Rania di Giordania é solo un bell'esempio.
Le donne arabe devono ribellarsi sul serio
Per gentile concessione de "Il Venerdì" di "Repubblica", pubblichiamo il testo dell'interessante intervista di Francesca Caferri alla scrittrice egiziana Nawal El Sadawi

 
Il suo nome in Europa può non suonare familiare come quello di tante donne che, oggi, si battono per i diritti nel mondo arabo. Eppure, se personaggi come Rania di Giordania, Susanne Mubarak, la sceicca Moza del Qatar o la principessa marocchina Lalla Salma possono parlare, è anche grazie alle battaglie che Nawal El Saadawi conduce da cinquant'anni.
Egiziana, 77 anni, medico quando poche donne nel suo Paese riuscivano ad accedere a questa professione, attivista dei diritti umani, dissidente, professoressa negli Stati Uniti, autrice di decine di libri tradotti in tutto il mondo, questa piccola signora dai capelli bianchi ha presentato in Italia il suo ultimo libro "Dissidenza e scrittura. Conversazione sul mio itinerario intellettuale" (Spirali, pp. 141, euro 20).

Signora El Saadawi, lei ha parlato di mutilazioni genitali femminili, violenza sulle donne e matrimoni forzati quando erano un tabù. Perciò è stata incarcerata, condannata con una fatwa e costretta a lasciare il suo Paese. Ora tante donne hanno sposato le sue battaglie...
"Qualcosa é cambiato, ma non molto. Le donne in Egitto continuano a non avere diritti al di fuori del matrimonio. Molte cose sono immutate e difficili da cambiare: ma io ho fiducia. Uomini e donne nel Medio Oriente stanno resistendo a regimi violenti e corrotti. E la loro resistenza é la mia speranza".

Il fatto che donne famose si battano su temi dei quali lei ha parlato, solitaria, per anni, la fa sperare?
"No, questo no. Quella a cui fa riferimento lei é una deformazione occidentale. Voi pensate che Susanne Mubarak, Moza del Qatar, Rania di Giordania e altre donne come loro siano agenti del cambiamento. Da egiziana che conosce il proprio Paese, posso assicurare che non lo sono. Sono agenti dei mariti, figure cosmetiche messe lì per accontentare l'Occidente. E continuare a parlare di loro, e con loro, non vi aiuterà a capire il mondo arabo.
E' ai dissidenti veri che dovreste parlare per capire cosa vuole la gente, quali sono i problemi reali: a chi viene imprigionato o esiliato dai mariti di queste signore per aver osato criticarli".

Parla per esperienza personale...
"Certo. Sono stata in carcere, mio marito anche. Sono andata in America, ho scritto decine di libri su mondo arabo e temi scottanti. Eppure, soprattutto per i media americani, resto un personaggio scomodo: perché non appoggio quelli che chiamano alleati. O democrazie. Questo libro ha un messaggio: cercate chi davvero vuole cambiare. Altrimenti non riuscirete a capire il mondo arabo. E a costruire con esso un rapporto che vada al di là delle facciate".

Francesca Caferri
(in "Il Venerdì" del 14 nov.2008)


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