( EDITORIALI )
LE RELAZIONI
ITALO-LIBICHE
La questione concernente i nostri rapporti con la Libia va collocata nel quadro di uno sforzo che, ormai da diversi anni, il Governo sta conducendo affinché, nel pieno rispetto delle nostre alleanze e dei nostri impegni assunti in sede multilaterale (ONU, UE), si possa sviluppare il più possibile un dialogo con tutti i paesi, compresi quelli ritenuti "difficili", ai fini di ampliare i margini della pace, della collaborazione e della sicurezza nelle varie aree del mondo. E' stata questa la politica che abbiamo seguito e continuiamo a seguire nell'interesse dell'Italia, della pace e di una maggiore collaborazione nella comunità internazionale. Con la Libia si è sviluppato un intenso lavoro su tre livelli: il rilancio delle relazioni bilaterali, l'apertura alla Libia del processo di Barcellona (per portarla ad aderire al partenariato euromediterraneo), la creazione delle condizioni per il superamento dell'embargo attraverso un dialogo con i nostri partner europei e con gli stessi Stati Uniti d'America, operando soprattutto affinchè la Libia ottemperasse alla risoluzione delle Nazioni Unite. Ciò comportava, com'è noto, la consegna dei due sospettati ai tribunali internazionali, oggetto di trattativa, come poi è avvenuto. Su questa base si è arrivati al comunicato congiunto italo-libico del 1998, anno in cui è avvenuta anche la sospensione delle sanzioni; due anni dopo la Libia ha dichiarato di aderire al processo di Barcellona, ma ponendo una valutazione politica secondo la quale il persistere del conflitto israelo-palestinese avrebbe rallentato enormemente lo sviluppo del processo di Barcellona. Alcuni partner europei hanno ritenuto che tale valutazione contrastasse con l'adesione richiesta alla Libia senza condizioni al processo di Barcellona. Durante questa fase della discussione, in Libia si sono accentuate posizioni che hanno privilegiato il rapporto con l'Africa. Come si sa la Libia sta spingendo molto sui processi di unificazione africana ed ha convocato un vertice straordinario dei Capi di Stato per accelerare la riflessione su tali processi; c'è quindi una fase di stasi per quanto riguarda l'adesione al processo di Barcellona. Contemporaneamente però ha accettato la richiesta di rilanciare l'iniziativa "cinque + cinque" (i cinque paesi dell'Europa del sud- Francia, Spagna, Portogallo, Italia e Grecia- e i cinque del nord Africa- Libia, Tunisia, Algeria, Marocco e Mauritania). Nello stesso tempo, c'è anche uno sviluppo delle relazioni con l'Italia e con altri partner per quanto riguarda l'intervento, non negativo ma molte volte positivo, della Libia nelle crisi africane, da quella della Somalia al processo di pace Etiopia-Eritrea, cui la Libia ha dato un suo contributo, ma anche relativamente al Congo e ad altre vicende nelle quali sembra far prevalere una spinta all'unità africana. Per quanto riguarda i rapporti bilaterali, il comunicato congiunto del 1998 comporta una serie d'impegni sottoscritti dalle due parti, cui farò brevemente cenno. Nel 1999 è stata istituita una commissione mista per verificare l'attuazione di questi impegni che, per varie ragioni, è andata a rilento; questa fase si è conclusa il 12-13 dicembre scorsi con la prima sessione di quello che ormai chiamiamo il partenariato italo-libico. Al momento attuale abbiamo dato corso a larga parte di tali impegni, con un'accelerazione negli ultimi mesi, in particolare per quanto riguarda un centro di riabilitazione ortopedica a Bengasi, al quale va aggiunto un impegno italiano per la realizzazione di un altro centro ad Elmari. In secondo luogo, è allo studio un programma di assistenza in particolare per le facoltà di medicina e di ingegneria: entrambi gli impegni sono in corso. Stiamo producendo una iniziativa per quanto riguarda un'azione di sminamento ed un programma esecutivo per la valorizzazione di alcune aree agricole, in particolare con centri di ricerca e di sperimentazione agricola in alcune regioni pilota della Libia. Di particolare rilievo è poi un accordo firmato di recente per la collaborazione nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico illegale degli stupefacenti e all'immigrazione clandestina. Vi è poi un accordo sul trasporto marittimo e sulla protezione e promozione degli investimenti e un accordo in materia di visti. Lo cito non solo perché riguarda la questione dei visti che l'Italia deve concedere- e concede- a uomini d'affari, per viaggi, per ragioni sanitarie, per turismo e quant'altro, ma anche per un problema aperto che non abbiamo mai cessato di sottolineare ai libici, trovando costantemente un loro impegno, non ancora tradottosi in fatti concreti: mi riferisco al diritto degli italiani che furono espulsi dalla Libia di ottenere il visto per ritornare in Libia non per rivendicare nulla, ma semplicemente perché hanno il diritto di andarvi. Le autorità libiche hanno sempre detto di essere d'accordo, ma finora non si procede alla concessione dei visti prevista negli impegni del 12-13 dicembre. Vi sono una serie di accordi per lo sviluppo delle società miste, attraverso organismi italiani e libici di natura semipubblica o privata, per intervenire consistentemente in vari settori. Alcuni accordi riguardano la pesca, la zootecnia, il comparto marittimo ed altri settori: ad essi se ne aggiunge uno per il turismo- fin dal 1998- che deve essere sviluppato poiché potrebbe aprire prospettive di notevole interesse, sempre nel rispetto dell'ambiente e della sua valorizzazione. Vi è poi la costituzione di un gruppo di lavoro per l'incremento delle relazioni tra piccole e medie imprese che si riunirà entro il 30 aprile in occasione della Fiera internazionale di Tripoli, alla quale l'Italia parteciperà ufficialmente. * Ringraziamo il sen. Rino Serri, sottosegretario di Stato agli Affari Esteri, per questo suo importante contributo che consente al lettore di farsi un'idea aggiornata e obiettiva dell'evoluzione positiva dei rapporti fra l'Italia e la Libia, partner essenziale all'interno dell'area mediterranea. ( torna su ) LE
