Partenariato
euro-egiziano Gli industriali egiziani sono preoccupati. L'accordo di partenariato firmato la settimana scorsa con l'Unione Europea (UE) li riguarda direttamente poiché va a realizzare una zona di libero scambio dei prodotti industriali. Il partenariato rischia così di mettere a dura prova un settore che ha generato il 19% del PIL nel 2000 (19,4% nel 1999), ossia circa 55 miliardi di Lire egiziane (LE). Dall'entrata in vigore dell'accordo, i prodotti egiziani saranno totalmente esenti dalle tasse doganali sul mercato europeo: Ma, questo è già il caso al di fuori delle quote per il tessile e l'agroalimentare, quote difficili da raggiungere. La vera novità è che gli industriali europei avranno progressivamente libero accesso al mercato egiziano, ciò significherà una pesante concorrenza con le imprese locali. Tutto dovrà avvenire nell'arco di 16 anni e in quattro fasi: nella prima, che durerà tre anni, si dovrà attuare la soppressione completa delle imposizioni doganali sui prodotti attualmente tassati sotto il 10%; la seconda, che durerà sei anni, comprenderà i prodotti attualmente tassati fra il 10 e il 30%; nella terza fase la soppressione si avrà sui prodotti le cui tasse attuali superano il 30%; infine, la quarta fase riguarderà il settore dell'automobile che sarà liberato dalle imposte soltanto alla fine dei 16 anni. "Oltre alla riduzione dei tassi d'interesse- afferma Mohammed Youssef, presidente dell'Associazione degli industriali- l'industria ha bisogno di doni e di crediti per essere rilanciata. Il programma della sua modernizzazione deve camminare più velocemente. E' indispensabile mettere in piedi un metodo di valutazione della produttività e dei mercati. Ciò è necessario per salvare centinaia di fabbriche poco preparate alla concorrenza." Bisogna anche sottolineare che il partenariato non prevede aiuti per il settore pubblico: "Esistono 150 imprese pubbliche che soffrono per la scarsità d'investimenti, poiché sono in via di privatizzazione. Bisogna dare più importanza a queste imprese essenziali per l'industria egiziana". Per il momento, tutti sono d'accordo sul fatto che il settore tessile sarà il più colpito da questi accordi. Le esportazioni egiziane in materia saranno sottomesse a regole d'origine (un minimo del 40% del prodotto deve essere confezionato localmente). Un imperativo che riduce le possibilità di profitto per la più parte delle industrie del settore che dipendono essenzialmente dalle materie prime importate. "Bisogna ammettere che il settore tessile, a seguito di questo accordo, non avrà spazio sui mercati esteri. La qualità mediocre, i prezzi troppo alti, le carenze tecnologiche e l'incapacità a fornire le materie prime necessarie rendono questa industria egiziana poco competitiva."- spiega Khaled Abdel-Azim, segretario generale dell'Unione delle industrie. Si tratta dunque di mettere in atto le riforme relative al sistema fiscale e di promuovere le tecnologie e l'infrastruttura. Al primo posto, figura il progetto di modernizzazione dell'industria che ha un costo totale di 430 milioni d' euro al quale l'UE contribuirà fino a 250 milioni di euro. ( torna su ) IL
SIGNIFICATO DELL'ACCORDO EGITTO - UE .L'accordo di partenariato con l'UE mette l'Egitto (soprattutto il governo e l'economia) di fronte a diverse sfide. Pone il governo egiziano davanti alla sua schizofrenia. Quest'ultimo ha da molto tempo privilegiato come campi principali della sua politica estera le sfere araba, africana e islamica, quando l'UE detiene più di un terzo degli scambi commerciali egiziani con il mondo. L'Egitto non ha firmato un accordo così serio con i suoi "fratelli" arabi, africani e musulmani. Bisogna ripetere con i neorealisti che la vicinanza geografica, culturale, spirituale, per quanto importante, non può servire di base per gli scambi commerciali con il mondo? L'accordo pone un'altra sfida. Ora che i mercati europei saranno quasi totalmente aperti alle esportazioni egiziane, avremo qualcosa da esportare? Il prodotto più abbondante in Egitto e la manodopera. Purtroppo l'accordo non include la manodopera nelle regole di liberalizzazione degli scambi. Tutto ciò è comprensibile, poiché gli europei non accetteranno mai che un flusso d'immigrati poveri, alla ricerca di un buon livello di vita, oltrepassi le frontiere dei loro paradisi. Bisogna, perciò, trovare qualche altra cosa da