare
a Damasco il 75% dell'energia prodotta in cambio dell'accesso ad una
quota elevata d'acqua. La BIRD, i fondi arabi, gli Stati Uniti e numerosi
paesi europei, si impegnarono al finanziamento, ma Israele si oppose
al coinvolgimento degli Organismi Internazionali e cercò di bloccare
l'intervento di quelli governativi. Le autorità di Israele parlarono
del rischio di un abbassamento del livello del Mar Morto e di un aumento
della salinità del Giordano. La BIRD condizionò quindi la concessione
del finanziamento alla firma di un accordo regionale. Le trattative
vennero sospese all'indomani dello scoppio della Guerra del Golfo[x]. Ripreso il negoziato tra Siria
e Giordania, esso si interruppe subito dopo la firma dell'accordo tra
il Regno Hashemita e Israele del 1994 per la gestione delle risorse
idriche[xi].
La Giordania avrebbe anche la possibilità
di utilizzare acqua riciclata soprattutto in agricoltura; purtroppo
gli ostacoli all'attuazione di questa politica sono soprattutto psicologici:
i proprietari terrieri, che nel paese sono un'autentica lobby, non solo
non accettano la cancellazione dei sussidi e pretendono che l'acqua
sia gratuita, ma vogliono anche che essa sia di ottima qualità[xii]. 1.3 Israele. La caratteristica più evidente
della dotazione idrica di Israele è l'estrema difficoltà di allocazione
dell'acqua; questo non soltanto perché tutto sommato Israele è un paese
che soffre di un pesante deficit idrico[xiii],
ma anche perché esiste un'asimmetria tra il nord del paese, che gode
di un clima mediterraneo e ospita i più importanti bacini idrici, e
il sud semi-desertico che consuma il 70% dell'acqua ma non dispone di
nessuna accesso diretto alle risorse d'acqua. Il corso dell'alto Giordano è senza
dubbio la risorsa di superficie più importante per il paese. Circa il 60% delle risorse idriche
di cui può disporre attualmente Israele (risorse tanto superficiali
quanto sotterranee) deriva da territori posti fuori dai confini dello
Stato prima della Guerra dei Sei Giorni del 1967[xiv];
questi territori comprendono: -
l'altopiano del Golan, da cui sorge il fiume Bania, che alimenta
il lago di Tiberiade a nord e lo Yarmouk a sud; -
la Cisgiordania, dove sono presenti le falde acquifere montane
(Mountain Aquifers) della
Giudea e della Samaria che da sole provvedono a soddisfare il 40% del
bisogno idrico israeliano; -
i fiumi Hasbani e Litani che scorrono in Libano. Numerose misure sono state prese
da Israele nel periodo successivo all'occupazione della Cisgiordania
e di Gaza, allo scopo di ridurre al minimo l'utilizzo di acqua da parte
dei Palestinesi[xv].
Le autorità israeliane sancirono così il loro potere di mandatari per
lo sfruttamento delle risorse idriche; nella fattispecie si affermava[xvi]: a)
il divieto di scavare nuovi pozzi destinati all'impiego domestico
dell'acqua senza una autorizzazione delle autorità militari israeliane; b)
l'installazione di contatori sui pozzi palestinesi per verificare
il consumo effettivo; c)
l'espropriazione dei terreni e dei pozzi abbandonati dagli
arabi dopo l'occupazione israeliana; d)
il divieto di colture a sfruttamento intensivo d'acqua. Nel corso degli anni sono poi stati
emanati decreti specifici per ogni singolo settore di utilizzo dell'acqua:
dalla sua vendita al suo consumo, dalla sua estrazione al suo impiego[xvii].
Ciò che ha maggiormente esasperato
la popolazione palestinese, oltre alla perenne mancanza di acqua, è
stato il fatto che le direttive militari non si applicavano, e tuttora
non si applicano, ai coloni israeliani della Cisgiordania, che quindi
possono godere di benefici incomparabilmente superiori rispetto alle
popolazioni palestinesi[xviii].
Nonostante questa politica estera
e militare dell'acqua, il paese soffre di un carenza idrica dovuta al
deficit di risorse e ad una cattiva qualità delle acque[xix]. La quantità d'acqua domandata salirà
vertiginosamente nei prossimi anni, quando la popolazione israeliana
sfiorerà i sei milioni di abitanti in virtù soprattutto della recente
massiccia "aliyah" dall'ex
Unione Sovietica. 1.4 Gaza. La striscia di Gaza è caratterizzata
da un clima semi - arido ed è estremamente povera di risorse idriche.
