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Direttore: Agostino Spataro

Periodico a cura del
Centro Studi Mediterranei

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Il 13 gennaio 2000 è scaduto il termine, previsto dalla legge sulla concordia civile promossa dal presidente algerino Bouteflika e approvata dal referendum popolare, entro il quale dovevano arrendersi e consegnare le armi, i membri delle diverse organizzazioni terroristiche che hanno insanguinato l'Algeria, provocando morte e distruzioni (in 8 anni più di 100 mila morti, in gran parte civili inermi, donne, vecchi e bambini).
Con l'AIS di Mezrag Madani le autorità avevano concluso una tregua nel 1997, prima cioè del varo della legge sulla "concordia civile", perciò il presidente algerino ha emesso un decreto di "grazia amnistiante" in favore dei militanti di questa organizzazione, a cui è seguito l'annuncio di Merzag di "autoscioglimento" dell'AIS.
Ma non tutte le organizzazioni terroristiche, soprattutto le frange più estremistiche, hanno accettato di consegnarsi alle forze dell'ordine, entro la data del 13 gennaio.
Per quanto parziale (si parla di 2860 consegnati su un totale di circa 5.000 elementi), questa resa è un risultato importante sulla strada della convivenza pacifica e della crescita della democrazia algerina. Allo stato non è facile prevedere le conseguenze politiche, militari e di altra natura per le mancate consegne. Molti terroristi si sono rifugiati all'estero, in Europa e in taluni paesi arabi.
Ovviamente, tutto questo ha suscitato forti contrasti nell'opinione pubblica e fra le forze politiche, culturali e sociali algerine: all'esultanza dello schieramento filogovernativo fanno da pendant il rifiuto categorico delle associazioni dei familiari delle vittime del terrorismo islamista, le preoccupazioni diffuse negli ambienti dell'opposizione per la scarsa trasparenza degli accordi con l'AIS e per la forzatura della stessa legge sulla concordia civile.

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ALGERIA: LA "CONCORDIA CIVILE" PROPOSTA DA BOUTEFLIKA DIVIDE IL MOVIMENTO INTEGRALISTA ISLAMICO
(di Cherif Ouazani in "Jeune Afrique" del 10 dicembre 1999)

"Più che la ripresa dei massacri di civili da parte dei Gruppi Islamici Armati (GIA), l'assassinio, il 22 novembre a Bab el-Oued, del leader islamista Abdelkader Hachani ha provocato un vero scisma fra gli islamisti algerini. Per semplificare, distingueremo 5 grandi tendenze all'interno di questo movimento: 3 militari e 2 politiche.
C'è innanzitutto l'Armata Islamica della Salvezza (AIS), considerata come la branca militare del Fronte Islamico della Salvezza (FIS), partito sciolto d'autorità nel 1992. Diretto da Madani Mezrag, l'AIS ha negoziato con il potere una tregua a partire dal 1° ottobre del 1997. Dopo, le sue truppe si sono acquartierate nella regione di Jejel, senza avere consegnato le armi. Gli uomini di Mezrag hanno la possibilità di ricevere le loro famiglie e il loro sostentamento è assicurato dall'Esercito regolare, "A spese del contribuente", s'indignano gli oppositori della tregua. Avendo negoziato il cessate-il fuoco prima dell'entrata in vigore della legge sulla concordia civile, adottata col referendum del 26 settembre 1999, i dirigenti dell'AIS non si sentono interessati all'iter stabilito dal Presidente Bouteflika. Meglio: essi considerano che la tregua non è una resa e intendono negoziare un'amnistia generale, così come uno statuto "di combattenti" per i loro uomini.
Vi sono, poi, i pentiti del GIA. Essi sono circa 1.500 (di cui un certo numero di donne) che hanno deposto le armi al fine di beneficiare della legge sulla concordia civile. Dopo essersi presentati davanti ad una commissione locale di verifica, essi hanno raggiunto le loro case dove attendono la scadenza del 13 gennaio (data oltre la quale le rese non saranno più prese in considerazione) per conoscere la sorte che sarà loro riservata.
La terza categoria è costituita dall'ala radicale dei GIA. Al suo interno, infuria la lotta per la leadership fra Hassan Hattab e Antar Zouabri. Non è necessario sottolineare la barbarie delle loro azioni.
Insediati nei massicci del Djurdjura e dell'Atlas blideo, al Centro, ma anche nella valle dello Chelif, i monti Sabra (alla frontiera col Marocco) e quelli di Saida nell'Ovest, i GIA hanno conservato un'importante capacità distruttiva, a dispetto del movimento di resa che ha ridotto i suoi ranghi.

