( EDITORIALE )


IL G8 E IL MEDITERRANEO
di Agostino Spataro

A Genova gli 8 "grandi" hanno deluso quanti attendevano chissà quali annunci e soprattutto rimedi portentosi per curare i mali del mondo, in gran parte provocati dal distorto modello di sviluppo e dall'iniquo meccanismo di distribuzione della ricchezza imposti proprio dalle grandi, e sovente anonime, concentrazioni economiche e finanziarie dei paesi del G8 che guidano il processo di mondializzazione dell'economia.

Sulla globalizzazione le opinioni sono contrastanti, tuttavia il processo in se stesso non va demonizzato, ma prima di tutto capito e- se del caso- contestato nei suoi indirizzi ed aspetti più iniqui, magari proponendo un'alternativa solida e credibile.

Il problema sta nel segno politico della globalizzazione in atto (neoliberista e non liberale) che per affermarsi postula una destrutturazione del sistema di garanzia dei diritti sociali conquistati, una deregolamentazione dei mercati, un dinamismo selvaggio del capitale finanziario e un enorme sfruttamento delle risorse umane e materiali del terzo e quarto mondo e in genere del Pianeta: tutti elementi tipici di una cultura politica di destra e antisociale.

Questa "globalizzazione" non genera vero sviluppo, ma solo crescita della produzione, con gravissime ripercussioni sull'ambiente (ogni punto d'incremento della produzione industriale provoca enormi scompensi all'ecosistema) e degli scambi e mira unicamente alla maggiore resa del capitale, in gran parte speculativo, senza curarsi delle conseguenze sociali provocate che sono scaricate sui bilanci degli Stati che- per altro- si vorrebbero ridimensionare o addirittura abolire.

Sotto un altro segno politico, la globalizzazione potrebbe rappresentare un processo generatore di effettivo sviluppo, inteso come progresso generale di tutta l'umanità, come fattore di riequilibrio fra le classi e le nazioni, per il superamento degli odiosi divari, primo fra tutti quello fra nord e sud.

Il vertice: un problema di ordine pubblico

Problemi forse troppo grandi che riguardano direttamente l'avvenire dell'umanità e- come vedremo- per la prospettiva dell'area mediterranea, di cui a Genova si è discusso poco e deciso pochissimo, poiché il tanto strombazzato vertice, più che un evento politico, è divenuto un problema di ordine pubblico internazionale: un affaire malamente gestito dalle polizie e dai servizi di controspionaggio di mezzo mondo con esiti davvero disastrosi. Addirittura, intorno all'aeroporto di Genova sono state dispiegate batterie di missili terra aria del tipo Scud. Vertice della paura e - come si è visto- del disordine pubblico, con un giovane rimasto ucciso negli scontri e tanta, tanta gratuita violenza ai danni di una nobile ed ospitale città.

Genova, come le città consorelle sedi di questi summit, sono state ridotte a fortini mediatici dentro i quali si rinchiudono, sempre più impauriti, i cosiddetti "potenti della terra" per sfuggire all'assedio e alla contestazione d'alcune migliaia di persone che ricorrono ad una violenza programmata per scatenare un'altrettanto programmata e inquietante repressione poliziesca, non contro i veri fautori della violenza, ma contro la gran massa di pacifici manifestanti.

Molto clamore.per nulla, e così il gioco è fatto, con la soddisfazione di entrambi i protagonisti: i "potenti" che continueranno a discutere illegittimamente, al di fuori dell'ONU, e gli ambigui eroi della "rivoluzione antiglobale" che avranno frantumato qualche vetrina o la testa di qualche malcapitato. Insomma, un bell'esempio di "turismo rivoluzionario", ricco d'emozioni forti di cui parlare. sotto l'ombrellone. 

In realtà, non potrebbe essere diversamente e per più ragioni:
1) il G8, anche allargato ad alcuni Paesi poveri sorteggiati, non ha alcuna legittimità morale e giuridica per pretendere di decidere le sorti del mondo; se questo si vuol fare bisogna trasferirsi nell'unica sede, universalmente e istituzionalmente, riconosciuta a svolgere tale ruolo: l'Organizzazione della Nazioni Unite;
2) ad ogni vertice si conferma, allargandosi, lo scompenso esistente fra la complessità delle questioni in agenda e la vacuità del ruolo dei protagonisti che, al di là delle singole personalità, sanno perfettamente di non poter decidere un bel nulla, poiché per loro hanno già deciso le grandi consorterie della finanza internazionale che ormai dominano sulla politica e su gli stessi governi dei paesi del G8.

E qui mi fermo.poiché vorrei tentare di evidenziare il legame fra la realtà del G.8 e le problematiche specifiche dell'area mediterranea il cui avvenire sarà sempre più condizionato dall'evoluzione politica ed economica della cosiddetta "globalizzazione".

