In questa nuova rubrica proponiamo articoli e commenti comparsi su "la Repubblica - Palermo" riguardanti le relazioni tra la Sicilia e i paesi dell'area mediterranea e del mondo arabo. ( LA SICILIA NEL MEDITERRANEO)
La
Nuova frontiera Euro-Mediterranea * AGOSTINO SPATARO Oggi si fa un gran parlare di Sicilia e Mediterraneo, di "ponte" fra Europa e Africa, di scambi e di cooperazione con i Paesi del Maghreb, etc, etc. Tutto ciò è bene, anche se, noi che, da circa 30 anni, andiamo proponendo (sovente in solitudine) questa prospettiva come una delle principali vie d'uscita dalla crisi in cui è stata relegata la Sicilia, avvertiamo un leggero senso di fastidio nell'udire o nel leggere di prese di posizioni enfatiche da parte di taluni che, fino a pochi anni addietro, ignoravano o disdegnavano questa possibilità. Ma non è questo il punto. Il fatto davvero importante è che nel Mediterraneo qualcosa di costruttivo si sta effettivamente movendo, che una politica nuova sta, forse, nascendo e si potrà affermare se si placheranno gli odi a Gerusalemme, se cesserà l'eterno conflitto che vi si svolge dentro ed intorno, non per far prevalere un Dio o un culto, ma per il controllo di due risorse fondamentali in Medio Oriente: una abbondante (il petrolio) e l'altra carente (l'acqua). L'esigenza di sottrarre l'area mediterranea da questa morsa infernale è stata espressa in più occasioni, ma con scarsi risultati. Importante però è cominciare ad immaginare, e programmare, un futuro non più ipotecato dalla "maledizione del petrolio". In un libro del 1993 **, scritto insieme all'amico Bichara Khader, eminente economista palestinese, abbiamo prospettato l'ipotesi di trasformare l'area mediterranea in uno "spazio economico comune" condiviso fra Europa e Paesi terzi mediterranei, da proporre come uno dei poli dello sviluppo mondiale per il XXI secolo. L'Unione Europea, dopo un trentennio di "politica mediterranea" episodica e parcellizzata, ha imboccato la strada di un approccio globale della questione mediterranea e sottoscritto con 12 Stati terzi mediterranei, nel novembre del 1995 a Barcellona, un trattato internazionale di enorme rilievo politico che delinea una prospettiva di partenariato su aspetti importanti che spaziano dalla sicurezza ai diritti umani, dall'emancipazione della donna ai flussi migratori, dall'aiuto pubblico agli investimenti privati, dalle infrastrutture al sistema dei trasporti, dalla formazione scientifica e professionale al turismo, dalla difesa dell'ambiente e del mare all'organizzazione dei mercati, etc. Per l'attuazione di tali accordi, l'UE ha impegnato e speso decine di migliaia di miliardi ed avviato azioni concrete di cooperazione e di scambio con i 12 PTM, mentre si sta lavorando per l'ingresso della Libia nel sistema del partenariato euro-mediterraneo che dovrebbe sfociare, nel 2010, nella creazione di una zona di libero scambio, ovvero di un nuovo mercato di 600-700 milioni di consumatori. Com'è noto, questo sistema di accordi e di finanziamenti è stato riconfermato, il 16 novembre 2000 a Marsiglia, nel corso del vertice dei ministri degli esteri dei 27 Paesi partecipanti al partenariato euromediterraneo che, certo, non è lo "spazio economico comune", tuttavia ha attivato una dinamica euromediterranea e una serie di processi economici e politici prima impensabili. Di fronte a questa realtà in movimento, in Sicilia invece di discutere e soprattutto operare per attrezzare la nostra regione per inserirla a pieno titolo nel processo già avviato, ci si divide, anche nel campo progressista, fra propugnatori di centralità mediterranee (tutte da costruire) e demolitori della prospettiva mediterranea. A mio avviso, la Sicilia sta dentro questo scenario, con tutto il suo bagaglio storico e culturale e con la sua attuale, contraddittoria realtà socio-economica, anche se bisogna sapere che la sola centralità geografica non è sufficiente a garantirle la centralità economica o d'altro tipo. Purtroppo, la Sicilia, considerata nella sua dimensione produttiva, infrastrutturale e mercantile, non è adeguata al livello di competitività esistente e a quello