esportare. Cosa molto difficile, considerata la debole capacità concorrenziale delle esportazioni egiziane. L'UE è impegnata ad aiutare l'industria egiziana a modernizzarsi. Resta da vedere se questo aiuto sarà efficace. Ma una cosa è sicura: Mohammed Alì, il khedivè Ismail e tutti coloro che sognarono un Egitto appartenente allo spazio europeo saranno felici per questo accordo. Infatti, gli effetti di questo accordo non si limiteranno all'economia. Con gli investimenti e le merci europee che varcheranno i confini egiziani, arriveranno anche moderni modi pensare e di gestione. Diciamolo francamente: l'Europa non ci ha inviato soltanto le crociate, i colonizzatori e le mercanzie. Essa ci ha anche trasferito la modernità. E se i vantaggi di quest'ultimo accordo con l'Europa si limitano a ciò, già questo non è male. ( torna su ) BUSH-SHARON,
UN PARALLELISMO PREOCCUPANTE Gli Stati Uniti sono inquieti. Le loro forze armate, marittime aeree e terrestri, particolarmente nel Golfo persico, sono state messe in stato di massima allerta. Le loro navi in questa regione hanno ricevuto l'ordine di allontanarsi dai porti e dalle coste. I cittadini americani sono stati avvisati di evitare i trasferimenti se non in caso di necessità urgenti. Non è questa la prima volta che la psicosi del terrorismo s'impadronisce del governo di Washington. La sua politica in questa regione è impopolare. Essa alimenta l'ostilità di tutti quelli che fondano la loro speranza sulla sua promessa di giustizia e che essa ha deluso. Ben Laden è sempre in libertà. Lo si accusa di avere ampliato l'area d' azione della sua organizzazione e di proferire minacce. La prima potenza del mondo, che non deve più lottare "il comunismo internazionale", ha oggi due soggetti di preoccupazione: questo miliardario bandito dal suo paese d'origine e che se la rida dal suo rifugio in Afganistan e quelli che chiamano "stati arroganti" che si sono dotati di missili intercontinentali e contro i quali l'America di G.W.Bush ha immaginato un sistema di scudo interstellare. La paura sarà divenuta la sola molla della volontà di potenza degli Stati Uniti ? Si è, in tutti i casi, ben lontani dell'ideale di un mondo pacificato sotto l'egida delle Nazioni Unite, guardiani della giustizia e della pace mondiali. Quanto alla promessa più recente di un "nuovo ordine internazionale" che George Bush, padre, ha lanciato nel 1990, alfine di rendere possibile una vasta coalizione arabo-occidentale contro l'Iraq di Saddam Hussein, nessuno si sognerebbe ora a rievocarla. Con Gorge W. Bush, figlio, solo la nozione di sicurezza attraverso l'uso della forza ha la priorità. Il parallelo con la situazione in Palestina s'impone. Infatti, la tragedia che si sviluppa in questo paese, (invece del famoso "processo di pace" che era pensato per mettere in moto "il nuovo ordine mondiale" annunciato da Bush padre) riassume da sola tutti gli errori del modello di potenza su cui è costruita, ormai, la politica americana nel mondo. Le violenze popolari, di cui le conferenze internazionali sono l'occasione dopo Seattle e ultimamente a Goteburg in Svezia, non devono nulla a un Ben Laden! Esse hanno dato la misura di questa assenza di pensiero politico. Qual' è la causa delle violenze attuali in Palestina? Imitando l'America, Israele rinuncia alla pace attraverso il negoziato per privilegiare la ricerca della sicurezza attraverso mezzi militari e mediante l'accaparramento delle risorse naturali (le acque e la terra) a discapito delle popolazioni arabe sfruttate e rovinate. Dopo la scomparsa dell'Unione Sovietica, l'America non deve più fronteggiare una potenza della sua taglia. Essa s'inventa nuovi pericoli a causa della sua incapacità di promuovere delle soluzioni politiche. Dopo che gli Stati arabi hanno adottato la pace come "opzione strategica", nessuna potenza militare minaccia più Israele. Allora il partito di Ariel Sharon manda all'aria il processo di pace e s'inventa nuovi pericoli: il "terrorismo palestinese". L'Onu è ricusata. Ogni riferimento alla legge internazionale, ai diritti dell'uomo, è spazzato via. Il solo argomento ancora invocato, il solo movente ancora ammesso per un'azione internazionale, è la sicurezza del popolo israeliano. Questo popolo, il cui esercito occupa i territori arabi, ne decima la popolazione, demolisce le sue case, devasta le sue culture, la riduce alla disoccupazione