FRA TERRORISMO E RESISTENZA*
di Mohamed Al Sayed Said

La cattura e l'assassinio di ostaggi in Ossezia del Nord hanno risvegliato la coscienza del mondo intero e quella del mondo arabo. Tutti hanno la loro parte di responsabilità, nella misura in cui hanno preparato il terreno a questo genere di crimini atroci.

Questo avvenimento ci ha scosso. Non è facile concepire che si possa attaccare una scuola, uccidere e prendere in ostaggio dei bambini. Ciò svela una tendenza crescente a violare i valori umani comunemente condivisi. Una tendenza nata da un'immaginazione malata, peggiore della politica dell'Amministrazione americana tendente ad aggirare il diritto internazionale, ad umiliare le Nazioni Unite e ad imporre la sua egemonia sul mondo.

Noi abbiamo fatto all'incirca la stessa cosa quando abbiamo ampliato il diritto di usare la violenza come mezzo di resistenza legittima. La nostra responsabilità sta nel fatto che abbiamo utilizzato a torto la parola resistenza per giustificare la violenza quale che siano la sua forma e le sue ragioni, anche se praticata da gruppi criminali.

La resistenza, in effetti, è un fenomeno progressista e prima di tutto un fenomeno umano. Il diritto all'autodeterminazione è il più nobile diritto dell'uomo. Ma questa resistenza legittima secondo il diritto internazionale è molto differente dal terrorismo, dalla violenza cieca, dalle stragi, dalla follia dalla vendetta, dai genocidi e dai crimini contro l'umanità. Esiste una differenza essenziale fra resistenza e terrorismo.

La resistenza legittimata dal diritto internazionale non deve trasgredire il diritto internazionale umanitario. La resistenza alla colonizzazione acquista il suo carattere legale e giuridico giacché la colonizzazione stessa è una violazione del diritto internazionale. In assenza di un meccanismo operativo capace di liquidare la colonizzazione, è lo stesso popolo colonizzato che deve assolvere questo compito. Ma se il popolo stesso viola questo diritto, la resistenza perderà il suo carattere di legalità e la sua legittimità.

In questo caso, la resistenza si trasformerà in un fenomeno barbaro, ossia in atti di violenza simili a quelli compiuti dai colonizzatori. Non si possono, di conseguenza, giustificare atti criminali come la cattura d'ostaggi o l'attacco contro i bambini col diritto legittimo alla resistenza.

Il diritto internazionale esige il non ricorso alla violenza fin tanto che si potrà accedere al diritto all'autodeterminazione per la via pacifica. La violenza legale e legittima è quella che comincia dopo avere sperimentato, inutilmente, tutti i mezzi pacifici. Non dimentichiamo che la violenza legittima è un mezzo per applicare la legge in assenza di un'autorità capace di farla applicare.

Perciò, la resistenza legittima deve essere innanzi tutto pacifica ed evolvere verso forme di resistenza armata quando si accerterà che la lotta pacifica non ha dato frutti.

Un'altra differenza fra resistenza e terrorismo discende, questa volta, non dal diritto internazionale, ma dal carattere umano della resistenza. E' in questo contesto che gli attacchi contro i civili divengono un atto di violenza cieca. La violenza non è in se stessa un obiettivo quando è perpetrata da un gruppo di criminali o di psicopatici che esprimono attraverso la violenza il loro desiderio sadico di distruggere l'altro.

La resistenza legittima mira a far riacquistare al popolo colonizzato la pace e a liberarlo del suo sentimento d'inferiorità. Ed è attraverso questo tipo di resistenza che il resistente acquista il suo carattere umano denunciando le atrocità del colonizzatore e non confermando gli atti di violenza cieca praticati dal colonizzatore.

Spesso, non è facile che i resistenti possano contenere i loro desideri di vendetta allorché il colonizzatore commette atti criminali contro i civili disarmati e i bambini. In questo caso, gli atti vendicativi possono sembrare politicamente inevitabili, poiché un popolo che soffre a causa della barbarie del colonizzatore può punire il suo dirigente che non vendica queste sofferenze.

D'altra parte, le operazioni terroriste possono essere necessarie per attirare l'attenzione dell'opinione pubblica del paese colonizzatore sulle atrocità del suo esercito e dei crimini contro il popolo colonizzato. Pertanto, la resistenza deve ricorrere solo eccezionalmente a questo genere di azioni.

Un'altra differenza fra resistenza e terrorismo è che la resistenza agisce a partire dalla convinzione che esistono valori umani mondiali applicabili a tutti i popoli, le razze e le culture. Mentre il terrorismo esprime un odio che mira a sterminare delle razze intere, delle culture, delle religioni e dei gruppi umani. Il resistente prova disgusto di fronte a relazioni fondate sull'ineguaglianza e le combatte anche attraverso delle azioni militari. Tuttavia, nello stesso tempo, è capace di rivolgersi a chiunque anche a quelli che combatte. Quanto al terrorista, è un essere che detesta l'altro ed è pronto a commettere un genocidio sulla base dell'odio contro un popolo, una cultura, una religione o un'etnia.

Mohamed Al-Sayed Said

Pubblicato nel settimanale egiziano di tendenza moderata "Al- Ahram Hebdo" del 21/9/2004


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