L’Europa in pieno subbuglio
A poco più di vent’anni dal crollo del muro di Berlino, l’Europa sta vivendo la sua crisi più grave. Molteplici sono i fattori, interni ed esterni, che, nel tempo, l’hanno determinata.
Dopo il default greco e le avvisaglie che minacciano altri Paesi del sud, fra i quali l’Italia, l’Europa è in pieno subbuglio.
Inquietudini e paure si stanno impadronendo dello spirito pubblico; si temono fallimenti a catena, disordini sociali e instabilità dei governi dall’Atlantico agli Urali, dalla Finlandia alla Grecia.
Sul versante politico il dopo- Berlino ha provocato un forte ridimensionamento del ruolo e della forza della sinistra (comunista, socialista e socialdemocratica), mentre si stanno affermando movimenti e partiti nazionalisti e neo fascisti anche come risposta alle “insicurezze”, vere e/o presunte, dei ceti più colpiti dalla crisi.
Sul terreno morale la crisi scuote le basi della cultura, dell’informazione e persino della religione, soprattutto quelle della chiesa cattolica al centro di un ciclone che non accenna a placarsi.
Il neocapitalismo finanziario globalizzato, uscito vincitore unico dal lungo confronto, alla prova dei fatti, sta dimostrando di non essere all’altezza della situazione, anche se ha preteso e ottenuto l’asservimento ai suoi disegni della gran parte della classe politica e della stessa rappresentanza sociale.
Dal dopoguerra, mai si era verificata una condizione di predominio così incontrastato. Eppure, il risultato è lo sconquasso generale: dal disordine monetario e fiscale al mancato controllo della spesa pubblica, dalla corruzione dilagante alla crescita esponenziale della disoccupazione, alle nuove povertà.
E’ stata pianificata e attuata una destrutturazione degli assetti dei poteri, un’iniqua redistribuzione delle ricchezze nazionali (PIL) a tutto danno dei ceti produttivi medio - bassi; un colossale ri-equilibrio, in senso classista, a vantaggio dei ceti più ricchi.
Il liberismo è incapace di governare le economie e gli Stati
Insomma, alla sua prima uscita in pubblico, questo neo capitalismo, liberista solo a parole giacché i conti dei suoi disastri li continuano a pagare gli Stati e i cittadini (vedi crisi delle borse in Usa e, oggi, la crisi dell’euro in Europa), si sta dimostrando incapace di governare gli Stati e i processi da esso stesso generati.
Nel campo della politica è stato un disastro, così nei campi di sua pertinenza: della finanza e dell’economia.
Le banche, le borse valori, le società di rating, manager e consulenti prezzolati, le teste d’uovo avevano promesso il paradiso in terra, un “nuovo ordine internazionale” più giusto e più equo. Invece, ci ritroviamo con un mondo in disordine e segnato da nuove ingiustizie, da mortali pericoli per l’ambiente, per il pianeta.
Tutto ciò, mentre si riducono gli spazi di democrazia e dei diritti dei singoli e delle nazioni.
Incapace di governare il caos e decisa a fuorviare lo spirito pubblico, i “liberisti” cercano a destra gruppi e partiti disponibili ad accendere la miscela esplosiva che minaccia l’Europa.
Nulla di nuovo sotto il solo: è solo un gioco vecchio, ai più noto.
Si riaccendono, così, nazionalismi, anacronistici rivendicazionismi territoriali, intrighi secessionisti, frustrazioni razziste, xenofobe, integralismi religiosi, intolleranze politiche, ecc.
Come dire: non potendo addomesticare per bene i popoli e gli Stati si tenta di frantumarli, schierarli l’uno contro l’altro. Chissà se, alla fine, non ci esca una bella guerra patriottica e/o di religione?
La destra estrema, xenofoba: il nuovo pericolo per l’Europa
Si delinea, dunque, una prospettiva davvero inquietante per un continente che ha conosciuto la tragedia del fascismo e del nazismo e, per altri versi, quella delle dittature stataliste filosovietiche. Sta emergendo, infatti, una nuova destra nazional-popolare, xenofoba, antisemita (ossia antiaraba e antiebraica) con punte dichiaratamente razziste e neo-naziste.
Il fenomeno è preoccupante poiché non si tratta dei soliti gruppi minoritari, ma di movimenti e di partiti che nelle più recenti consultazioni elettorali hanno fatto registrare risultati davvero rilevanti e inattesi, oscillanti fra il 10 e il 16%.