che, prevedibilmente, si determinerà nel 2010 nell'area mediterranea. A parte i ritardi e le carenze nelle infrastrutture dei trasporti, del sistema formativo, dell'agibilità democratica, vi sono altri elementi da valutare che denunciano una realtà distorta del sistema produttivo siciliano in rapporto al mercato mediterraneo. Ecco qualche esempio: in valore la quota siciliana dell'export nazionale ha raggiunto( giugno 2000) a malapena il 2% (contro il 28,5% della Lombardia), per altro il dato siciliano, in crescita rispetto al semestre precedente, è fortemente inficiato dall'incidenza delle produzioni di benzine e derivati, mentre la quota non oil è rimasta sostanzialmente inalterata; con i Paesi arabi e mediterranei (in particolare con quelli esportatori d'idrocarburi) la Sicilia mantiene un pesante saldo negativo che, sul piano nazionale, è compensato con le esportazioni delle regioni del centro nord. Come dire: la Sicilia si fa carico dell'importazione e della raffinazione di enormi quantità di petrolio per i mercati nazionale ed europeo ( con grave pregiudizio per la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema marino), ma sono le regioni forti del centro nord italiano a trarne beneficio sul terreno economico, realizzando la quasi totalità dell'export di beni e servizi verso i paesi d'origine degli idrocarburi. Questo si verifica- è bene rilevarlo- anche perché la Sicilia ha poco o nulla da esportare sui mercati arabi e mediterranei. Tranne qualche eccezione, il sistema produttivo siciliano è debole, scarsamente diversificato, talvolta obsoleto, e pertanto incapace di competere su questi mercati con le produzioni dei principali paesi industrializzati; il sistema siciliano non riesce a soddisfare adeguatamente nemmeno il fabbisogno locale (si ritiene che sia del 20-25% la capacità di copertura del mercato interno siciliano), mentre la gran parte delle produzioni agricole (vino, agrumi, ortaggi, olio, etc) sono soggette alla forte concorrenza delle produzioni mediterranee e perciò sono state escluse- temporaneamente- dagli accordi di Barcellona. La questione non è dunque quella di dividersi sulle opzioni geoeconomiche (anche se meno spocchia eurocentrista sarebbe salutare per l'economia siciliana), ma di pensare come attrezzare la Sicilia (sotto il profilo dell'innovazione e della diversificazione produttiva, dell'infrastruttura delle comunicazioni e dei trasporti per favorire la velocità dei collegamenti, dell'organizzazione commerciale, ecc) per farle svolgere un ruolo attivo in senso bi-direzionale: verso l'Unione europea e verso il Mediterraneo e non per fare "il ponte" di qualcosa o di qualcuno, ma principalmente per esportare beni e servizi, cultura, informazioni, tecnologie fabbricati in Sicilia. Tutto ciò nel quadro della costruzione di un nuovo sistema di relazioni con i popoli del Mediterraneo che non può essere basato soltanto sui flussi di merci in entrata e in uscita, ma sulla cooperazione, sulla solidarietà e sulla valorizzazione delle risorse umane, poiché al centro di ogni sana politica dovrebbe restarci sempre l'uomo con i suoi bisogni e le sue speranze. Anche in questo la Sicilia, in virtù della sua vicenda storica e del suo riconosciuto spirito di tolleranza, potrebbe dare un contributo davvero originale per realizzare un clima di convivenza pacifica in un Mediterraneo multietnico e multiculturale. Questo è anche il principale banco di prova per i governi, i partiti, ma anche per il ceto imprenditoriale, delle forze sociali, del sistema bancario e di tutti i soggetti che hanno a cuore la rinascita della Sicilia, se sapranno o no delineare ed attuare un progetto capace di mettere a frutto tutte le risorse e le potenzialità esistenti nell'isola (e ve ne sono), mirato ad estirpare quel grumo infetto composto di malapolitica e criminalità, di corruzione e inefficienza amministrativa che fa della Sicilia un territorio ad alto rischio per gli investimenti. Altro paradosso: nell'Isola si registra una forte carenza d'investimenti, soprattutto privati, a cui fa da pendant una sistematica fuga di capitali (dall'isola verso i centri finanziari del nord