La superficie della Striscia è esigua (circa 140 miglia quadrate) ma
densamente popolata (970.000 persone nel 1997). L'unica risorsa d'acqua
in tutta l'area di Gaza è un bacino sotterraneo di pessima qualità,
visto che le sue acque sono ampiamente contaminate da infiltrazioni
saline dal Mediterraneo[xx].
Quando ci sarà un accordo tra Israele
e l'Autorità Palestinese sul controllo dell'acqua, il primo punto da
dibattere sarà quello del collegamento idrico tra la Cisgiordania e
la Striscia di Gaza. 1.5 La Cisgiordania. Mentre la maggior parte dell'acqua
che alimenta le falde acquifere montane cade sotto forma di pioggia,
il flusso naturale di quest'acqua segue la direzione ovest e nord e
va così ad alimentare sorgenti e pozzi sfruttati da Israele[xxi]. I Palestinesi rivendicano chiaramente
il controllo delle falde localizzate in Cisgiordania al fine di soddisfare
la domanda di una popolazione che si prevede in forte crescita. Il potenziale idrico della Cisgiordania
viene stimato in circa 400 milioni di metri cubi ripartiti in maniera
assolutamente iniqua tra i 150.000 coloni ebrei e il milione e più di
Palestinesi che vivono nella regione. A ciò si aggiunge che la qualità
del sistema di canalizzazione è pessima, il che comporta una perdita
enorme d'acqua durante il trasporto alle abitazioni. Inoltre, più del
25% delle case non ha alcun accesso all'acquedotto[xxii]. Per quanto riguarda la ripartizioni
delle aree coltivate, rileviamo che, a fronte di un controllo limitato
al 4.5% dell'area coltivata, i coloni israeliani hanno accesso al 62%
delle terre irrigate, mentre i Palestinesi, pur coltivando il 95% delle
terre, possiedono solo il 37% di aree irrigate[xxiii]. 1.6 Il bilancio idrico. Il livello minimo per individuare
una situazione di deficit idrico è di 1000 metri cubi l'anno d'acqua
a testa; si raggiunge un livello critico a 500 metri cubi, mentre sotto
i cento è assolutamente necessario ricorrere a fonti alternative quali
la dissalazione dell'acqua di mare[xxiv]. Con 213 metri cubi di acqua pro
- capite, la Giordania si colloca già ora nella fascia critica, così
come Israele con 382 metri cubi. Ci sono in effetti delle prospettive
di miglioramento e delle misure urgenti che, se adottate, porterebbero
ad un sollievo sensibile nel cronico deficit idrico di questi paesi.
Le misure da prendere riguardano
innanzitutto lo status dell'acqua come bene economico. Sospendere i
sussidi e la fornitura gratuita d'acqua può aiutare questi paesi ad
economizzare l'utilizzo d'acqua. Purtroppo questa misura è osteggiata
da più parti, soprattutto dai proprietari terrieri che, sia in Israele
che in Giordania, costituiscono delle potentissime lobbies;
in questo senso tra i due paesi c'è un'unica importante differenza:
che in Israele la cultura dello sviluppo della terra ha un forte valore
simbolico. Fin dalla sua nascita infatti, lo Stato ebraico ha prosperato
su alcuni miti estremamente radicati che riguardano il rapporto biblico
del popolo ebraico con la sua terra e con il suo Dio. Il governo centrale
si è sempre preoccupato di pianificare lo sfruttamento agricolo sia
per stimolare la crescita economica del paese, sia per consentire la
perfetta integrazione degli immigrati provenienti da tutte le parti
del mondo[xxv].
La legislazione israeliana in materia
di risorse idriche è significativa di quello che è il valore attribuito
all'acqua in questo paese[xxvi].