e alla fame, questo popolo si dichiara minacciato e mobilita il mondo per la sua protezione. Come non vedere il parallelismo fra questa psicosi della paura presso gli israeliani e la psicosi della paura che governa oggi la politica americana nel mondo ? Nè l'uno nè l'altro paese è seriamente minacciato, ma entrambi privilegiano le soluzioni militari invece che le soluzioni politiche. Nulla di dire se un governo si dota di una politica di difesa, di forze armate, di una dottrina militare per prevenire l'azione di un eventuale nemico. Ma non è questo il problema. Il problema è questa tendenza a mettersi i paraocchi per non ammettere le cause dell'ostilità di cui si è oggetto e per rinunciare a prevenire le conseguenze mediante soluzioni politiche. Questa è una vera dimissione dell'intelligenza, se ciò non è più semplicemente cinismo o cattiva fede. ( torna su ) ALGERIA:
IN PERICOLO LA LIBERTA' D' ESPRESSIONE Le autorità sono andate fino al fondo della loro logica: il Codice penale repressivo, denunciato dalla stampa e dalla classe politica, è entrato in vigore alla fine del mese di giugno. Il testo è stato pubblicato sul Giornale Ufficiale. Tutto ciò che è stato detto circa l'eventualità di un ritiro di questo testo si è rivelato falso. Il Presidente Bouteflika non ha fatto ricorso al meccanismo costituzionale che potevano bloccare, a un certo livello, il Codice penale "emendato". Pubblicato sul Journal Officiel, il testo è immediatamente applicabile. Per come vanno le cose, ci si deve aspettare che le disposizioni repressive in materia di diffamazione, di offesa, d'oltraggio e d'ingiuria vanno ad essere messe in atto nelle prossime settimane. Le autorità, per non dire la giustizia, saranno tentati di volere "fare degli esempi" fra i giornalisti e gli attori della vita politica, sociale e religiosa. L'incapacità oggi manifesta di gestire la crisi in Kabilia, d'instaurare il dialogo e di guadagnarsi la fiducia della popolazione può dar luogo a degli atti di diversione. E non è da scartare l'idea che la stampa sia presa a bersaglio. Soprattutto perché i giornalisti sono accusati di "gettare olio sul fuoco" a causa della copertura degli avvenimenti in Kabilia. La minaccia si estende agli uomini politici, agli imams, ai sindacalisti, agli eletti, agli animatori del movimento associativo. Resta inteso che il Codice penale emendato è rivolto a tutte le categorie quale che sia il rango o la qualità. Le pene vanno dai tre anni di prigione ad ammende di 500.000 DA. Queste pene possono essere raddoppiate in caso di recidiva. Ormai il pubblico ministero può servire in ogni momento. Il testo emendato gli conferisce un potere ampio e incontrollabile per perseguire ogni persona che avrà "offeso" il capo dello Stato o ingiuriato i "corpi costituiti" o i funzionari dello Stato. Il legislatore non si è preoccupato di definire o di ridefinire la diffamazione, l'offesa o l'ingiuria. Il procuratore della Repubblica giudicherà come diffamatoria un atto scritto, parlato, filmato o portato su un supporto elettronico (Internet). Questo rafforzamento del potere del potere del procuratore è in controsenso rispetto all'evoluzione del diritto penale internazionale. Esso assoggetta la libertà d'espressione e d'opinione del cittadino, giacchè il Codice penale è destinato a tutti, direttamente alla "buona volontà" del procuratore. Si tratta di una deriva. E non è per caso che le autorità, mediante un nuovo progetto di legge di modifica della legge 91/04 dell'8 gennaio 1991, mirano attualmente a "condizionare" il lavoro degli avvocati. D'altra parte, le toghe nere hanno subito reagito denunciando i pericoli che gravano sul diritto alla difesa. In virtù di questo nuovo testo, il procuratore generale ha tutta la facoltà di tradurre ogni avvocato davanti il consiglio di disciplina. Con il divieto delle manifestazioni pubbliche ad Algeri, la proclamazione senza fondamento legislativo dello stato d'urgenza, è chiaro che la tendenza alla chiusura si rafforza al livello della sfera decisionale. E non esiste, almeno a questo livello, alcuna volontà di accompagnare le rivendicazioni democratiche e pacifiche della popolazione. Questa strategia della terra bruciata non è in contornabile? O serve altri interessi invece che quelli della nazione? Tutto il problema è là. ( torna su ) |
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