I politici, per parte loro, si dividono in due grandi tendenze. Quelli che Washington chiama "i moderati" sono essenzialmente raggruppati nel Movimento della società per la Pace (MSP, ex-Hama), diretto da Mahfoud Nahnah. Gli altri costituiscono una nebulosa dove si ritrovano dirigenti del FIS rifugiati all'estero e del Movimento per la riforma nazionale (MRN) di Abdallah Djaballah, per il quale la riabilitazione del FIS resta una condizione irrinunciabile per la soluzione della crisi.
Due elementi nuovi complicano ancora un po' il paesaggio. Il primo è l'entrata in scena dell'ex ministro degli Affari esteri di Chadli Bendjedid: Ahmed Taleb Ibrahimi.
Destituito all'indomani delle manifestazioni dell'ottobre 1988, questi non ha fatto mistero delle sue simpatie islamiste. E' stato candidato alle elezioni presidenziali del mese di aprile (1999), prima di ritirarsi, insieme a tutti gli avversari di Bouteflika, alla vigilia dello scrutinio, ciò non gli ha impedito di raccogliere più di 1 milione di voti. La sua strategia, che consiste nel raggruppare e federare i partigiani del FIS e i militanti che non hanno mai creduto all'opzione insurrezionale, è stata dunque coronata dal successo. D'altronde, Hachani e molti altri dirigenti del FIS hanno fatto apertamente campagna per lui.
Questo buon risultato lo ha indotto a creare un proprio partito, Wafa, il cui congresso costitutivo dovrà tenersi il 18 dicembre .
Quanto alla cacofonia che regna fra gli islamisti radicali, Bouteflika può sperare di trarne un beneficio politico. A questo proposito, le reazioni dei dirigenti dell'ex FIS alla politica di concordia civile sono, pur nelle loro contraddizioni, significative. Rabah Kebir e Ould Adda, rispettivamente capo e portavoce dell'istanza esecutiva del FIS all'estero, la trovano "incoraggiante", Taleb Ibrahim , Abdallah Djaballah e Alì Djeddi la considerano "insufficiente", mentre Kamar Edine Kherbane o Ahmed Zaoui, oggi vicini al GIA, la rigettano categoricamente. L'affaire della vera-falsa lettera di Abassi Madani, pubblicata il 6 dicembre da Al-Hayat, quotidiano saudita stampato a Londra, illustra a meraviglia questi contrasti. In questa lettera, il leader del FIS chiede, in effetti, alle truppe dell'AIS e ai pentiti dei GIA di riprendere le armi e di respingere la pace proposta da Bouteflika ..."

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IL CNOT CHIEDE L'AZIONE PENALE CONTRO I TERRORISTI PER CRIMINI CONTRO L'UMANITA'
(di Amel Bouakba in "La Tribune" del 15/1/2000)

Giovedì scorso, a qualche ora dalla scadenza dell'ultimatum della legge sulla concordia civile, il "Comitato nazionale contro l'oblio e il tradimento" (Cnot) ha espresso, ancora una volta, la sua totale opposizione alla politica di riconciliazione di Bouteflika, e precisamente all'amnistia.
Circa 350 famiglie di vittime del terrorismo, venute da varie regioni del paese, si sono riunite per insorgere contro il decreto promulgato da Bouteflika, qualificato di "tradimento", che amnistia l'organizzazione di Madani Merzag, l'Ais.
Il Cnot rifiuta la legittimazione del terrorismo e chiede l'azione penale contro i terroristi e i loro mandanti per crimini contro l'umanità e uno statuto per le famiglie delle vittime. Essi hanno anche rigettato l'amnistia generale che- dicono- macchia la memoria delle vittime del terrorismo.
"E' inconcepibile - dice un membro del CNOT- che, fino a ieri, sulla testa di Madani Merzag pendeva una taglia di 450 milioni di centesimi, la sua foto era esposta dappertutto, dandolo per un pericoloso terrorista che minaccia la vita dei cittadini. Oggi, grazie a questa amnistia, egli beneficia pienamente di tutti i suoi diritti civili. Non è improbabile che lo vedremo domani nell'emiciclo dell'APN come deputato."

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IL GIORNO DOPO
(di Chaffik B. in "La Tribune" del 15/1/2000)

Il giorno dopo. Come previsto, non sarebbe mancato un bottone di ghetta per salutare l'amnistia, la dissoluzione dell'AIS, la concordia, il suo spirito, la sua opera, il suo maestro. Nessuna dissonanza nell'orchestrazione delle celebrazioni.Prosaicamente si può essere soddisfatti all'idea che coloro i quali hanno deposto le armi per una ragione o per un'altra, e quale che sia la dimensione propriamente politica di queste ragioni, non uccideranno più, ne aggiungeranno nuovi mali ai mali che ci travagliano.
Si sa, da fonte sicura, che l'amnistia di fatto proteggerà così - anche contro lo spirito e la lettera della legge - coloro i quali hanno ucciso, violato, deposto degli ordigni esplosivi sulle piazze pubbliche; e c'è ancora bisogno di opporre la nobiltà dei fini - la pace, la sicurezza delle persone, dei beni - al cinismo dei mezzi?
I più soddisfatti dell'evoluzione delle cose sono ancora, e senza sorpresa, coloro i quali avranno meno da verificare la loro portata pratica e di avere probabilmente gestito la violenza come dato politico, invece di averla subita sulle piste improbabili, nei luoghi detti senza nome, nelle notti senza fine, le angosce e le lacerazioni.