Tutta l’Europa è attraversata da tali tendenze. Si va, infatti, dal 15,6% del partito FPOE austriaco al 16,38% di quello della “Nuova era” in Lettonia, dal 9% del FN di Le Pen in Francia al 14,4% del Partito del popolo danese, dal 10% dei “Veri finlandesi” al recentissimo 16% del Jobbik ungherese, dal 13% di “Ordine e giustizia” lituano al 16% del “partito della libertà” olandese, ecc.
Questa- ci sembra- la vera novità politica che sta emergendo dalla crisi europea. La destra estrema oggi spinge quella moderata ad indossare la divisa dell’intolleranza per domani soppiantarla in tutto e per tutto.
E, con i tempi che corrono, questo domani potrebbe verificarsi anche a breve.
In Italia, Berlusconi ha attutito le spinte più gravi?
L’Italia non è esente da tale travaglio. Tuttavia, bisogna constatare che sul terreno non operano importanti formazioni neo-fasciste. Forse, perché gran parte di tale disagio è stato intercettato dalla Lega nord la quale mantiene al suo interno forti ambiguità secessioniste e evidenti connotati xenofobi, ma non può essere tacciata di simpatie fasciste.
Perché tutto questo?
Le cause sono diverse, ma c’è né una che, forse, prevale sopra le altre. Anche a rischio d’incappare nell’accusa d’eresia, penso che parte del merito sia riconducibile a Silvio Berlusconi il quale, coinvolgendo, per sua convenienza, la Lega e An nei suoi governi e nelle sue alchimie politiche, ha contribuito, oggettivamente, a contenere le mire elettorali e secessioniste di Bossi e alla frantumazione del blocco residuo della destra neofascista proveniente dal vecchio MSI di Almirante.
Una volta al governo, si sono affievoliti i propositi più bellicosi e i vizi hanno prevalso sulle virtù catartiche dei sacri carri.
Il sottile, irresistibile fascino del potere, le comode poltrone ministeriali, gli agi per amici e parenti più intimi, sono riusciti a fiaccare anche gli spiriti più rudi e indomiti.
Quest’opera di contaminazione probabilmente avrà influito di più degli anatemi, delle risse dei centri sociali e di certe altalenanti incoerenze (specie verso la Lega) della sinistra tradizionale.
Tuttavia, prima o poi, il problema si aggraverà anche in Italia e non si potrà continuare a “confidare” nelle piroette di Berlusconi. Anche perché il suo tempo va a scadere.
C’è bisogno di ben altro.
L’uovo di Bergman e il male del secolo
Ma torniamo al contesto europeo sempre più segnato da foschi fermenti che deprimono e, al contempo, esasperano lo spirito pubblico. Anche nelle società più progredite del centro-nord dove-secondo la metafora cinematografica di Ingmar Bergman- fu depositato “l’uovo del serpente”.
In questo film, terribile e un po’ presago, il regista svedese ricorse, infatti, alla metafora dell’uovo del rettile più inviso per denunciare il male incubatosi, nei primi anni ’20 del secolo trascorso, nelle pieghe della società tedesca in preda ad una gravissima crisi economica, morale e politica.
Da quell’uovo nacque il nazismo ossia il potere più perfido e micidiale che l’umanità abbia conosciuto.
Confesso che ho usato la metafora di Bergman un po’ controvoglia giacché, personalmente, non ho nulla contro i serpenti. Anzi, quando mi capita di vederli, liberi in natura, resto ammirato della loro misteriosa bellezza e abilità di mimetizzarsi, di cibarsi e di cambiare pelle.
Soprattutto, m’incanta il loro accoppiamento in verticale, esercizio complicatissimo per creature viscide e sprovviste di arti, dal quale verrà l’uovo che, secondo una certa mitologia, riprodurrà il male tentatore. Così è nell’immaginario collettivo. Anche se l’immagine evocata non ha alcun riscontro scientifico razionale.
Tuttavia, andiamo avanti, sperando che la metafora almeno ci aiuti a rendere meglio l’idea del pericolo che si sta incubando nel corpo della società europea.
Sottrarre i giovani alle manovre della destra
Purtroppo, allora, il mondo sottovalutò, ignorò quelle tendenze che si affermarono, sulla spinta di grandi movimenti di massa, al governo dell’Italia e della Germania.
Nel cuore dell’Europa si crearono il clima e l’habitat adatti per far schiudere l’uovo malefico ch’era stato depositato.
Come sia andata a finire è a tutti noto. Anche se qualcuno vorrebbe negarla, la tragedia del nazismo e del fascismo è rimasta scolpita nei libri di storia e nelle menti atterrite di chi l’ha vissuta e di quanti hanno ereditato, e conservato, la memoria.