La cosiddetta Water Law del
1959 annullava qualunque proprietà privata o semi - privata sulle risorse
d'acqua stabilendo che: -
"le risorse idriche dello Stato sono di proprietà pubblica;
esse sono soggette al controllo dello Stato e vengono destinate sulla
base delle richieste della popolazione e dello sviluppo del paese"[xxvii]; -
non esiste di conseguenza alcuna proprietà privata dell'acqua;
lo Stato è custode della stessa per conto dei suoi cittadini; -
la proprietà della terra in Israele non include la proprietà
dell'acqua che attraversa quella terra. Nel paese, la gestione diretta
e indiretta dell'acqua è affidata ad una molteplicità di strutture governative
che elenchiamo brevemente: -
la responsabilità ministeriale è stata affidata, nel corso
dell'ultimo governo (Netanyahu) al potente Ministero per le Infrastrutture; -
la Commissione per le risorse idriche, responsabile per la
gestione; -
il Consiglio per le risorse idriche: organo di consulenza
privilegiato per il Ministero dell'Agricoltura; è composto da 39 membri; -
Il Tribunale dell'Acqua: consiste in un giudice nominato
dal Ministero della Giustizia e in due rappresentanti selezionati da
una lista redatta dal Ministero dell'Agricoltura; ha la responsabilità
di istruire cause relative allo spreco o all'inquinamento dei corsi
idrici; -
Tahal: è l'autorità
di pianificazione idrica del paese, incaricata di effettuare ricerche
e valutazioni tecniche dei progetti approvati dalla Mekorot Ltd.; -
la Mekorot Ltd.,
potentissima compagnia pubblica che gestisce tutti gli acquedotti e
distribuisce più del 68% dell'acqua usata nel paese. Essa è strettamente
collegata al Ministero dell'Agricoltura che è consapevole della forza
della lobby degli agricoltori. Il Ministero infatti ha dichiarato che
il paese può continuare ad erogare sussidi all'agricoltura[xxviii]. Oggi il caso di Israele è emblematico
dell'inefficienza allocativa che non riesce ad essere sradicata, anche
se comunque, negli ultimi anni, il risparmio idrico è molto superiore
grazie all'applicazione di nuove tecnologie all'agricoltura[xxix];
quest'ultima comunque consuma la stragrande maggioranza dell'acqua disponibile,
contribuendo pochissimo al PIL nazionale (circa il 2,2%) e impiegando
fette di popolazione sempre più esigue[xxx].
Ma per dirottare l'acqua dai terreni alle industrie, bisognerà prima
combattere alcuni valori ormai radicati nella sensibilità e nella tradizione
della popolazione ebraica[xxxi].
Questo discorso vale per tutta
l'area del bacino del Giordano: in Libano il settore agricolo che, precedentemente,
oltre ad assicurare al paese l'autosufficienza alimentare, costituiva
anche una notevole fonte di esportazione, contribuisce oggi solo al
12% del PIL. In Giordania il contributo è pari soltanto al 5,4%, mentre
soltanto nei territori palestinesi l'agricoltura continua a determinare
una buona parte del PIL e del reddito della popolazione (27,1%)[xxxii]. Soltanto se ci sarà diversificazione
Israele potrà risparmiare acqua, e quindi fare le prime concessioni
ai Palestinesi o, addirittura alla Siria per quanto riguarda il Golan.
In quest'area più che altrove, la pace politica passa per la ricomposizione
del conflitto per il controllo d'acqua, e non è un caso che, a parte
alcuni accenni negli accordi Oslo I e Oslo II, il problema dell'acqua,
insieme a quello dello status
di Gerusalemme, viene costantemente rimandato ai colloqui finali tra
Israeliani e Palestinesi[xxxiii]. 1.7 Interventi
e scenari futuri. Per quanto riguarda gli spiragli
di cooperazione nella regione, fino ad ora si è intervenuto soprattutto
con proposte di grandi progetti di integrazione idraulica che poco hanno
a che vedere con una gestione microfondata delle risorse idriche che
invece dovrebbe ottenere la ribalta nelle agende politiche dei governi
della regione[xxxiv].
Un progetto di grande scala è la
realizzazione del canale Mar Rosso/Mar Morto che, sfruttando la pendenza
tra le due aree, dovrebbe alimentare un grande impianto di dissalazione
e fornire energia elettrica per la creazione di un'area industriale
che accoglierebbe industrie sia israeliane che giordane. Ricordiamo ancora la possibile
costruzione del canale Mediterraneo/Mar Morto o la proposta di alcuni
paesi di trasportare enormi quantità d'acqua dalla Turchia attraverso
le cosiddette Medusa Bags, enormi contenitori di plastica
trainati via mare da grandi battelli. Alla luce degli eventi attuali,
una delle soluzioni più verosimili sembra quella di una accordo idrico
tra Israele e la Turchia per la fornitura di acqua attraverso una sorta
di "mini acquedotto" tra i due paesi[xxxv]. 1.8 Accordi stipulati in materia di risorse idriche. L'acqua è stata e continua tuttora
ad essere uno degli oggetti più controversi nei negoziati di pace tra
Israeliani e Palestinesi[xxxvi].