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CONCORDIA CIVILE: 2860 terroristi de l'AIS hanno beneficiato della grazia
(in "El Watan" del 18/1/2000)

La lista dei terroristi che hanno beneficiato della grazia amnistiante decretata dal presidente della Repubblica si è fermata a 2860 elementi usciti dall'AIS si è appreso da fonte sicura.
Nessuno di loro parteciperà a fianco delle truppe dell'ANP alla lotta antiterrorismo. Tuttavia, alcuni saranno utilizzati per lo sminamento o per fornire informazioni sugli irriducibili dei GIA.
Secondo le stesse fonti, le altre organizzazioni interessate dalla tregua ma che non dipendono da Madani Merzag beneficeranno, per parte loro, delle disposizioni della legge sul ristabilimento della concordia civile e non della grazia amnistiante.
Si tratta della LIDD, diretta da Alì Benhadjar, accantonata sulle alture di Tamezguida a Medea, e della falange Errahman, comandata da Mustaphà Kartali, basata sui monti che circondano la città di Larbaa, a Blida.

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DALLA CONCORDIA CIVILE ALLA RICONCILIAZIONE NAZIONALE / LA PACE NELLE NOSTRE MANI
(in "El Moudjadih" del 18/1/2000)

L'Ais, dissolto, rientra nei ranghi. Dalle nostre campagne ci giungono gli echi annunciatori di un ritorno ad un'esistenza normale. Il corso della vita riprende la sua strada, così quello della pace. La pace è incarnata dal grande slancio di pentimento e di riconciliazione nazionale.
L'Algeria dell'anno 2000 s'installa durevolmente in una dinamica di lunga portata e i suoi nemici interni sono votati alla consunzione.
Questa è la regola della pace che comincia a produrre i suoi effetti .
Era necessaria l'audacia di un Presidente che, agendo come stimolo, permettesse che tutto ciò potesse arrivare. Era necessario un percorso nuovo e coraggioso per restituire agli Algerini la loro virtù. Pertanto, non dobbiamo rischiare gli stessi errori del passato prendendo l'eternità per alibi.
Bisogna dare un contenuto economico, sociale e culturale alla pace. Il programma del nuovo governo è tutto in sintonia con queste sfide. Il resto dovrà seguire col metro della pace alfine di arricchire, diversificandolo, il suo contenuto.
Uno Stato, una nazione, una patria non si costruiscono in un solo giorno, è necessario del tempo, della saggezza, del buon senso e una buona dose di tolleranza per arrivarci. La pace è nelle nostre mani. Sta a noi farla fruttificare e godercene il frutto.

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IL RISTABILIMENTO DELLA PACE AL CUORE DELLA RICOMPOSIZIONE POLITICA
(di Rachid Mohamed Larbi in "La Tribune" del 15/1/2000)

La scena politica nazionale è, ora e di già, e senza sorprese, globalmente satura degli ultimi mutamenti introdotti con la legge sulla concordia civile.
L'osservazione delle condizioni reali di applicazione delle misure decretate costituisce, nell'immediato, il punto di fissazione obbligato del dibattito politico. Lo smantellamento delle truppe dell'AIS, il destino effettivo degli armati, la sorte dei campi di concentramento diranno sulla credibilità degli accordi realizzati e daranno una prima preziosa indicazione sulle disposizioni degli uni e degli altri.
Le incognite, da questo punto di vista, si trovano sia dalla parte dei poteri pubblici sia da quella dei differenti gruppi che hanno aderito alla tregua...
Non c'è più dubbio che il carattere relativamente occulto dei negoziati, l'ipotesi dell'esistenza di codicilli o di disposizioni segrete - sulla sorte stessa dei capi dei gruppi armati e di Madani Merzag medesimo, ovvero sul futuro dell'ex partito e dei suoi ex dirigenti- saranno al centro - anche in maniera polemica - del processo di ricomposizione che si dovrà attuare. In effetti, nulla più si oppone - almeno sul piano della forma - allo scenario di uscita dalla crisi immaginato e contrassegnato a Roma, nel gennaio del 1995, (S. Egidio n.d.r.).
Il disarmo dell'AIS in particolare, sembra sia stato conseguito senza l'associazione formale dell'ex FIS, senza negoziati globali. Pertanto e nella misura in cui gli accordi saranno convalidati sul campo, i partigiani dichiarati della riconciliazione e della pace, potranno mantenere le loro posizioni, senza riesaminarle? In quale misura anche la rivendicazione del ritorno, sotto una forma o un'altra, del partito disciolto può ragionevolmente restare un obiettivo delle diverse strategie degli attori usciti dall'ex FIS e della vitalità condivisa delle loro ambizioni?
I giorni che verranno chiariranno le cose e il comportamento dei differenti segmenti della movenza islamista e neo-fisista e, più generalmente, quello della militanza riconciliatrice sarà osservato con attenzione.

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