Appare sempre più chiaro il disegno dell'Unione Europea che, con gli accordi di Barcellona (del 1995) per il partenariato euro- mediterraneo, intende promuovere un nuovo, enorme spazio economico-commerciale da lei influenzato e orientato che si dovrebbe materializzare, nel 2010, con la creazione della zona di libero-scambio euro-mediterranea, ovvero un nuovo mercato di 600- 700 milioni di consumatori che fungerà da testa di ponte verso l'Africa, oggi in gravissima crisi, e verso il vicino e il medio Oriente e l'Asia.

G.8 e resto del mondo: un enorme divario

Per prima cosa, è doveroso spiegare al lettore qual'è il peso dei paesi del G.8 nell'economia mondializzata, poiché da questo nasce la loro pretesa di "ordinare" il mondo.

Come si evince dalla seguente tabella n.1, nel 1998, gli 8 Paesi (USA, Canada, Giappone, Germania, Francia, Italia, Gran Bretagna e Russia), col 13,8% della popolazione mondiale, disponevano del 48% della ricchezza (PIL) prodotta nel mondo, detenevano oltre il 60% del commercio internazionale e così dicasi per i consumi d'energia (e, di converso, per le emissioni inquinanti), per la qualità dei servizi, per le speranze di vita, ecc. ecc.

Forti di questi numeri, i paesi del G.8 invece di coinvolgere, in sede ONU, gli altri 201 Stati assai penalizzati dalla globalizzazione, si arrogano il diritto di decidere, da soli, anche le sorti degli altri popoli, piegando alle loro ragioni il ruolo d'istituzioni fondamentali quali il FMI, la Banca Mondiale, il WTO, ecc. Tutto ciò non è democratico né politicamente corretto.

Tabella n. 1

PRINCIPALI INDICATORI DEI PAESI DEL G.8 (1998) 

Paese Abitanti PIL (ppa)  % su totale Import Export
(mln) (mld $) mondo (mln $) (mln $)
USA 278,4 8.002 21,23 1.059.130 695.214
CANADA 31,1 714 1,90 220.183 238.446
GIAPPONE 126,7 2.964 7,80 363.450 346.450
GERMANIA 82,3 1.881 4,83 587.350 623.410
FRANCIA 59,1 1.288 3,31 342.250 387.120
G.BRETAGNA 58,8 1.277 3,19 386.500 372.502
ITALIA 57,3 1.237 3,14 270.320 310.120
RUSSIA 146,9 947 2,51 74.010 87.260
Totale G.8 840,6 18.290 47,91 3.303.193 3.150.522
MONDO 6.055,0 38.104 100 5.410.000 5.225.000

Fonte: nostra elaborazione su dati "L'etat du monde- 2001-" Editions La Decouverte- Paris, 2001

Il resto del mondo, ovvero 201 Paesi con una popolazione complessiva di 5 miliardi e 215 milioni d'abitanti, deve accontentarsi, senza protestare, delle rimanenze: ossia del 52% del PIL e il 40% circa del commercio internazionale. Ma c'è uno squilibrio nello squilibrio ancor più grave da segnalare: se estrapoliamo da queste cifre i dati relativi agli altri paesi sviluppati dell'OCDE e non facenti parte del G.8, si riduce drasticamente la quota spettante ai paesi in via di sviluppo (PVS) e ad altri ancora più poveri, sui quali grava un debito estero divenuto insopportabile per quelle economie che, nel 1999, ammontava a 2.554 miliardi di dollari. Si tratta di paesi poverissimi, dove il PIL procapite è inferiore a 1 dollaro al giorno, afflitti da malattie endemiche e devastanti, siccità, malnutrizione, in gran parte governati da generali ingordi, messi lì a garantire il pagamento d'esosi interessi e l'acquisto di costosissimi sistemi d'arma. Non a caso, nel corso degli ultimi 30 anni, il debito di questi paesi è cresciuto a velocità strabiliante, moltiplicandosi per 42: dai 61 mld di $ del 1970 ai 2554 del 1999. (vedi l'allegata tabella n. 2 )

L'area mediterranea ai margini della globalizzazione

L'area mediterranea (i 21 Paesi rivieraschi, esclusi quelli del Mar Nero), pur svolgendo un ruolo importante nell'economia internazionale, è rimasta ai margini della globalizzazione. Ovviamente, da questa valutazione bisogna sottrarre Francia e Italia (membri del G8) e, per molti versi, la Spagna che insieme totalizzano circa l'85% del PIL prodotto nell'area.                                 

Per altro, quest'area costituisce un insieme eterogeneo, caratterizzato da forti divari economici e di reddito che possiamo cogliere suddividendo questi paesi in quattro fasce secondo il PIL pro-capite annuo (considerato a ppa= parità di potere d'acquisto) che resta uno dei principali elementi indicativi di una determinata condizione sociale ed economica: 

  1. dai 15.000 ai 22.000 dollari pro-capite è composta: da due paesi facenti parte del G.8, Italia (20.300) e Francia (22.000), da Israele (18.150) e Spagna 15.930);
  2. dai 10.000 ai 15.000 dollari: Cipro (14.675), Malta (13.180), Grecia (12.540), Libia (11.832), Slovenia (11.800);
  3. dai 5.000 ai 10.000 dollari: Turchia (6.350), Libano (5.940) e Tunisia ( 5.300);
  4. al disotto dei 5000 dollari: Croazia (4.780), Algeria (4.460), Giordania (3.450), Marocco (3.310), Siria (3.250), Egitto (3.050), Serbia/Montenegro (2.280), Albania (2.120), Territori Palestinesi (1.465). (nello specifico, vedi l'allegata tabella n. 3)