Oggi, la domanda che più inquieta è la seguente: quella terribile realtà può ritornare?
La risposta non è facile. Forse, è presto per dirlo. Eppure qualcosa di simile s’intravvede all’orizzonte.
Al momento, fra quel passato e il presente non vi sono analogie così pregnanti (è il caso di dire).
Tuttavia, dovrebbero preoccupare, più delle stesse esibizioni di forza, le tendenze elettorali evidenziate che denotano un certo grado di consenso popolare, più o meno esasperato, a sostegno di tali disegni.
L’obiettivo è chiaro: introdurre nuovi elementi di divisione e di scontro all’interno dei settori popolari e, quindi, rompere una certa coesione politica (democratica e di sinistra) che li ha connotati.
Perciò, il fenomeno va affrontato lucidamente, senza allarmismi e senza sottovalutazioni; con spirito dialogante, aperto cioè al recupero di settori sociali, specie giovanili, che stanno per essere trasformati in massa di manovra.
Non servono anatemi e violenze gratuite. Anzi, è questo il terreno più propizio per il dispiegamento della strategia della destra radicale. Servono idee, proposte innovative per superare la crisi senza condannare alla disperazione e alla disoccupazione i giovani, i lavoratori e i ceti meno abbienti, gli immigrati.
Se la sinistra non vuole morire d’inedia
E’ inutile girarci intorno: così com' è stata costruita, specie negli ultimi vent’anni, l’Europa va bene solo per pochi, non per tutti.
La gestione della crisi può essere decisiva per il suo futuro, anche istituzionale. Il progetto europeo o si realizza come Unione dei popoli nella democrazia o non avrà vita facile.
In questa nostra civilissima Europa tira una brutta aria. Riappaiono i fantasmi di un passato che si pensava fosse stato sepolto sotto le rovine della seconda guerra mondiale.
Occorre uno sforzo più coerente e generoso per costruire una vera Unione, politica e sociale, dei popoli europei.
Se non vuole morire d’inedia, la “sinistra”, comunque connotata, deve rigenerarsi e impegnarsi a giocare un ruolo trainante in questa svolta, abbandonando sterili condotte minoritarie e posizioni di governo che, talvolta, non le competono.
Oggi, il problema prioritario è quello di difendere il potere d’acquisto, i diritti al lavoro e ai servizi fondamentali delle masse emarginate o in via di esclusione.
Diritti non adeguatamente difesi da una sinistra sempre incerta e penitente, oltre che divisa.
Da qui, anche, la disillusione, la sfiducia di taluni settori sociali sempre più attirati dai richiami razzisti e fascisti.
Come se quel seme malefico stia cominciando a ingravidare anche le parti più sane della società.
L’Italia si salva tutta intera
Concludo, restando dentro la metafora, con una domanda: il (la) serpente potrebbe depositare il suo “uovo” anche in Italia?
Nel 1919 è accaduto, partendo da Milano e dalle lande più ricche e attive del nord italiano.
Il Sud, pur essendo prevalentemente conservatore, sfilò sotto le romaniche insegne ma non credo abbia aderito al fascismo con convinzione: glielo impedirono la sua ironia e la sua repulsione verso un ordine cialtrone e militaresco.
Oggi, che dire? Speriamo che non avvenga mai. Tuttavia, non si possono chiudere gli occhi di fronte alle crescenti pulsioni xenofobe, alle squadre e ai gagliardetti, alle minacce di rottura dell’unità nazionale. Bene ha fatto il presidente Napolitano, l’altro giorno a Marsala, a denunciare con forza questi pericoli.
Spiace rilevare queste cose che, in fondo, sono imputabili a una minoranza egoista e rumorosa.
Noi preferiamo restare legati alla visione di un nord dinamico, solidale e aperto al mondo che ha visto nascere il più grande evento della nostra storia nazionale: la gloriosa Resistenza al nazi-fascismo per la liberazione e l’unità dell’Italia.
Certo, sappiamo dei disagi sociali, sovente reali e motivati, di difficili problemi di vivibilità che travagliano alcune grandi città del nord, principalmente a causa delle contraddizioni create da quel modello di sviluppo, oggi, in affanno.
Problemi da considerare che, come quelli del Sud, vanno risolti nel quadro di uno rinnovato sforzo unitario e solidale.
Certo, la convivenza è difficile anche in famiglia, figurarsi fra popolazioni così distanti e diverse per cultura, reddito e condizioni di vita civile. Credo che si possa convivere, nella legalità e nella libertà. Checché ne pensino i sacerdoti del fiume più inquinato: l’Italia si salva tutta intera o non si salva.
Agostino Spataro
20 maggio 2010
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