( EDITORIALE )

Gli americani nel Maghreb
(nella foto: Tunisi)

Negli ultimi tempi, si nota un' attivismo insolito, un'intensificazione della presenza USA nel Maghreb. Qualificate delegazioni governative,
parlamentari, militari, di businessman  e rappresentanti di società petrolifere, di banche fanno la spola fra gli USA e le capitali dei tre principali paesi maghrebini: Algeria, Marocco e Tunisia.

Nella Libia del colonnello Gheddafi non vanno delegazioni ufficiali, poichè non sono state ancora normalizzate le relazioni diplomatiche, ma gli interessi americani sono stati sempre presenti, sotto varie forme, perfino nei momenti di più acuto scontro politico e nei periodi di più severo boicottaggio.

Nel Maghreb, area tradizionalmente legata all'Unione Europea, l'iniziativa americana sembra evolvere da azione ordinaria a strategia, di lungo corso, mirante a giocare un ruolo sul piano politico, militare e in particolare su quello economico-commerciale.

E non è casuale che ciò si verifichi nel momento in cui l'Unione Europea sta compiendo uno sforzo rilevante, anche sul piano finanziario, per
sostenere le riforme e i programmi di sviluppo dei paesi maghrebini, nel quadro del partenariato euromediterraneo, e quando si ricomincia a parlare di rilancio dell'Unione del Maghreb Arabo come valido interlocutore dell'Europa e come nuovo soggetto politico mediterraneo. Gli americani sono spuntati come un "convitato di pietra" che chiaramente punta ai mercati, agli idrocarburi, ma anche ad influenzare gli assetti politici e militari maghrebini. E perché no, a propagandare il loro campionario di armi e di congegni bellici, soprattutto in Algeria che ha varato un costoso programma di ammodernamento del suo antiquato sistema d'arma, in gran parte fornito dall'ex URSS. "Nel 1999, l'Algeria ha sborsato 600 milioni di dollari per acquistare materiale militare
dagli USA, divenendo in un colpo il secondo cliente arabo degli Stati Uniti e il settimo del terzo mondo...", assicura il giornale algerino "Le Jeune Indipendent" del 26/4/2000.

La presenza americana nel Maghreb è del tutto legittima, ma pone qualche problema, in primo luogo, all'Europa e al progetto d'integrazione euro - mediterranea, poiché si pone come ipotesi concorrenziale e punta dritta al cuore della questione maghrebina: al petrolio e agli armamenti, per rafforzare la stabilità dei regimi al potere impegnati a garantire il meccanismo di produzione e di rifornimento.

Ma è bene passare dalle supposizioni ai fatti concreti.

Tralasciamo i dati più remoti e soffermiamoci agli episodi più recenti, per altro amplificati dagli organi di stampa locale. Il settimanale tunisino "Realites" (del 2/3/00), sotto un titolo altisonante "13.000 esperti U.S. alla riscossa", parla di "offensiva americana verso l'Africa del Nord...dopo l'apertura a Tunisi di un ufficio del Global Technology Network, ancora un segno della determinazione di Washington di concretizzare il suo progetto di partenariato economico con i paesi della regione, più che mai all'ordine del giorno..."

Secondo questo settimanale, solitamente ben informato, tutto è cominciato un anno e mezzo addietro con la famosa "iniziativa" dell'ex sottosegretario di Stato americano agli affari economici, Stuart Eisenstat, mirante a favorire un partenariato economico che dovrebbe sfociare nella creazione di una zona di libero scambio USA - Maghreb.

L'iniziativa Eisenstat, che non brilla per originalità visto che ricalca quella meglio programmata, anche se scompensata, promossa dall'Unione Europea con gli accordi di Barcellona, è riuscita a mettere in moto interessi e progetti in vari settori, soprattutto a carattere privato. L'Amministrazione americana non ha manifestato una grande disponibilità finanziaria, si è limitata a proporre uno stanziamento di 5 milioni di $ per il finanziamento della "iniziativa Eisenstat", inserito nel bilancio dell'anno 2000.

Troppo poco in confronto ai miliardi di euro dei Meda e rispetto al peso economico e politico della superpotenza americana.

L'iniziativa sul versante economico e commerciale, è stata accompagnata dall'azione politica, bilaterale e multilaterale, tendente ad accrescere l'influenza americana nel Maghreb.