Negli ultimi anni il conflitto arabo - israeliano ha perso di importanza,
e altri eventi in Medio Oriente (soprattutto l'accordo già esaminato
tra Israele e Turchia) stanno guadagnando la ribalta, modificando radicalmente
il volto della regione. Ciò non vuol dire che tutti i problemi siano
stati risolti, men che meno quelli relativi alla ripartizione delle
risorse idriche e al ruolo nella gestione dell'acqua da parte dell'Autorità
Palestinese. Il fatto però che non mancano gli accordi di cooperazione
sull'acqua del bacino del Giordano, è sintomatico di quanto con il passare
del tempo il vecchio dogmatismo ideologico abbia in parte lasciato il
posto ad un approccio più pragmatico nella gestione delle risorse. In seguito ai negoziati di Madrid
del 1991, si dette vita ad un Working
Group multilaterale sulle questioni relative all'acqua[xxxvii].
Fanno parte del forum anche gli USA, la Francia, la Norvegia, la Germania,
il Giappone, la Banca Mondiale e moltissime altre ONG e Organizzazioni
Internazionali. A livello bilaterale, l'evento
più importante di questi ultimi anni in materia di risorse idriche è
rappresentato dall'accordo di Pace tra Israele e Giordania del 26 ottobre
1994. All'art.6 si parla esplicitamente della volontà dei due paesi
di cooperare in materia di gestione idrica, con progetti comuni e interventi
per migliorare la qualità delle acque[xxxviii].
Le parti accettano di cooperare nei seguenti settori: -
sviluppo e valorizzazione delle risorse idriche esistenti[xxxix]; -
prevenzione della contaminazione delle acque; -
mutua assistenza; -
trasferimento e scambio di know-how. Al fine di raggiungere ed usufruire
in pieno dei diritti in materia idrica specificati nel trattato, la
Giordania ha completato la costruzione di un acquedotto (il King Abdallah Canal) dal lago Tiberiade
ad Amman; l'acquedotto ha una capacità di 90 milioni di metri cubi l'anno[xl]. Per quanto riguarda l'Autorità
Palestinese, alcuni articoli dei vari accordi siglati con Israele che
parlano di gestione dell'acqua: in particolare[xli].
La Dichiarazione di Principi (DOP),
di solito individuata come accordo "Oslo I", venne firmata dall'OLP
e da Israele il 3 settembre del 1993. In questo accordo, le parti accettavano
la costituzione di un'Autorità Palestinese cui sarebbe stato conferito
il governo e l'amministrazione progressiva di Gaza e Gerico, fino a
coprire tutta l'area del West Bank[xlii]. L'accordo Oslo II venne firmato
il 28 settembre 1995 a Washington e prevedeva l'estensione del controllo
palestinese ad altre aree del West Bank e il ritiro parziale delle truppe
israeliane dalla Cisgiordania e da Gaza. Come detto, l'art.40 dell'accordo
riconosceva i diritti dei Palestinesi sulle risorse idriche del West
Bank; con il ritiro progressivo degli Israeliani e con la cessione del
controllo sul territorio, anche la gestione dell'acqua sarà trasferita
nelle mani dell'Autorità Palestinese, anche se, si specifica, lo status
finale delle risorse idriche dovrà essere trattato, insieme alla questione
dei coloni e allo status di
Gerusalemme, negli accordi finali permanenti tra le due parti. Da un punto di vista giuridico,
la difficoltà più grossa finora riscontrata riguarda il fatto che, sulla
base delle Regole di Helsinki e della Convenzione delle Nazioni Unite
del 1997, i Palestinesi dovrebbero essere riconosciuti come rivieraschi
del bacino del Giordano; uno status
però che non è mai stato riconosciuto dagli Israeliani, che negoziano
la gestione e la spartizione delle risorse idriche solo con gli altri
paesi dell'area (Giordania ed eventualmente Siria e Libano) mentre considerano
il passaggio dei poteri all'Autorità Palestinese in materia d'acqua
come una concessione, un beneficio "octroyé"[xliii].
