IRAQ e AFGHANISTAN: di Gianfranco Brusasco* Entro un mese i due Paesi oggetto della “democratizzazione esportata” di George W. Bush, e delle relative guerre “preventive” contro il terrorismo, saranno entrambi chiamati a nuove consultazioni elettorali. In Iraq, si tratta della consultazione referendaria che dovrebbe sancire la nuova Costituzione, sulla base della quale, poco dopo, si dovrà tenere la consultazione per l’elezione del nuovo Parlamento. Questa tornata di voto è fissata per il 15 ottobre, anche se la bozza, che l’Assemblea incaricata non ha votato, per l’opposizione sunnita, ma solo siglato, non viene considerata definitiva. Consultazioni affannose sono ancora in corso, tanto è vero che gli uffici ONU incaricati di stampare e distribuire 5 milioni di esemplari sono stati paralizzati, in attesa di avere un testo”definitivo”, fino ad un mese dalla consultazione. Non sarà, comunque, facile, che in extremis si raggiunga un accordo valido, in quanto le questioni, dopo mesi di discussioni, sono sempre le stesse dell’inizio: federalismo, laicità della Repubblica o stato islamico, ripartizione delle risorse petrolifere, concentrate nelle aree curde del nord e sciite del sud. Ricordiamo che la Costituzione provvisoria in vigore, prevede che se almeno tre delle province (e l’opposizione sunnita ne controlla almeno quattro) votassero contro, la nuova legge fondamentale non entrerebbe in vigore. Ed a questo punto, qualsiasi prospettiva, anche la più buia, diventerebbe possibile. Ma si vedrà tra un mese. Ciò, detto a prescindere dalla nuova virulenza dell’attacco terroristico scatenato in questi giorni da al Zarqawi. In Afghanistan, viceversa, si vota domenica 18 settembre per eleggere la Camera bassa del Parlamento ed i Consigli di tutte le 34 province. Non saranno le prime elezioni, in quanto, circa un anno fa, si tennero quelle che portarono all’elezione, per cinque anni, del Presidente in carica Hamid Karzai. In realtà, queste erano state previste prima per maggio, poi per giugno, ma sono state rinviate per “ragioni tecniche”, che vedremo più avanti, dopo una visita a Kabul, salutata da varie bombe, di Condoleezza Rice, il Segretario di Stato americano. Il sistema prevede che il potenziale elettore debba iscriversi volontariamente nelle liste elettorali. In pratica, questa volta, ciò é già stato fatto da circa 12 milioni, circa un milione e mezzo in più che per le Presidenziali. L’aumento maggiore è stato tra le donne, che sono, ora, il 44%. Gli elettori effettivi potrebbero arrivare a 9 milioni. Gli abitanti in tutto sono stimati essere 25/28 milioni. Degli oltre due milioni di profughi in Pakistan, solo i circa 400.000 rientrati hanno potuto iscriversi. I candidati sono moltissimi, oltre 5.800, di cui 680, circa il 12%, donne, essendoci in palio 294 seggi della Wolesi Jirga, Camera del Popolo, e 34 Consigli provinciali. Circa 2800 sono i candidati deputati, circa 3000 per i Consiglieri provinciali Il primo arrivato in ogni costituency, anche con ristretta maggioranza relativa, occupa il seggio. Gli elettori ricevono due schede, una per la Camera ed una per la Provincia. Dato l’alto numero d’analfabeti, i candidati sono identificati sulle schede con nome, foto, un simbolo da lui prescelto ed un numero. L’alto numero di candidati e i grandi spazi necessari a stampare tutto ciò, fanno preveder uno scrutinio molto lento. Si stima, infatti, che i risultati provvisori saranno disponibili attorno al 10 ottobre e quelli definitivi verso il 22. I Consigli provinciali eleggeranno 34 membri della Camera degli Anziani (Meshrano Jirga), di 102 membri. Gli altri due terzi saranno metà nominati dal Presidente (metà donne, in questo caso) e l’altra metà eletti dai Consigli di distretto, ma questi resteranno per ora vacanti, essendo stata la loro elezione rinviata. Oltre alla complessità del meccanismo elettorale, altre cause dei tempi lunghi dello scrutinio, ma in generale, di tutto il processo elettorale e a giustificazione del suo rinvio, sono le distanze, le carenti infrastrutture e le minacce alla sicurezza. Inoltre, l’insufficienza dei fondi disponibili. La superficie dell’Afghanistan è oltre 650.000 mq, più del doppio dell’Italia. Le infrastrutture, specie le strade, erano, in generale, già molto