REGIONI E IL PARTENARIATO EUROMEDITERRANEO Senza il Mediterraneo l'Europa non potrà affermare un proprio ruolo politico. Il Mare Nostrum è un punto nevralgico per lo sviluppo economico e sociale, così come per la stabilità e la pace di tutta l'area ed è quindi indispensabile dare nuovo slancio alle politiche di partenariato. La Conferenza di Barcellona, che aveva fatto nascere grandi speranze per lo sviluppo di più forti rapporti di partenariato in tutta l'area euromediterranea, oggi segna il passo: nei programmi Meda la cooperazione decentrata è stata mortificata. Per rilanciare seriamente una politica euromediterranea è indispensabile realizzare la cooperazione decentrata prevista nei programmi europei Meda attraverso un rafforzamento dei rapporti tra regioni e città europee e mediterranee. Si tratta di un impegno importante per diffondere con il dialogo in tutto il Bacino del Mediterraneo i valori della democrazia, della promozione dei diritti umani: questi valori non possono essere posti come una pregiudiziale, perché in questo caso ogni rapporto verrebbe meno né, per contro, possono essere ignorati o sottovalutati. Essi vanno posti come parte integrante, come un obiettivo fondamentale della stessa cooperazione e dunque da misurare passo passo come uno dei criteri del suo successo. Per affrontare questa sfida è necessario avere inoltre, al tempo stesso, la volontà di rendere l'Europa una vera unione politico-democratica e non soltanto, come sostiene la destra, una zona di libero scambio. La nostra posizione nei confronti del Mediterraneo dipende, infatti, innanzitutto dalla nostra concezione dell'Europa: se vediamo l'Unione europea soltanto come un mercato anche il Mediterraneo appare solo come un interlocutore economico, fonte di opportunità o più spesso di problemi quali, ad esempio, l'immigrazione clandestina. E' la posizione della destra. Per il centrosinistra l'Europa deve invece diventare un'unione politico-democratica: per questo ha bisogno di riforme istituzionali che rendano positivo l'allargamento ad altri Stati e di assumere decisioni in materia di diritti di cittadinanza capaci di entrare nella vita di ogni giorno dei suoi cittadini. In questo quadro il Mediterraneo torna ad essere un riferimento primario, in termini sia politici che economici e culturali, un 'crocevia del mondo', punto nevralgico di equilibri da ridefinire superando contrapposizioni e conflitti ancora in atto, come ha sottolineato di recente il Presidente della Commissione europea Romano Prodi. Le guerre e i conflitti aperti (dalla Palestina ai Balcani, dal Sahara all'Irak) dimostrano come dalla cooperazione euromediterranea dipendono in buona misura la pace e la stabilità di tutta l'area. E' ormai evidente che le battaglie contro l'inquinamento e la desertificazione si combattono efficacemente soltanto se l' Europa riescirà a coinvolgere tutti i Paesi che si affacciano sulle sponde del 'mare comune'. Il Mediteranno ha enormi potenzialità: basti pensare ai Beni Culturali, all'Ambiente o al Turismo. In questo scenario l'Italia gioca un ruolo fondamentale, che i governi negli ultimi anni dimostrano di avere compreso e di volere cogliere perché si tratta di una sfida che coinvolge il futuro del Paese. Così come senza il Mezzogiorno l'Italia sarebbe un piccolo Stato, con scarso peso internazionale, così senza il Mediterraneo l'Europa non potrà crescere molto. Il bacino del Mediterraneo è di importanza strategica a livello mondiale, non solo per l'Europa: qui vivranno mezzo miliardo di persone ed entro il 2010 dovrebbe realizzarsi un'area di libero scambio. Dobbiamo impegnarci affinché il cardine su cui imperniare politiche e strategie sia quello di uno sviluppo sostenibile, sia dal punto di vista sociale che ambientale. Nel quadro della cooperazione euro-mediterranea, questa dimensione a lungo sottovalutata nelle relazioni economiche e commerciali, e negli stessi 'aiuti allo sviluppo', comincia ad assumere un'importanza rilevante. Si avvicinano le scadenze elettorali di primavera e la politica concentra gli sforzi sulle questioni nazionali e locali che più coinvolgono da vicino i cittadini. In quest'intensificarsi di iniziative e dibattiti il rischio spesso è però quello di perdere di vista temi più generali ma del tutto concreti, con il risultato di dar vita ad una politica ripiegata su se stessa, miope e provinciale. Per questo ritengo importanti iniziative, come quella organizzata lo scorso 12 gennaio a Firenze dai Democratici di Sinistra, sul Mediterraneo e sul ruolo delle Regioni e degli Enti locali per sviluppare politiche di partenariato. Non si tratta di un diversivo, di un argomento bello ma inutile, rispetto agli impegni quotidiani della politica ma, al contrario, dell'unico modo per essere davvero forze di governo attive e responsabili, pienamente protagoniste in Europa, capaci di guardare al futuro e di avere un progetto per l'Italia intera e non per qualche suo pezzo di territorio. * Desideriamo ringraziare il dott. Vannino Chiti, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, incaricato per l'informazione e l'editoria, per questo suo pregevole intervento che esalta il ruolo delle regioni nella politica di cooperazione euro-mediterranea. ( torna su ) |
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