ORIENTE E OCCIDENTE:
LA GRANDE INCOMPRENSIONE
di
Agostino SPATARO *
Finché
c’è tempo, bisogna prendere coscienza del pericolo, sempre
più incombente, che due agguerrite minoranze (razzista e sanfedista
in Occidente, fanatica e integralista nell’Oriente islamico)
riescano ad imporre a due sterminate maggioranze il loro catastrofico
punto di vista, ovvero l’ineluttabilità dello scontro
di civiltà.
E di tempo ne resta
sempre meno, poiché sembra che gli uomini e gli eventi congiurino
per dimostrare l’inutilità del dialogo e la necessità
della guerra, anche preventiva, per regolare i conti tra potentati
e regimi e, in generale, i rapporti fra le nazioni.
Le nuove, inammissibili minacce dell’amministrazione Usa contro
la Siria suonano come un inquietante segnale d’allarme per la
pace mondiale e per la sovranità dei singoli Stati nazionali.
Dopo queste minacce, nessuno si sente tranquillo in casa propria.
Sempre più sbigottita, la gente si chiede: dove si vuole arrivare
? Chi sono veramente i nuovi inquilini della Casa Bianca: angeli vendicatori
o un clan bramoso di potere e petrodollari? In nome di quali valori,
per conto di quali interessi agiscono?
Domande legittime alle quali, fino ad oggi, non sono state date risposte
chiare e rassicuranti.
Ma, i fatti sono eloquenti e disegnano scenari da incubo che si sperava
seppelliti per sempre, sotto le ceneri di Hiroshima e Nagasaki. Catastrofismo?
E' innegabile che, da quando c’è il giovane Bush al comando,
stiamo assistendo ad una successione di eventi davvero inquietanti,
oscuri, a quanto pare, pianificati con calcolato cinismo prima dell’11
settembre, che non lasciano presagire nulla di buono.
La lista dei cosiddetti “stati canaglia” (con quale autorità
morale si rilasciano tali spregevoli attestati!), la confisca della
procedura delle Nazioni Unite e la conseguente paralisi del loro ruolo
politico e istituzionale, le pesanti interferenze nelle situazioni
interne di numerosi Paesi del pianeta, (compresi quelli dell’Unione
Europea) e ora le minacce alla Siria sono indizi evidenti di una strategia
a dir poco delirante che potrebbe trascinare l’umanità
nella rovina.
UN
NUOVO PATTO DI BAGDAD PER IL DOMINIO SUL M.O.
La guerra all’Iraq rientra perfettamente in questa logica: oltre
che mettere le mani sulle sue immense risorse petrolifere, è
stata scatenata per il controllo della sua posizione geo–strategica,
per un giungere ad un nuovo Patto di Bagdad col quale assicurarsi
un lungo dominio sul M.O.
Si potrebbe osservare che per la riedizione del famigerato Patto manca
l’Iran. E’ solo una questione di tempo, giacché
il paese degli ayatollah è nelle lista Usa degli “Stati
canaglia”.
Per queste ed altre ragioni, il dopo-Saddam resta la più grave
incognita per il futuro dell’Iraq e dell’intera regione
e – in generale - per il sistema di relazioni fra M. O. e Occidente
europeo e nordamericano.
E’ probabile, infatti, che la situazione irachena non evolva
nella direzione desiderata dagli Usa, ma si disarticoli in forme anomale
di conflittualità interna (politica, etnica e religiosa), talmente
ingovernabile da sconfinare dalla dimensione nazionale e confluire
nel grande alveo della contestazione islamista che, con o senza Bin
Laden, continua ad alimentare (in Afghanistan ed altrove) lo scontro
militare e ideologico contro gli eserciti dell’Occidente materialista
tornati ad invadere la “Dar al-Islam”, ovvero la terra
dell’Islam.
IL RISCHIO DI UNA RIPRESA DELL’INTEGRALISMO DI MASSA
Invece di attivare un processo “virtuoso”, questa singolare
forma di esportazione della democrazia (con i carri armati e con le
bombe a grappolo) potrebbe contribuire a rinfocolare, in tutta la
regione mediorientale e altrove, l’iniziativa dei gruppi fondamentalisti
islamici i quali si sono astenuti dal partecipare alla guerra, giacché
anche loro desiderano la liquidazione del “laico” Saddam,
considerato un traditore dell’Islam autentico e “Satana
in persona”.
Che bizzarria! Il truce dittatore iracheno si ritrova ad essere, nello
stesso tempo, nemico di Bin Laden e della coppia Bush e Blair che
lo vogliono eliminare per contrapposti motivi.
Fra loro, gli accusatori, dovrebbero mettersi d’accordo. O,
forse, in questo caso vale la massima “il nemico del mio nemico
è mio amico”?
