“SICILIA, CRONACHE DEL DECLINO” DOVE VA LA SICILIA? Da lungo tempo, la Sicilia appare segnata da una tendenza al declino, generale e diffuso, che negli ultimi anni si è pericolosamente accelerata. I principali responsabili politici e di governo, invece che preoccuparsene, la negano e addirittura si spingono a dipingere la situazione siciliana come la migliore possibile. Ma la realtà è sotto gli occhi di tutti; per scoprirla basta guardarsi intorno e leggere i giornali. Certo, la Sicilia è cambiata, ma non in misura tale da recuperare i divari di reddito e di qualità della vita conseguiti da altre regioni europee e italiane, anche del Mezzogiorno. Esistono realtà pregevoli, anche d’eccellenza, che però stentano ad affermarsi e rischiano d’infrangersi contro una sorta di “circuito dell’illegalità”, eretto intorno all’Isola, che provoca nuova emarginazione e inibisce e/o condiziona gli sforzi per innovare e sviluppare la produzione e una moderna organizzazione del lavoro e delle professioni. In questo opaco quinquennio della vita della Regione si sono consumati passaggi decisivi, soprattutto nella sfera pubblica. In primo luogo, sembra essersi realizzato il temuto capovolgimento di ruolo tra politica e “poteri forti”, a favore di questi ultimi. Nonostante le apparenze, la politica, complessivamente considerata, non detiene più il suo legittimo primato. Altre entità sono entrate sul ponte di comando ... In Sicilia i titolari del nuovo potere non sono le grandi corporazioni economiche e finanziarie multinazionali, ma oscure consorterie saldamente insediate nel territorio che, certo, non saranno spazzate via con la cattura del boss Bernardo Provenzano, avvenuta dopo 43 anni d’inspiegabile latitanza, nel giorno della sconfitta del governo di centro-destra. Pura coincidenza, naturalmente. Anche se sopra questa stupefacente casualità sembra aleggiare l’odore beffardo dell’inattesa disdetta di una sorta di “vincolo contrattuale”. Una nuova egemonia affaristico-patrimoniale Fu quella una svolta ciclica, in sintonia col quadro politico nazionale, che ha ridisegnato gli assetti del potere nell’Isola e prodotto una nuova egemonia di tipo affaristico e patrimoniale ... Una Sicilia bloccata nel suo sviluppo naturale, segnata dalla disoccupazione, dal lavoro nero e dal precariato, sfregiata dall’abusivismo edilizio e d’altra natura, con una sanità pubblica disastrata ... Si è venuta a creare una condizione per molti versi invivibile con la quale si devono fare i conti, quotidianamente. Soprattutto i giovani. Chi vi s’adatta resta, chi non vi s’adatta fugge. Una terza via non risulta praticabile. È in corso una nuova emorragia d'energie vitali che sta assestando all’Isola un colpo durissimo: almeno 150 mila giovani sono emigrati nel quinquennio. Di conseguenza si è venuta a creare una condizione politica inedita, anomala, segnata da una confusa trasversalità che ci ha fatto scrivere di una “Sicilia, senza governo e senza opposizione”. Per altro, tutto ciò è accaduto in una fase molto delicata nella quale è messo in gioco il futuro dell’Isola, alla vigilia dell’entrata in vigore della zona di libero scambio euro-mediterranea che, con i suoi 700 milioni di abitanti/consumatori, sarà il più grande mercato del pianeta. Linea di emersione In questo clima di suprema incertezza, molti si chiedono dove stia andando la Sicilia. La risposta non è facile, tuttavia bisognerebbe cominciare a riflettere seriamente su tale interrogativo. Tutti e di più. Anche coloro che portano il male oscuro che la sta distruggendo. A questa gente chiediamo di provare a riflettere sugli errori e sugli orrori commessi, ponendosi dal punto di vista di chi li ha subiti, per capire il dolore degli altri ... Una riflessione - si badi bene - che non riguarda solo i boss, ma tutti coloro che hanno abusato del potere conferito loro dalla legge e dal voto del popolo siciliano ... Poiché, nonostante tutto, qualcosa è possibile fare, almeno per invertire la tendenza. Sotto la superficie di questo mare cupo si agitano insofferenze e fermenti di cambiamento che premono per emergere, in attesa di un segnale autentico di liberazione. Come l’iniziativa intrapresa dai giovani dell’associazione “Addio pizzo” di Palermo. Una novità davvero rivoluzionaria, per la Sicilia e non solo. S’intravede come una linea di emersione attorno a cui si possono aggregare e mobilitare forze e risorse per spezzare il circuito dell’illegalità e avviare una rivoluzione democratica e autonomista. Ovviamente, tenendo presente che la legalità senza un progetto alternativo credibile, politico e di governo, può rivelarsi una mera petizione di principio. Ma in Sicilia è desiderabile un vero cambiamento? Talvolta parrebbe proprio di no. Anche i più recenti esiti elettorali sembrano non reclamarlo, mentre la gran parte del ceto dirigente complessivo non lo desidera. Eppure, la stragrande maggioranza dei siciliani vivono questa crisi con apprensione, come una specie d'antivigilia del crollo ... Nel passato, gli unici tentativi di cambiamento degni di considerazione, purtroppo entrambi troncati agli esordi, sono stati: quello, un po’ confuso ma autenticamente autonomista, del milazzismo sul finire degli anni ’50 e quello della “solidarietà autonomista” intrapreso, 20 anni dopo, da Piersanti Mattarella e Pancrazio De Pasquale. A parte queste due esperienze, tutto il resto è poltiglia che ha imbrattato di bianco le acque paludose della politica siciliana. Ed oggi, sono maturi i tempi per un “terzo tentativo”? La risposta potrà venire da un’analisi attenta e senza veli sulla realtà attuale dell’Isola e sui mutamenti intervenuti negli ultimi decenni. In questo senso, si colgono, qua e là, segnali interessanti che bisognerebbe incoraggiare e coordinare nel quadro di un nuovo progetto di governo che punti ad una Sicilia libera, democratica e progredita, cuore pulsante di pace e di solidarietà di questo mare benigno e generoso del quale l’Isola è storico crocevia e luogo baricentrico. “Cronache”, dunque, ragionate e sofferte di un quinquennio vissuto, fra grandi passioni e fiere sconfitte. Anni difficili durante i quali sono state bruciate grandi potenzialità ed enormi risorse finanziarie e perdute tante occasioni di reale crescita economica e civile che desideriamo ricordare, non tanto per spirito di polemica, quanto per offrire qualche spunto alla riflessione e al dibattito sulle prospettive della Regione. DALL’INTRODUZIONE DEL NUOVO LIBRO DI AGOSTINO SPATARO (
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