Qualora il governo palestinese
dovesse ottenere la sovranità dello sfruttamento delle falde della Cisgiordania,
esso si troverebbe in enorme difficoltà senza l'aiuto di Israele e di
tutti i suoi vicini, visto che non dispone di dighe o di bacini, ma
soltanto di un acquedotto che perde circa il 48% dell'acqua trasportata. 1.9 Scenari geopolitici nel bacino del Giordano:
il passato e il futuro. Già nel 1919 la situazione idrica
della regione appariva molto complessa agli occhi degli analisti internazionali
e degli statisti[xliv].
Gli anni '50 sono stati particolarmente intensi sotto il profilo delle
negoziazioni relative al problema dell'acqua; esse sono state fortemente
influenzate dal clima politico di quegli anni in cui le ideologie pan
- arabiste e pan - islamiche si diffondevano. Molti dei problemi abbozzati
in quegli anni sono ancora oggi sulle agende dei governi e non sono
stati ancora risolti. L'interesse israeliano a quel tempo era soprattutto
quello di far fiorire il Negev e di gestire l'arrivo degli immigrati.
Nel corso degli anni vennero elaborati
diversi piani di gestione dell'acqua grazie anche al contributo dei
governi stranieri e delle Organizzazioni Internazionali. Prima ancora della nascita dello
Stato ebraico, nel 1944, il piano Lowdermilk, appoggiato dall'Organizzazione
Sionista Mondiale, prevedeva lo sfruttamento delle acque del Giordano
e del Litani per irrigare i terreni dei primi coloni ebrei in Palestina[xlv].
Il piano elaborato nel 1952 dalla
UNRWA (United Nations Relief and
Work Agency) aveva come referenti la Siria e la Giordania: esso
proponeva la costruzione di una prima diga sullo Yarmouk e di un'altra
diga per dirottare le acque dello stesso fiume nelle valli giordane
attraverso il canale East Ghor. Nel 1953, Siria e Giordania
conclusero un accordo per la spartizione delle acque dello Yarmouk,
accordo osteggiato da Israele[xlvi].
Lo sforzo più concreto per trovare
una posizione comune sullo sfruttamento delle risorse idriche nella
valle del Giordano venne compiuto tra il 1953 e il 1955 dall'ambasciatore
americano Eric Johnston, braccio destro del Segretario di Stato Foster
Dulles e uomo di fiducia del Presidente Eisenhower. Il Piano Johnston
prevedeva una ripartizione in quote di utilizzo per i paesi che avevano
accesso al lago Tiberiade[xlvii]. Alcune
dighe sarebbero state costruite sia sull'Hasbani, sul Dan e sul fiume
Banias per irrigare la Galilea israeliana, sia a Maqarin, per servire
i bisogni idrici della Giordania. L'obiettivo della mediazione di Johnston
era quello di rendere l'utilizzo delle acque equo, economico ed efficiente.
Il Piano venne accettato in linea di massima dalle delegazioni tecniche
delle parti in causa, ma non venne poi ratificato né dal governo israeliano
né dal Consiglio della Lega Araba. Alla base della bocciatura di questo
piano[xlviii]
ci furono essenzialmente delle ragioni politiche: il Libano, la Siria
e la Giordania erano molto riluttanti a scendere a patti con uno Stato
che non riconoscevano[xlix]. Tutto ciò non fece neanche valutare
ai paesi arabi coinvolti la potenziale bontà del piano Johnston, che
quindi fallì. D'altra parte, i paesi arabi avevano capito che il piano
di aggiustamento delle risorse idriche doveva avere una natura squisitamente
politica, ma erano preoccupati dal fatto che gli Stati Uniti avessero
promesso ad Israele garanzie assolute di frontiera se avesse accettato
il Piano e fatto quindi alcune concessioni alla Giordania in termini
di fornitura d'acqua. Negli anni '60 i grandi progetti
idraulici presero il sopravvento: la Giordania completò il cosiddetto
canale King Abdallah, mentre Israele portò a termine
l'ambizioso progetto di un acquedotto nazionale (il National Water Carrier, ultimato nel 1964);
entrambi i paesi ricevettero forti aiuti finanziari da parte di Washington[l]. Nel 1967 la situazione divenne
particolarmente complessa: la Siria, istigata da Nasser, adottò un Piano
di Diversione delle Acque, il cui obiettivo era quello di dirottare