Gli Usa non hanno mai fatto mistero di coltivare uno speciale interesse per la situazione algerina.                 

Perfino durante gli anni più bui del terrorismo islamista, i responsabili americani hanno operato, d'intesa con alcuni paesi arabi moderati loro alleati, per pilotare quella tragica vicenda in una certa direzione, sicuramente in senso antieuropeo.

Le attuali dottrine strategiche americane intravedono nel Maghreb "una zona di interesse vitale per gli Stati Uniti"; da qui la scelta dell'Algeria - al pari di altri importanti paesi quali il Brasile, l'India, l'Africa del Sud - come "paese strategico, ovvero come Stato - chiave della politica estera americana".

In questo senso, si muovono le annunciate (dal sottosegretario USA incaricato per gli affari del M.O., Edouard Walzer) manovre militari congiunte algero - statunitensi, le prime del genere ed aventi carattere bilaterale. Le visite, il 24 aprile scorso, dell'ammiraglio Charles Stevenson, comandante in capo aggiunto delle forze americane in Europa, e nel settembre 1999 di Daniel Murphy, comandante della VI flotta, ricevuti entrambi dal presidente Bouteflika e dal generale di corpo d'armata Lamari, vero patron dell'Armata popolare nazionale algerina, confermano il fortissimo interesse USA per il piano di ammodernamento militare algerino e "per la messa a punto di un programma militare comune permanente...che potrebbe sfociare in una alleanza strategica fra Washington ed Algeri, mirata essenzialmente a garantire la stabilità nella regione mediterranea...Non è escluso che l'ambizione di Washington, mediante questa cooperazione, sia di fare dell'Algeria un partner economico e militare attivo nel Mediterraneo, e successivamente un alleato nella regione del nord-Africa." (cfr. "Le Jeune Indipendent" op.cit.)                                                                    

Gli americani sembrano avere fretta e procedono da soli nel loro disegno, senza aspettare le conclusioni del dialogo politico avviato fra la Nato e un gruppo di Paesi nord-africani, fra i quali l'Algeria, il Marocco, la Tunisia e la Mauritania. Dialogo che ha creato attese anche in certi settori dell'opinione pubblica algerina, di cui si fa carico il il quotidiano "La Tribune" (8/3/00), che così commenta: attraverso la Nato, "americani ed europei si accordano sull'importanza geopolitica dell'Algeria nella sua triplice appartenenza africana, mediterranea e araba e sul suo ruolo per la stabilità regionale...Per l'Algeria, il suo coinvolgimento nel quadro del dialogo Nato- paesi mediterranei non può che essere utile in una congiuntura in cui si delinea una forte tendenza verso l'integrazione multidimensionale..."

Di cooperazione militare si è parlato anche nel corso della visita del Segretario di stato Usa alla Difesa, Cohen, al giovane re del Marocco, Mohammed VI, svoltasi nella prima metà di febbraio, a conclusione di un lungo viaggio africano.

Stando alle dichiarazioni di Kenneth Bacon, portavoce del Pentagono, (riportate dal quotidiano marocchino "Le Matin" del 25/2/00), questa cooperazione dovrà consistere in "esercitazioni militari complesse e nel proseguimento del dialogo fra le Forze Armate dei due Paesi..." per fronteggiare le sfide alla sicurezza nella regione dell'Africa del nord rappresentate "dai rischi d'instabilità, piuttosto che da minacce specifiche..."

Siamo di fronte ad un intreccio ben coordinato di azione politico - diplomatica e promozione commerciale, di cui si avvantaggiano le grandi corporations americane, soprattutto produttrici di sistemi d'arma e petrolifere in cerca di nuovi mercati e di nuovi permessi di prospezione e di fruttuosi accordi per la commercializzazione degli idrocarburi.     

Da questi ed altri elementi è agevole rilevare come la regione maghrebina, specie nella prospettiva di fuoriuscita dalle sue crisi endemiche (terrorismo islamista e conflitto per il Sahara occidentale del quale si sta occupando J. Baker, ex segretario di Stato USA), sia divenuta oggetto delle mire strategiche degli Stati Uniti, i cui rappresentanti non vengono, certo, nel Maghreb per un tè nel deserto...

Agostino Spataro


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Numero 4 - aprile 2000

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