Rispetto al mondo, l'insieme dei paesi rivieraschi del Mediterraneo, con il 7% della popolazione, rappresentano l'8,2% del PIL e il 17% dell'interscambio commerciale. Naturalmente, all'interno di questo aggregato il peso di Francia e Italia è davvero sproporzionato e segnala un divario fortemente sperequativo con il resto dei paesi, soprattutto quelli delle rive sud ed est del Mediterraneo. Infatti, se togliamo dal PIL globale mediterraneo (8,20% del Pil-mondo) quello relativo a Francia e Italia ( insieme 6,45%), gli altri 19 paesi (Spagna e Grecia compresi) si dovranno spartire un ben gramo 1,75% del PIL mondiale. Così dicasi per il commercio, il turismo, i consumi, le infrastrutture, ecc.ecc.

La vera importanza strategica del Mediterraneo consiste nell'essere una via di transito di un grandioso flusso di rifornimenti energetici dal Golfo, e fra non molto, anche dal Caspio e dall'Asia centrale, verso l'Europa e il Nord-America.

Più che con l'economia mondializzata, i Paesi mediterranei delle rive sud ed est hanno un rapporto di duplice dipendenza con l'Unione Europea loro primo fornitore e primo cliente.

L'interesse iniziale (anni '80) degli investimenti europei verso i paesi mediterranei si è spostato verso i Paesi dell'Europa Centro-Orientale, mentre quelli giapponesi e nordamericani si sono orientati verso le regioni del sud-est asiatico e l'America centro-meridionale.

Per concludere, una domanda: la zona di libero scambio euro-mediterranea potrà rappresentare la soluzione per questi come per tanti altri problemi dell'area?

Qualche dubbio comincia ad emergere un po' dovunque nei 12 Paesi terzi mediterranei (PTM), soprattutto quando - con l'entrata in vigore degli accordi di associazione, basati sulla demolizione del sistema dei dazi doganali- si comincia verificare una riduzione dell'entrate statali e la caduta di ogni difesa delle deboli produzioni locali che non potranno reggere all'urto del libero ingresso delle merci europee.

ALLEGATI:

Tab. n. 2

IL DEBITO ESTERO DEI PAESI POVERI (1999)
(mld $)

AFRICA 231,1
ASIA E PACIFICO  830,1
EUROPA EST ed ex URSS 485,9
AMERICA LATINA 792,7
M.O. e AFRICA NORD 214,2
TOTALE 2.554,0

Fonte: nostra elaborazione su dati "L'etat du monde-2001"- Ed. La Decouverte- Paris, 2001-07-11

Tab. n. 3

PRINCIPALI INDICATORI SOCIO-ECONOMICI DEI PAESI MEDITERRANEI (1998)

Paese Abitanti PIL PIL/capita Import Export Saldo
(mln) (mln $) ( $ ) (mln. $)  (mln $) (mln $)
TURCHIA 64,4 404.498 6.350 45.369 25.938 -19.431
SIRIA 15,3 48.392 3.250 3.900 2.892 -1.080
LIBANO 3,1 24.609 5.940 7.060 716 -6.344
ISRAELE 5,9 105.912 18.150 29.342 23.286 -6.056
Terr. Palestinesi 2,5 3.800 1.465 2.600 520 -2.100
GIORDANIA 6,3 15.305 3.450 3.910 1.750 -2.160
EGITTO 65,9 184.009 3.050 13.600 3.908 -9.692
LIBIA 5,3 63.172 11.832 5.100 7.100 +2.000
TUNISIA 9,3 48.857 5.300 8.333 5.750 -2.583
ALGERIA 30,0 130.735 4.460 9.080 9.380 +300
MAROCCO 27,3 90.313 3.310 10.262 7.219 -3.043
CIPRO 0,771 11.314 14.675 3.685 1.061 -2.624
MALTA 0,384 4.942 13.180 2.686 1.820 -866
ALBANIA 3,1 7.046 2.120 780 190 -590
Serbia/Mont.gro 10,6 24.300 2.280 4.848 2.858 -1.990
CROAZIA 4,4 22.797 4.780 8.384 4.546 -3.838
SLOVENIA 1,9 23.444 11.800 10.098 9.048 -1.050
GRECIA 10,6 131.946 12.540 23.470 9.709 -13.761
SPAGNA 39,6 626.000 15.930 133.149 109.228 -23.921
FRANCIA 59,1 1.268.000 22.030 342.250 387.120 +44.870
ITALIA 57,3 1.237.000 20.290 270.320 310.120 +39.800
Totali
Mediterraneo
423,0 3.131.000 938.390 924.155 -14.235

Fonte: nostra elaborazione su dati "L'etat du Monde- 2001"- op. cit.


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Numero 13
luglio 2001










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