le acque dell'Hasbani e del Banias fino al corso principale dello Yarmouk,
riducendo di conseguenza la portata del Giordano del 35% circa. Le prime
installazioni nell'area della deviazione vennero fatte saltare dai servizi
segreti israeliani nell'aprile 1967, appena due mesi prima dello scoppio
della Guerra dei Sei Giorni. Purtroppo gli sviluppi politici
recenti nella regione non hanno ancora favorito la formulazione di un
accordo globale per la gestione delle acque del Giordano, a parte il
caso clamoroso e fondamentale dell'accordo tra Israele e Giordania. La Siria, come noto, non accetta
nessun tipo di dialogo con lo Stato ebraico fino a quando le truppe
israeliane non si ritireranno dal Golan. Altre condizioni poste da Damasco
sono il riconoscimento unanime e definitivo della frontiera con Israele
e il riconoscimento da parte dello Stato ebraico dei diritti dei Palestinesi
allo sfruttamento delle risorse idriche sotterranee della Cisgiordania[li]. Gli spiragli per una cooperazione
diretta tra Israele e Autorità Palestinese ci sono: in questo caso,
la geografia può aiutare le parti in causa. Le autorità israeliane infatti
potrebbero concedere ai Palestinesi lo sfruttamento diretto ed esclusivo
di uno dei bacini sotterranei in Cisgiordania, che si trova esattamente
al di sotto dell'area abitata in prevalenza da Palestinesi, e lasciare
che gli altri due bacini che costituiscono i Mountain
Aquifers vengano sfruttati congiuntamente. Ma il problema della gestione delle
risorse idriche non può essere che uno dei capitoli trattati nel contesto
più ampio degli accordi di pace tra Israeliani e Palestinesi[lii]. [i] Cfr. Ferragina, E., (a cura di), op. cit., pag. 330. [ii] Il lago Tiberiade
costituisce il principale bacino di stoccaggio dell'area. Ibid., pag.
332. [iii] Ibid., pag. 335. Cfr. inoltre Soffer, A., op. cit., pag. 123 [iv] Cfr. Soffer, A., op. cit., pagg. 130-133. [v] Questa risorsa ha una potenzialità di 600 milioni di metri cubi. Ibid. [vi] Le risorse superficiali di cui dispone il paese sono: il basso corso del Giordano, lo Zarqa e lo Yarmouk. Cfr. Ferragina, E., (a cura di), op. cit., pag. 336. [vii] Il paese
ha sofferto in particolar modo la siccità dell'estate 1991, quando
l'ammontare dei terreni coltivabili venne ridotto di un terzo. Ibid. [viii] Ibid. [ix] Cfr. Soffer, A., op. cit., pagg. 137-140. [x] Cfr. Ferragina, E., (a cura di), op. cit., pag. 337. Si veda inoltre Soffer, A., op. cit., pagg. 174-180. [xi] L'ultima notizia in merito risale al 1996, quando un incontro tra tecnici giordani e siriani ha rilanciato il progetto della diga dell'Unità. Cfr. Ferragina, E., (a cura di), op. cit., pag. 337. [xii] Cfr. Gleick, P. H., "Water in Crisis:
a Guide to the World's Fresh Water Resources in the Middle East",
New York, Oxford University Press, 1993. [xiii] La dotazione idrica totale del paese è di 1,6 bilioni di metri cubi annui a fronte di una domanda che, nel 1993, era già di 1,8 bilioni. Cfr. Soffer, op. cit., pagg. 140-146. [xiv] Cfr. Ferragina, op. cit., pag. 338. Si vedano inoltre Allan, J. A., "Water, Peace and the Middle East: Negotiating Resources in the Jordan Basin", Londra, Tauris Publishers, 1996; Allan e Mallat, 1995, op. cit.; Ayeb, H., "L'Eau au Proche - Orient - La guerre n'aura pas Lieu", Parigi, Karthala et Cedej, 1999; Baskin, G., "Water: Conflict or Cooperation?", Tel Aviv, Israel-Palestine Center for Reasearch and Information, 1993. Per gli altri riferimenti bibliografici si rimanda alle note successive. [xv] Particolarmente significativa è l'ordinanza militare numero 92 del 15 agosto 1967. Cfr. Ferragina, op. cit., pag. 339. [xvi] Vedi nota precedente. [xvii] Si calcola che, allo stato attuale, i Palestinesi di Cisgiordania (circa 1.300.000 persone) possano sfruttare soltanto il 17% delle falde freatiche della loro regione. Cfr. Biswas, A. K., Kolars, J., Murakami, M., Waterbury, J., Wolf, A., "Core and Periphery: A Comprehensive Approach to Middle Eastern Water", Water Resources Mangement Series, no. 5, Delhi, OUP, 1997. Si veda inoltre