e dell'estero) per il tramite di un sistema bancario sbarcato in forze in Sicilia non per finanziare ma per sottrarre risorse allo sviluppo locale, lasciando agli usurai un ampio spazio di supplenza. Il partenariato euro-mediterraneo è la nuova frontiera della Sicilia; a questo obiettivo bisognerà finalizzare gli sforzi e le risorse, ridisegnando le linee di uno sviluppo compatibile e riformando profondamente le strutture operative e il ceto politico che dovrebbe governare un processo così impegnativo. Speriamo che le prossime elezioni per il Presidente della Regione e per il rinnovo dell'ARS riescano a segnare una svolta in questa direzione. Agostino Spataro * Questo articolo è stato pubblicato anche sulla rivista "Segno" del mese di aprile 2001. ** "IL MEDITERRANEO" di A.Spataro e B. Khader- Edizioni Associate - Roma-1993 ( torna su ) La Sicilia sbarca a Tunisi AGOSTINO SPATARO L'altra sera
all'aeroporto di Catania, ho incontrato Vincenzo Consolo e signora. Venivano
in Sicilia per andare in Tunisia, al Salone del libro di Le Kram: un incontro
casuale che, tuttavia, mi è parso un segno del "viaggio"
che la cultura siciliana è chiamata a intraprendere per le vie
del Mediterraneo, per questo vecchio mare che potrebbe riunire i paesi
rivieraschi intorno a un comune progetto di rinascita economica e culturale.
Le Kram è un grazioso borgo sulla costa che da La Goulette si stende
fino al promontorio di Sidi Bou Said, passando per i siti archeologici
dell'antico porto di Cartagine, delle terme di Antonino e del sontuoso
palazzo della presidenza della Repubblica. Su questo
terreno, la Regione siciliana ha sciupato un'occasione foriera d'interessanti
sviluppi: un accordo per la creazione di un Circuito turistico integrato
fra Sicilia e Tunisia, sulla base di un memorandum da noi preparato e
condiviso ai massimi livelli della responsabilità politica delle
due parti, il ministro del Turismo tunisino e l'assessore regionale al
Turismo, i quali, incontratisi a Palermo nel 1993, sottoscrissero un protocollo
d'intesa, presto impugnato dal governo centrale e invalidato, con sentenza
del 1994 della Corte costituzionale, a causa del mancato preavviso che
gli uffici preposti della Regione siciliana avevano il dovere d'inoltrare
al ministero degli Esteri. Una quisquilia che ha vanificato una prospettiva
faticosamente costruita, ma che potrebbe essere ripresa dal futuro governo
regionale, speriamo meno improvvido e pasticcione dei precedenti. ( torna su ) L'Assindustria
sbarca a Tunisi Da lunedì una sede nel cuore della capitale. Mentre Confartigianato studia una zona franca GIOACCHINO AMATO
Fra le imprese siciliane è scoppiato un grande amore per la Tunisia.
Da lunedì prossimo, in una villetta nel centro di Tunisi, l'Assindustria
di Palermo, presieduta da Giuseppe Costanzo, aprirà la sede distaccata
del suo consorzio Med Europe Export. Un vero avamposto degli industriali
palermitani in Tunisia con personale multilingue. A puntare sul paese
nordafricano c'è anche la Confartigianato di Palermo che ha proposto
alle autorità locali la costruzione di un'area «offshore»
di 80 mila metri quadrati a Gafour in Siliana per insediare una trentina
di piccole e medie imprese. ( torna su ) Mediterraneo, occasione o trappola
Vogliamo
provare a spingere più sul concreto l'ipotesi di una proiezione
dell'economia siciliana nel Mediterraneo, a darle «gambe»,
come si direbbe nel comune «politichese»? ( torna su ) Bambini di Mazara a lezione di arabo La elementare Santa Caterina è la prima in Italia ad attuare l'esperimento: trenta gli iscritti PIERO DI GIORGI MAZARA DEL
VALLO - Fa un certo effetto entrare nell'aula del primo circolo della
scuola elementare Santa Caterina di Mazara del Vallo, dove si pratica
l'integrazione interculturale, e vedere le scritte alle pareti in arabo
e italiano. In questa scuola, infatti, esiste un laboratorio, forse l'unico
in Italia, in cui si realizza concretamente un processo di integrazione
interculturale tra bambini italiani e tunisini, partendo dalle loro differenze
per approdare a valori condivisi. ( torna su ) |
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