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Direttore: Agostino Spataro

Periodico a cura del
Centro Studi Mediterranei

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( SOCIETA' )


L'ALTRA FACCIA DEL RAMADAN: LA FRENESIA CONSUMISTICA
(di Chokri Baccouche in "Realites", Settimanale indipendente
Tunisi, 15/12/1999)

"Di già bon vivant in tempi normali, il Tunisino spende senza contare nel mese sacro, durante il quale i consumi conoscono il loro punto più alto. Le privazioni e l'astinenza del giorno danno luogo in effetti a una bulimia alimentare dopo la rottura del digiuno, che si protrae fino alla tarda ora della notte. Anche se la salute e il budget ne patiscono, i poteri pubblici, esortando i contribuenti a gestire il loro stomaco e la loro borsa, assumono in anticipo le disposizioni necessarie affinché nulla venga a mancare e di conseguenza alterare i piaceri della buona tavola che attirano particolarmente le famiglie tunisine.
Dopo il mese di giugno, i rappresentanti dei ministeri del Commercio, dell'Agricoltura, dell'Industria, della Sanità e delle associazioni interprofessionali tengono delle riunioni periodiche per determinare i bisogni e mettere a punto la migliore strategia per l'approvvigionamento regolare del mercato.
Programmazione della produzione e costituzione di stocks di derrate alimentari le più richieste, sono i due aspetti del piano d'azione concepito per questa speciale circostanza.
"Nell'euforia del consumo interno, i poteri pubblici controllano tutto e non dimenticano l'approvvigionamento regolare dei nostri mercati all'esportazione. A questo scopo, e nella prospettiva di ridurre la pressione che rischia di pesare sui datteri e gli agrumi, due prodotti di base nella bilancia del nostro commercio estero, essi hanno deciso di ricorrere all'importazione di banane per un periodo determinato, precisamente dal 25 novembre 1999 al 15 gennaio 2000.
Le "banane della concordia", il cui prezzo è stato fissato in 2,5 dinar al kg, uno sbarramento volontariamente alto per scoraggiare la concorrenza ai prodotti tunisini, non mancheranno così di arricchire la gamma dei frutti proposti quest'anno ai consumatori...
In materia di consumo di carni ovine, considerando che nel trascorso Ramadan si sono consumati più di 300.000 capi ovini, è stato deciso d'immettere sul mercato "15.000 capi supplementari che saranno ripartiti fra i vari governatorati in ragione di 8 dinari al kg. Le stesse disposizioni si verificano per la vendita di carni bovine il cui consumo raggiunge le 6.000 tonnellate durante il mese sacro, contro le 5000 in tempi normali. "Tutti i bisogni saranno soddisfatti grazie a una produzione al 100% tunisina", dichiara M. Mohamed Aouini, direttore del ministero del commercio interno.
Così dicasi per le carni bianche (volatili), 6.000 tonnellate il consumo annuo, per il latte (30 milioni di litri per il Ramadan), le uova, etc, etc.
Insomma, "il Ramadan 1999-2000 si svolgerà verosimilmente senza problemi, almeno dal punto di vista dei regolari approvvigionamenti dei mercati. I tunisini non mancheranno di nulla, ma sono chiamati a temperare la loro bulimia ramadanesca.
Qui la ponderazione è d'oro. Poiché, nel momento in cui l'economia nazionale deve far fronte a numerose sfide in un contesto di mondializzazione segnato da una concorrenza esasperata, la fattura salata del Ramadan costituisce, senza dubbio, un peso sempre più insopportabile.
Da lungo tempo considerato un argomento tabù, le conseguenze ramadanesche cominciano a suscitare commenti molti arditi, che denunciano il rallentamento intempestivo della macchina della produzione e la crescita incontrollata dei consumi. A questo scopo, una recente inchiesta promossa dal PNUD (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo) rivela che, con una media quotidiana di 3.300 calorie, il Tunisino consuma molto di più che un malese o un kuwaitiano, pertanto più ricchi di lui.
Ancora: se il consumo quotidiano normale di un individuo varia da 2000 a 2500 calorie, quello di un tunisino raggiunge le 4.500 calorie durante il mese del digiuno.
E come in tutti gli eccessi esiste il rischio; il risultato che ne consegue è il seguente: 50% delle donne tunisine sono obese e il 10% degli adulti sono diabetici, apprendiamo da uno studio serio effettuato qualche tempo addietro dall'Istituto Nazionale dell'Alimentazione.
Ipertensione arteriosa, aumento del glucosio nel sangue, obesità.le malattie legate a una alimentazione eccessiva sono divenute, di colpo, molto frequenti in Tunisia. D'altronde, dal 29 dicembre al 14 gennaio 1998, l'ospedale della Raba ha dovuto trattare almeno 1.387 pazienti sofferenti di questo genere di problemi, e dei quali un terzo era cardiaco. All'ospedale Charles Nicolle, le statistiche mostrano che 1.829 pazienti sono stati ammessi, nello stesso periodo, per disturbi gastrici.