Shuval, op. cit. [xviii] E' proprio in questa chiave che va letta la recente crisi in Israele sullo status dei coloni delle colline di Har Homa, che ha contribuito alla caduta del governo Netanyahu. [xix] Cfr. Ferragina, E., (a cura di), pag. 339. [xx] L'Autorità Palestinese al momento non può certo permettersi di impiantare sistemi di dissalazione. [xxi] Stime ufficiali riportano che, entro il 2005, la popolazione di Gaza crescerà dalle 970.000 unità del 1997 a 1.162.500 abitanti; per la Cisgiordania si parla di un salto da 1.326.500 ai 2.289.400.Cfr. Ferragina, op. cit., pagg. 340-341; si vedano inoltre Soffer, A., op. cit. pag. 146; e Evans, R., "Water Resources: The Need for Regional, Continental, Global Assessment", in Kay, Franks e Smith, "Water: Economics, Management and Demand", Londra, E&FN, 1997. [xxii] Cfr. Ferragina, E., (a cura di), op. cit. pag. 340. [xxiii] Ibid. [xxiv] Cfr. World Bank, "World Development
Report", New York, OUP, 1997. Inoltre
World Bank, "From Scarcity to Security", in: www.worldbank.org/html/extdr/offrep/mena/focus/booklet.ara.html [xxv] "Laddove c'è un ebreo, lì c'è Israele" recita una massima ebraica. Il governo, dal 1948 in poi, aveva il compito di fare integrare gruppi nazionali estremamente variegati, accomunati soltanto dal legame di sangue, dall'adorazione per un unico Dio ma soprattutto dal legame con la Terra Promessa. Cfr. Ferragina, E., op. cit. pag. 346. [xxvi] L'acqua cioè come elemento simbolico e come componente della sicurezza nazionale. [xxvii] Sez. I della legge. Cfr. Ferragina, E., (a cura di), op. cit., pag. 374. [xxviii] Ibid. Cfr. inoltre Shuval, op. cit. [xxix] Cfr. Mekorot Company Ltd., "Annual
Report 1996", Tel Aviv, Mekorot Co. Ltd., 1996. [xxx] Isaac, J., "Water and Peace in the
Middle East", Proceedings of the First Israeli-Palestinian International
Academic Conference on Water, 10-13 dicembre 1992, Amsterdam, Elsevier,
1994. Si veda inoltre Lonergan, S., e Brooks, D. B., "The Role of
Fresh Water in the Israeli-Palestinian Conflict", Ottawa, IDRC, 1994. [xxxi] E' ancora vivo il ricordo di quando, all'indomani del maggio 1948, l'irrigazione del Negev, l'obiettivo di "far fiorire il deserto", era diventata una priorità ideologica oltre che economica. Cfr. Ferragina, ibid. [xxxii] Cfr. Lowi, M. R., "Water and Power", Cambridge, Cambridge University Press, 1993. Si veda inoltre Moore, J. W., "An Israeli-Palestinian Water-Sharing Regime", Zurigo, Documento presentato alla Israeli-Palestinian International Academic Conference on Water, 10-13 dicembre 1992. [xxxiii] Ciò che
Israele potrà concedere da una parte (ad esempio la cessione ai Palestinesi
delle falde della Cisgiordania) dovrà compensare dall'altra (dal Golan
o dal Litani); un accordo in questo senso non può quindi che essere
globale e coinvolgere tutti gli attori bagnati dalle acque del Giordano
e dai suoi affluenti. Cfr.
Libiszewski, S., "Water Disputes in the Jordan Basin Region and their
Role in the Resolution of the Arab-Israeli Conflict", ENCOP Occasional
Paper, no. 13, Zurigo-Berna, Swiss Peace Foundation, 1995. [xxxiv] Tra le soluzioni proposte per alleviare il deficit idrico della regione, rientra ad esempio il Water Pipe for Peace turco, di cui abbiamo parlato in precedenza. [xxxv] Non dimentichiamo però che Israele potrebbe sfruttare l'acqua turca per compensare le perdite eventualmente subite con la cessione del Golan alla Siria; ma Ankara non vede certo di buon occhio un possibile riavvicinamento tra Israele e Damasco. Cfr. Picco, G., op. cit., pag. 18. [xxxvi] "Senza accordo sull'acqua, non ci sarà nessun accordo". Con queste parole l'ex Premier Yitzhak Rabin poneva la questione centrale delle risorse idriche nell'agenda delle priorità del suo paese allo stesso titolo dello status finale di Gerusalemme e della posizione dei coloni. Cfr. Libiszewski, S., op. cit. [xxxvii] Fino ad ora il Gruppo si è riunito 9 volte, di solito sempre sotto la direzione degli Stati Uniti. Cfr. Ferragina, E., op. cit., pag. 370. [xxxviii] Cfr. Ferragina, E., op. cit., pag.