Del resto, questa imbarazzante amicizia è già stata
sperimentata, prima dell’11 settembre, sul campo della “guerra
santa” in Afghanistan contro i sovietici invasori, quando Bin
Laden era più che un amico, per la Cia e per il Pentagono.
L’OCCIDENTE
VISTO DALL’ORIENTE
A parte le vicende specifiche, sullo sfondo si agitano problemi e
propositi davvero divaricanti che ripropongono, in termini fortemente
conflittuali, il rapporto fra Occidente e Oriente, specie oggi che
è percepito attraverso le lenti deformanti dell’intolleranza,
del fanatismo e del razzismo.
Tale rapporto è centrale nel confronto interno al mondo arabo
impegnato nella ricerca di una identità smarrita o fortemente
indebolita e soprattutto nella rivendicazione di una effettiva indipendenza
economica e culturale che lo Stato-nazione post-coloniale non è
riuscito a realizzare.
Per recuperare questa identità, la ricetta della corrente islamista
radicale è quella di liberare l’Oriente musulmano dalla
deleteria influenza dell’Occidente materialista.
Nella visione islamista, l’Occidente - assicura Fatima Mernissi
- viene percepito “come una potenza che schiaccia ed assedia
i nostri mercati e controlla le nostre risorse…” (1)
La sciagurata politica Usa non fa che alimentare, con fatti compiuti,
tale tendenza che rischia di diventare un’ossessione antioccidentale
di massa.
Il punto critico si potrà toccare se e quando si dovesse verificare
una saldatura politica sul terreno del panarabismo fra gruppi integralisti
islamici, forze nazionalistiche e movimenti politici e culturali di
tendenza democratica i quali, fino ad oggi, non si sono voluti confondere
con l’iniziativa del fanatismo religioso.
L’ORIENTE
VISTO DALL’OCCIDENTE
Per tutta risposta, le classi dominanti dell’Occidente continuano
a percepire l’Oriente musulmano come un immenso giacimento di
petrolio, mentre per le elites intellettuali è un’entità
indistinta, caratterizzata soltanto dal fattore religioso.
Per l’Europa, l’Oriente è un corpo estraneo, una
realtà lontana dominata dal dispotismo politico e dal fanatismo
religioso. Il Mediterraneo, invece che come elemento di unione, è
visto come un fossato che separa le due civiltà, poiché
segna il confine fra la barbarie e la modernità, fra il progresso
e l’oscurantismo. Molti vedono l’Oriente musulmano come
una barriera tenebrosa che s’interpone fra l’Europa e
l’estremo Oriente.
Un approccio molto approssimativo che ha ingenerato confusioni e sentimenti
di reciproca ostilità e alimentato la storica incomprensione
fra le due civiltà.
Un’analisi puntuale ed obiettiva del mondo arabo impone che
“si ristabilisca innanzitutto l’esistenza dei popoli situati
nella geografia e nella storia: bisogna finirla con l’astrazione
islamica per comprendere questi popoli nella loro specificità
umana multidimensionale. (2)
Così dall’altra parte - aggiungo io - si dovrà
smettere di demonizzare l’Europa e di giudicare gli europei,
in base a immagini false e calunniose che li dipingono come gente
senza valori e ideali, eternamente occupati a coltivare le loro mire
imperialistiche verso il mondo arabo, come il regno di Satana da cui
si originano tutti i mali che affliggono le società arabo-islamiche.
IL
DIALOGO PER ROMPERE IL GIOCO DELLE IMMAGINI DEFORMANTI
Siamo, dunque, in presenza di due visioni minoritarie e antagoniste,
viziate da un comune, distorto senso della realtà, animate
dal medesimo spirito aggressivo che postula l’ineluttabilità
dello scontro.
Visioni deformate, poiché la stragrande maggioranza degli arabi
non condividono l’ossessione antieuropea degli islamisti radicali,
così come la stragrande maggioranza degli europei non condividono
le teorie e le pratiche razziste della destra e l’egemonismo
economico e culturale di taluni gruppi di potere verso il mondo arabo.
Se si vuole evitare la trappola apparecchiata sulla base di queste
rappresentazioni ingannevoli, bisognerà rompere il gioco delle
immagini deformanti e fare emergere la vera realtà di questi
due mondi, diversi per storia e cultura, ma legati da antiche e nuove
interdipendenze.
16/aprile/2003
Note:
(1) F. Mernissi « La peur-modernité » Paris, Albin
Michel, 1992 ;
(2 ) G. Corm « L’Europe et l’Orient » Edition
Bouchene, Algeri, 1990 ;
*Agostino SPATARO
cestumed@tin.it , direttore di www.infomedi.it , è autore di
:
“IL FONDAMENTALISMO ISLAMICO - Dalle origini a Bin Laden”,
presentazione di Yasser Arafat. Editori Riuniti, Roma, 2001.
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