arretrate, ma a ciò si devono aggiungere le distruzioni causate da anni di guerra e guerriglia e, recentemente, da straripamenti di molti torrenti, che, in certe zone, hanno distrutto fino al 75% dei ponti. Circa un 30% degli elettori potenziali non ha, al momento, strade agibili per recarsi ai seggi. Molte radio e TV locali sono debolissime, raggiungono pochi chilometri, ed allora, c’è chi fa campagna anche a dorso di mulo ! Sia il Presidente Karzai, sia il Capo degli osservatori ONU, l’Italiana Emma Bonino, all’inizio d’agosto hanno lanciato un grido d’allarme: se non si voleva rischiare il rinvio delle votazioni, occorrevano urgentemente fondi supplementari, pari ad una ventina dei milioni di dollari od euro, oltre ai 30 già ricevuti. I primi Paesi impegnatisi alla nuova contribuzione sono stati gli Usa, con 9 milioni, Nuova Zelanda, Danimarca e Norvegia, con 4 ciascuno. Come si vede, ne mancavano ancora una decina, ma altri Paesi, compresa l’Italia hanno dato una disponibilità da precisare, che dovrebbe aver fatto superare l’empasse, o, almeno, non se ne è più parlato. Austria e Gran Bretagna, dal canto loro, si sono accollate la stampa dei 40 milioni di schede che, per le caratteristiche dette, assumono dimensioni eccezionali, tanto che sono arrivate con 14 giganteschi trasporti Antonov, assieme a 135.000 urne e 140.000 bottiglie d’inchiostro indelebile (per impedire di votare due volte) mentre le cabine sono di costruzione pakistana. Ed anche per il trasporto di schede ed attrezzature, non è raro il ricorso ad animali da soma. Quanto alla sicurezza, la stessa Commissione elettorale parla d’intimidazioni e minacce rivolte ad alcuni candidati. La stessa Commissione ha sentito il dovere di ribadire i principi di un’elezione democratica: massima libertà per tutti i candidati di spostamento e di parola, diritto all’utilizzo delle strutture dello stato; dovere assoluto dei funzionari pubblici dall’astenersi da ogni interferenza, ecc. In sostanza, intere regioni non sono raggiungibili, i giornali riportano voci impossibili da controllare, come quella dell’esistenza di un deposito di due mila missili in mano ai guerriglieri. Vero è, viceversa, il sequestro di 850 kg. di esplosivo diretto a Kabul, pochi giorni fa. Ben poco, al proposito, possono fare anche gli osservatori internazionali, da luglio 60, di 18 Paesi dell’UE, poi raddoppiati nelle ultime settimane; sono stati dislocati in 30 province. All’ultimo, si uniranno altri 50 inviati dell’OSCE, ed anche un numero imprecisato di volontari di ONG, ma saranno sempre pochi. Nella cosiddetta “offensiva di primavera” dei Talebani, del resto, sono stati uccisi, in tre mesi, circa 450 civili e 30 soldati stranieri, specialmente americani. Al funerale di un capo religioso contrario ai terroristi, una bomba ha ucciso 20 persone all’uscita della Moschea, all’inizio di questo mese. Per contribuire a mantenere l’ordine, oltre alle forze afgane, ci sono i 10.000 uomini del contingente internazionale, International Security Assistance Force, ISAF, di cui l’Italia ha da poco assunto il Comando pro tempore. Queste forze hanno compiti immensi, forse improbi: devono garantire la sicurezza in generale, quella delle elezioni in particolare, lottare contro i residui di talebani e di al Qaeda, contro le infiltrazioni di guerriglieri dal Pakistan e, infine, bloccare produzione e traffico di droga, tornati ad aumentare, proprio anche come fonte di finanziamento dei terroristi. Pochi giorni dopo il passaggio delle consegne agli Italiani, ad Herat si è verificato il primo attentato suicida mai avvenuto nel Paese. Pochi giorni dopo, un covo sarebbe stato distrutto con l’uccisione di una cinquantina di ribelli. L’intelligence USA parla di ultimi 2000 irriducibili, in via di sconfitta definitiva. Chi è abbastanza anziano, ricorderà le canzoni e le barzellette che proliferavano, al riguardo, durante la guerra nel Vietnam ! In questo quadro, la Bonino stessa esprime il dubbio che si sia creata, per queste elezioni, “un’aspettativa troppo grande, … ma il desiderio di rinnovamento può essere l’arma decisiva per battere gli estremisti, purché si tenga conto che si tratta solo di un primo passo, a cui altri dovranno seguire”.
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