386; si vedano inoltre Soffer, A., op. cit.; Libiszewski, S., op.
cit.; Rogers, P., e Lyndon, P., "Water in the Arab World", Cambridge,
Cambridge University Press, 1994; Starr, J. S., "Covenant over Middle
Eastern Waters - Key to World Survival", New York, Henry Holt &
Co., 1995. [xxxix] In virtù
di quest'accordo, nel periodo che va dal 15 maggio al 15 ottobre di
ogni anno, Israele pompa solo 12 milioni di metri cubi d'acqua, lasciando
alla Giordania la parte restante; nel periodo dal 16 ottobre al 14
maggio, Israele pompa 13 milioni di metri cubi d'acqua, lasciando
al suo vicino lo sfruttamento della quota residua. Cfr.
Libiszewski, S., op. cit. Si veda inoltre Isaac, J., "Dry Peace in
the Middle East?", in www.arij.org/pub/events/drypeace.htm [xl] Infine, l'art. 1 dell'Annesso II al Trattato prevede che Israele fornisca una quota suppletiva al Regno Hashemita pari a 50 milioni di metri cubi l'anno d'acqua. Cfr. Soffer, A., op. cit., pagg. 176-187. [xli] L'art. 40 dell'Accordo ("Interim Agreement") firmato a Washington il 28 settembre 1995 specifica le diverse aree di competenza dei due firmatari nella gestione delle risorse idriche della regione. Ibid. [xlii] L'ultimo atto in questo senso è stata la firma degli accordi di Wye Plantation. [xliii] E' pur
vero che le Regole di Helsinki non parlano affatto della posizione
delle entità non statali quale l'Autorità Palestinese è, almeno fino
alla firma degli accordi finali e alla nascita di uno Stato palestinese.
Cfr. El Saman, N., "The Water Wars from the Euphrates
up to Nile", Damasco, Dar el Knahan, 1993. [xliv] Dopo la
Dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917, quando le varie organizzazioni
sioniste mondiali cominciavano a pianificare il ritorno in Terra Santa,
Chaim Weizmann scriveva a Lloyd George affermando che: "Il futuro
stesso della Palestina dipende dalla disponibilità d'acqua per l'irrigazione
e per creare energia elettrica; questo bisogno d'acqua deve essere
soddisfatto attraverso le risorse del Monte Hermon, quelle del Giordano
e del corso del Litani in Libano. Noi consideriamo essenziale che
la frontiera settentrionale della Palestina includa la valle del Litani,
per una lunghezza di 25 miglia". Cfr. Paul, D., "Water Issues in the Arab-Israeli
Conflict", in: http://salam.org/palestine/water,html [xlv] Cfr. Libiszewski, S., op. cit. e Beschorner, N., op. cit., pag.19. [xlvi] Il caso venne internazionalizzato dalla Siria che portò la questione davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Cfr. Beschorner, op. cit., ibid. [xlvii] Il Piano traeva spunto da un'idea originaria dell'americana Tennessee Valley Authority. Cfr. Beschorner, N., op. cit.; Soffer, A., op. cit.; Libiszewski, S., op. cit. [xlviii] In verità
abbastanza equo e ragionevole nelle sue linee guida. Cfr. Beschorner, N., op. cit. pag. 20. [xlix] A ciò si aggiunse il fatto che la parte dell'arbitro la faceva il rappresentante di un paese che non era considerato imparziale. [l] Cfr. Naff, D., "Israel-Syria: Conflict
at the Jordan River, 1949-1967", Journal of Palestine Studies, no.
23, 1994, pagg. 26-40. [li] Cfr. Naff, D., op. cit. [lii] Cfr. Ferragina, E., (a cura di), op. cit., pag. 330. [lii] Il lago Tiberiade
costituisce il principale bacino di stoccaggio dell'area. Ibid., pag.
332. [lii] Ibid., pag. 335. Cfr. inoltre Soffer, A., op. cit., pag. 123 [lii] Cfr. Libiszewski, S., op. cit. ( torna su ) |
Numero 6 - giugno 2000
|
|