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LIBANO: SPOSATI LA META' DEI PRETI MARONITI
(di Mirna Bassil in "L'Orient -Le jour", Beirut del 17/12/1999)

"Malgrado le difficoltà, la percentuale dei preti sposati all'interno del clero maronita è relativamente elevata. Nel 1994, era del 46%.
Il matrimonio dei preti è riconosciuto come legittimo dal Concilio Vaticano II. Tuttavia, quest'ultimo si guarda bene dall'estenderlo al rito latino poiché il celibato sacerdotale è un imperativo categorico. Il decreto conciliare sulla vita dei preti (Presbiterium ordinis) sottolinea che "le Chiese orientali hanno dei preti che scelgono, per dono della grazia, di rispettare il celibato- ciò che fanno tutti i vescovi- ma esistono anche dei preti sposati il cui merito è grande; raccomandando il celibato ecclesiastico, questo Santo Concilio non intende minimamente modificare la disciplina differente che è legittimamente in vigore nelle Chiese orientali; con tutto il suo affetto, esso esorta gli uomini sposati che sono stati ordinati sacerdoti a perseverare nella loro santa vocazione e nel dono totale e generoso della loro vita nel gregge che è stato loro affidato." Questa idea sarà ripresa nel CCEO (Codice dei canoni delle Chiese orientali) del 1993.
Fino agli anni '40, la missione pastorale in Libano era stata affidata a preti sposati. Alla morte del prete della parrocchia, quest'ultima si riuniva e designava, come nuovo curato, un uomo sposato di buona reputazione, saggio e benvoluto da tutti. Una formazione di 6 mesi lo preparava al suo ministero. Oggi, nella Chiesa maronita, la gran parte dei candidati a sacerdote sposato raggiungono il seminario di Karm Saddé. Esso assicura un programma di studi in lingua araba simile a quello della Facoltà pontificia, ma un po' più leggero: un anno preparatorio e quattro anni di teologia e di filosofia.
Alla fine del ciclo, i richiedenti ottengono un attestato. I giovani seminaristi che pensano al matrimonio lasciano l'Università di Kaslik per seguire i corsi di Karm Saddé. Generalmente, essi reagiscono a questa misura come se costituisse una forma discriminatoria. Esiste dunque un malessere.
Le Chiese orientali non prevedono nulla di veramente adatto a questa situazione. Nella Chiesa greco-cattolica (melkita), i futuri preti sono accolti al seminario i Raboueh, costruito nel 1974 per iniziativa del patriarca Maximos V Hakim. Alcuni fra loro sognano il matrimonio, altri non hanno preso ancora una decisione. Nella Chiesa armena-cattolica, affinché un uomo sposato possa essere ordinato prete, egli deve avere dei costumi irreprensibili, una bella voce, una formazione superiore e deve accettare un incarico lontano dai grandi centri urbani.
Ben lontano dai criteri occidentali, un prete sposato non ha nulla d'insolito o di eccezionale. Salvo che egli si ritrova molto spesso in lotta per conciliare i bisogni materiali della sua famiglia e i doveri spirituali del suo sacerdozio."

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A PROPOSITO DEL CERTIFICATO DI VERGINITA'
(del dott. Mohamed Aboulola, in "El Watan" del 11/1/2000)

In questo intervento l'autore, docente della Facoltà di medicina, contesta il ricorso, a quanto pare diffuso in Algeria, del certificato di attestazione della verginità delle donne.
"Il medico non si può erigere a giudice della virtù. Egli può, certo, stabilire, dopo un esame ginecologico, un quadro descrittivo.nei casi in cui una giovane donna subisca un trauma derivato da un intervento chirurgico o da una violenza sessuale o presenti una malformazione congenita. In questi casi è un dovere medico-legale certificare l'innocenza di una persona non responsabile di una ferita o di una anomalia. Al di fuori di questi casi, il cosiddetto certificato di verginità non ha alcun valore. In effetti, la scienza ha dimostrato che questa prova (la presenza dell'imene) non prova nulla, che spesso essa poteva essere fornita nell'innocenza più completa, tanto che poteva essere portata mediante la corruzione sapiente e raffinata.
Quando cesserà questa moda detestabile che consiste nell'esibire questo certificato della vergogna? Nessuno ignora che questo ha generato un commercio florido di rifacimento della verginità per mezzo di vari procedimenti molto lucrosi per i ciarlatani che li praticano e talmente ingannevoli per coloro i quali credono in questo pezzo di carta.
Ricordo che presso molti popoli, all'indomani del matrimonio, si stendeva, all'esterno e agli occhi di tutti, il lenzuolo macchiato di sangue come prova della virtù della sposa. Ciò accadeva in Italia, in Spagna. Ciò accade ancora da noi qualche volta. Ciò non è contrario al pudore islamico?
La donna non è che un prodotto animale che deve portare un'etichetta di qualità?
Bisogna abolire le abitudini acquisite sotto la pressione dell'opinione pubblica, poichè sarà difficile in seguito rimetterle in causa. Il medico non deve essere complice di tale comportamento segregazionista dove il dubbio persiste quanto alla virtù della donna e non si pone alcuna questione in ordine alla verginità del futuro sposo. Il medico non deve partecipare a una pratica senza valore scientifico e di dubbio valore morale. La prima, fondamentale regola della medicina è di non attentare all'integrità dell'uomo né alla sua dignità (anche se questo uomo è una donna).

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